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SPEAKER'S CORNERA RUOTA LIBERA
28/08/2024
Frequenze Esistenziali
La Crus – Come ogni volta
“Frequenze esistenziali: questo è l’unico modo che concepisca per descrivere la musica che ti colpisce, ti avvolge ed infine si posiziona in quel posticino dentro ognuno di noi esattamente tra la testa e il cuore". Questi sono i La Crus per il nostro Simone, che in occasione del live al Castello Sforzesco del 3 settembre ne scrive una rievocazione intima e appassionata. I La Crus rimangono tutti da ascoltare, ma questa rimane tutta da leggere.
di Simone Nicastro

Un’immagine. Anzi in realtà una copertina: numero 37, febbraio 1995, rivista Rumore. Due band italiane fotografate dentro una stanza, i Massimo Volume e i La Crus. Non ricordo se Rumore prima di allora avesse mai dedicato una copertina a band italiane contemporanee dell’epoca, ma sarei pronto a giurare di no. Nell’articolo si celebravano il secondo album dei Massimo Volume, un certo Lungo i bordi che mi auguro faccia venire ancora qualche brivido lungo la schiena ad un po' di voi e l’esordio di questa band milanese dal nome decisamente evocativo come La Crus.

All’epoca avevo già presente Mauro Ermanno Giovanardi, il cantante del trio, perché era la voce degli ottimi Carnival of Fools; di Cesare Malfatti possedevo qualche vaga sensazione di affinità agli Afterhours, mentre di Alessandro Cremonesi non avevo alcun riferimento.

Inutile dire che incuriosito acquistai l’album omonimo: “frequenze esistenziali”, questo è l’unico modo che concepisca per descrivere la musica che ti colpisce, ti avvolge ed infine si posiziona in quel posticino dentro ognuno di noi esattamente tra la testa e il cuore. La prima opera dei La Crus è ancora oggi qualcosa di misteriosamente inafferrabile, un gioco di equilibri e specchi tra un certo passato e la contemporaneità, tra la lunga tradizione poetica cantautorale italiana e il sound elettronico immersivo degli anni Novanta, tra un umanesimo malinconico intimista e l’orizzonte (in)visibile da comprendere/esistere.

 

Niente però mi avrebbe potuto preparare a come i La Crus avrebbero cambiato per sempre non solo la vita, ma il modo stesso di viverla, ontologicamente, quotidianamente, dal 1997 fino ad oggi: Dentro Me, secondo lavoro dopo un EP di remix del primo album, è ancora oggi per il sottoscritto un punto di eterno ritorno quando devo confrontarmi con il tempo, con il guardare il mondo interiore ed esteriore, con quel sentimento che mi pervade in ogni attimo della mia vita che è l’amore, l’amore desiderato e a volte vissuto che desidera un inizio senza fine. Chi mi conosce sa che non sono usuale ad usare questa parola, ma a distanza di così tanti anni la parola capolavoro è il minimo che io possa utilizzare.

Devo ammetterlo: fu un periodo straordinario, probabilmente come per tutti in quell’età di passaggio tra l’essere ragazzi e diventare uomini, ma la musica che pervadeva la penisola italica riecheggiava di novità, di trasversalità, di rottura senza tradire però la propria storia, anzi: CSI, Casino Royale, Almamegretta, Marlene, i già citati Massimo Volume e Afterhours , i miei eterni compagni di strada Ritmo Tribale e tanti altri che meriterebbero una citazione (vi consiglio il libro Uomini di Elisa Russo).

 

Gli anni passano ma i La Crus sono una certezza nel mio cammino: il new-pop sentimentale di Dietro la curva del cuore, quel compendio stellare di cover personalizzate che è Crocevia, la maturità concettuale-stilistica di Ogni cosa che vedo e infine l’album che anticipava nel suo scorrere sulla pelle il finale della storia del trio, ovvero Infinite Possibilità.

I saluti si sarebbero concretizzati in quell’ultimo live al Teatro Arcimboldi pieno di amici sul palco e sotto (davanti e in alto) al palco. 4 dicembre 2008.

 

Le storie d’amore non finiscono mai”, cantava Luca Carboni all’inizio di quegli anni Novanta che stiamo ricordando tra queste righe: i La Crus tornano insieme pur affermando da subito che non era una vera reunion (infatti non lo sarà) una prima volta per partecipare a Sanremo 2011, dopodiché ci saranno percorsi personali per ognuno dei tre, ricchi di registrazioni, live, incursioni nell’arte, collaborazioni, tante attività, ma nel 2019 improvvisamente i La Crus annunciano un nuovo tour, tour che li vedrà confrontarsi con i tempi moderni, con gli anni trascorsi, chissà se per immaginare anche un futuro.

E così infatti è accaduto: quest’anno i la Crus sono tornati con un ottimo album, figlio del presente senza negare nulla della propria storia, irrequieto e concreto, complesso, come ha scritto il mio amico Luca Franceschini in sede di recensione, “al tempo stesso sia scuro e pessimista sia luminoso e contemplativo, che ha ritrovato quell’anima sperimentale che dominava gli esordi”.

 

Tra qualche ora al Castello Sforzesco di Milano riabbraccerò una parte importante e vitale cella colonna sonora della mia vita e neanche a dirlo sarò circondato ancora una volta da tanti amici sotto il palco e sopra il palco (ad oggi annunciati Edda, Rachele, Giovanni Ferrario e Paolo Milanesi, ma son sicuro non finirà qui). Del resto “come ogni volta” si tratta solamente di far passare la “via dentro me” e vedere/abbracciare cosa succederà poi.