Popolare, sfornatore di best sellers, approda ora al cinema con un adattamento rischioso, quello della sua prima opera La profezia dell'armadillo fatta di un racconto ma anche di stralci di vita quotidiana di un trentenne in crisi lavorativa e affettiva che cerca di cavarsela.
Siamo a Rebibbia, ad osservare la vita di Zero, che come tutti i quasi trentenni tentenna fra lavori precari, solitudine volontaria, paturnie varie declamate dal suo fido armadillo, amico immaginario, rappresentazione della sua coscienza. In mezzo però c'è lei, Camille, amica di gioventù partita dall'Italia, amica che non c'è più. A comunicarlo, una semplice mail.
Parte una ricerca verso l'altra amica di gioventù ormai uscita dal giro, partono tentivi di convivere con la morte, con una mancanza e un amore mai dichiarato.
E finisce che l'adattamento, per quanto rischioso, riesce a ritrasmettere tutte le emozioni che aveva dato il fumetto: le risate per smorzare la tensione, il dramma, le gag, le follie, di due amici come Zero e Secco, splendidamente interpretati da Simone Liberati e Valerio Aprea. Va un po' meno bene invece per quanto riguarda le loro versioni giovanili, meno naturali, molto più ingessati nella recitazione e che sono l'unico neo di un film che sa far vibrare anche con la variegata e originale colonna sonora.
Aggiungono un tocco di colore le comparsate di Kasia Smutinak, Claudia Pandolfi e di Adriano Panatta, che declama una bellissima poesia sulla vita di oggi.
Il risultato non cambia, quindi, si rimane fedeli, si aggiunge, si interseca, ma se avete amato il fumetto, se amate le commedie che però sono qualcosa di più -ovvero hanno un cuore-, amerete anche questa versione -sincera e artigianale- dell'armadillo.