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MAKING MOVIESAL CINEMA
La dea fortuna
Ferzan Özpetek
2019  (Warner Bros. Entertainment Italia)
COMMEDIA
all MAKING MOVIES
11/02/2020
Ferzan Özpetek
La dea fortuna
Si va avanti con lentezza, si sa già dove si andrà a parare, cosa succederà... Che peccato.

- Un tradimento di coppia
- Una tavolata imbandita con cibi perfetti
- Un'amica speciale, da aiutare
- Una famiglia ingombrante con cui fare i conti
- Case da sogno, arredate con gusto da invidia
- Una colonna sonora retrò
- La presenza di Serra Y?lmaz
Sì, c'è tutto.
Lo si può dire senza ombra di dubbio: La Dea Fortuna è un film di Ferzan Özpetek.
Che questa volta si interroga sull'amore a lunga durata, quell'amore che finisce per spegnersi sotto le abitudini, i non-detti, i rimorsi e che viene messo alla prova dall'improvvisata.
Che questa volta ha i panni di una madre malata, che se ne deve stare all'ospedale a tempo indeterminato lasciando così i suoi due figli ad Alessandro e Arturo.

Alessandro e Arturo che sono l'intellettuale e il fisico, il precisino e l'istintivo, che si amano e si compensano da tanto, forse da troppo.
E che vedono in questa nuova paternità un modo per studiarsi meglio e infine per capirsi davvero.
Per sputarsi addosso tutto quello che è rimasto sopito in anni di feste bellissime, di vicini sempre presenti, di sospetti mai dichiarati.
L'universo che Ozpetek crea è una Roma in cui tutto è bello, perfino una malattia come la dimenticanza. Perfino l'immigrazione che cerca la regolarità.
E allora ci si muove bene, con bambini decisamente maturi, con un Edoardo Leo sempre così naturale e uno Stefano Accorsi sempre così affascinante.
E ti sa sorprendere pure, Özpetek, con un colpo di scena che non ti aspetti e che mette tutto in discussione.

Tutto cambia però quando si esce da Roma.
Quando si prende una nave e si sbarca in una Sicilia d'altri tempi.
Quando la bravissima Jasmine Trinca esce di scena lasciando il posto a una madre despota.
Qui si esagera, ci si perde, non ci si capisce più.
I tempi per quanto costruiti, perdono di naturalezza, quel palazzo sembra uscito dai sogni di Özpetek l'esteta più che di Özpetek il narratore.
Allora si va avanti con lentezza, si sa già dove si andrà a parare, cosa succederà.
E quasi non basta la bellezza di Diodato e della sua vita meravigliosa a far tornare alla bellezza che c'era prima, in cui si era disposti a perdonare pure certa recitazione poco naturale.
Quella bellezza in cui Mina aveva saputo mettere i brividi, quella in cui l'amore veniva scandagliato e ci si trovava a farsi domande, al di là dei generi, degli anni.
Che peccato.


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