A tutto il 1982 John Carpenter aveva diretto già cinque film almeno quattro dei quali con il tempo si ritaglieranno un piccolo posto nell'empireo dei cult movies; di Distretto 13 - Le brigate della morte e di Halloween abbiamo parlato da non molto, a questi si aggiungono anche Fog e il mitico 1997: Fuga da New York, film che insieme ad altri titoli, I guerrieri della notte di Walter Hill per esempio, ha segnato una generazione dando vita anche al memorabile personaggio di Jena Plissken, da qui il sodalizio tra il regista e l'allora giovane ma già carismatico Kurt Russell che proprio con La cosa torna a essere il protagonista principale della nuova fatica di Carpenter. Sono diversi i film del regista a essersi ritagliati uno zoccolo duro di appassionati solo nel corso degli anni dopo aver ricevuto critiche poco lusinghiere al momento dell'uscita in sala, poi il lavoro di passaparola e l'ampio utilizzo dell'home video che proprio negli anni '80 prendeva piede hanno fatto il resto incoronando diversi film col titolo appunto di cult movie, La cosa rientra a pieno titolo in questa categoria essendo stato in principio sia un flop commerciale che film poco apprezzato dalla critica. Nonostante l'aura di culto che La cosa si è creato nel corso degli anni il film rimane meno interessante di molti dei suoi predecessori, di base è un buon thriller poggiato sui generi della fantascienza ma soprattutto dell'horror, riguadagna interesse proprio negli ultimi anni per il discorso sociale, sviluppato nei rapporti tra personaggi, ben adattabile alla situazione in cui versa l'umanità da qualche anno a questa parte, magari non bello come altri esiti di Carpenter ma capace di tornare attuale, e questo qualcosa vorrà pur dire.
Base antartica U.S. Outpost 31. Mentre il personale della spedizione statunitense si rilassa all'interno della struttura un elicottero inizia a sorvolare la stazione scientifica; il veicolo è di proprietà dell'equipe norvegese di stanza a qualche chilometro dagli americani, i due uomini a bordo inseguono per le lande ghiacciate un esemplare di husky tentando di abbatterlo a fucilate. Nell'inseguire il cane, una volta a terra, uno dei due norvegesi distrugge per errore l'elicottero uccidendo il suo compagno, nel tentativo forsennato e ripetuto di terminare il cane ferisce inoltre uno degli americani usciti dalla stazione per vedere cosa stesse accadendo. All'apparenza impazzito, il norvegese viene abbattuto dal comandante Garry (Donald Moffat). Per capire qualcosa della strana faccenda il pilota MacReady (Kurt Russell) e il dottor Copper (Richard Dysart) si recano all'accampamento norvegese trovandolo completamente bruciato, tra i resti del sito trovano un corpo deforme carbonizzato. Tornati alla base il dottor Blair (Wilford Brimley) esegue un'autopsia sul corpo trovandoci all'interno organi perfettamente normali. Poco dopo l'husky, per sicurezza rinchiuso insieme agli altri cani della spedizione scientifica, si rivela essere posseduto da un'entità capace di mutare la fisionomia dei corpi e di saltare da un ospite all'altro rendendo impossibile, o molto difficile, la sua identificazione da parte dei membri della base. Per i membri della spedizione americana si aprirà una corsa contro il tempo per individuare l'essere alieno mentre il clima di sospetto e diffidenza per l'altro cresce sempre di più.
Sono due gli elementi che rendono un film come La cosa interessante ancora oggi: il primo è l'uso di effetti speciali che nonostante gli anni sul groppone si fanno ben apprezzare a dispetto del passare del tempo; i corpi che si piegano e si deformano oltre le possibilità del naturale fanno ancora il loro sporco lavoro, all'epoca queste soluzioni visive erano senza dubbio eccezionali, furono un po' eclissate dall'uscita di E.T. - L'extraterrestre di Spielberg che, visto il successo del film, monopolizzò l'attenzione anche sul versante effetti speciali (oscar a Rambaldi); il secondo è la riflessione sociale, l'elemento esterno che porta scompiglio e fa nascere all'interno di una comunità la diffidenza per l'altro, quello che fino a poco prima era visto come un amico ora è un pericolo, potenziale portatore di malattia e morte. Una dinamica che torna in auge come metafora del Covid, abbiamo sotto gli occhi una società prontissima a gridare all'untore in maniera indegna, esseri umani pronti a spararsi addosso uno con l'altro, come accade nel film di Carpenter, nei comportamenti estremi della finzione possiamo leggere le nostre peggiori tendenze: il sospetto, l'accusa, l'emarginazione del nostro prossimo, senza volerlo il film di Carpenter ci parla del nostro oggi. Buona la regia che si gioca su queste fascinose lande innevate e all'interno della claustrofobica stazione scientifica, la struttura e la sceneggiatura del racconto sono molto classiche, non sempre entusiasmanti e, nonostante le successive rivalutazioni del film, chi scrive continua a pensare che comunque Carpenter abbia fatto di meglio. Da recuperare ma senza approcciarsi all'opera con aspettative troppo elevate.