Più o meno tutti sappiamo di cosa si tratta a grandi linee: un giovane scapestrato, rampollo di una nobile famiglia, pieno di debiti fino al collo, decide di prendere il potere ordendo un colpo di stato che però viene scoperto per cui è costretto a fuggire da Roma, arma un esercito e combatte valorosamente fino a trovare la morte. Le fonti ci tramandano la figura di un anti-eroe con un suo fascino, una dimensione quasi mitizzata, tanto che ci viene spontaneo tifare per il cattivo, simpatizzare per Catilina, tanto più in quanto il suo avversario principale è nientemeno che Cicerone, l’antipatico perfettino sotuttoio, opportunista politico Cicerone!
Così ci immaginiamo un Catilina bello e dannato vs un Cicerone noioso e pingue e quasi quasi ci dispiace che la congiura sia stata scoperta e il senato si sia salvato.
In pratica, la verità storica cede il passo al sentimento e a una serie di luoghi comuni che si stratificano inevitabilmente nel nostro immaginario.
Ecco allora perché vale la pena leggere La congiura di Catilina di Bocchiola e Sartori. Innanzitutto per ricordarci come andarono veramente le cose. Si tratta, infatti, di un libro piacevolissimo, scritto senza indulgere a nozionismi eruditi, scorrevolissimo e supportato da fonti storiografiche, epigrafiche e archeologiche che, cosa assai rara, non appesantiscono i fatti ma, al contrario, li rendono ancora più interessanti e stimolanti.
Uno dei pregi del libro è il tentativo – riuscito – di rendere l’atmosfera dell’epoca e il modus sentiendi del politico romano, per esempio evidenziando la scissione, per noi inconcepibile, fra realismo politico e vita sociale che porta Catilina a rivendicare le sue ragioni in una lettera al vecchio amico Lutazio Catulo che, dopo la scoperta della congiura, è ormai un nemico politico e tuttavia può e deve credere alle parole del congiurato che, tra l’altro, gli raccomanda di prendersi cura della moglie e della figlia.
Il punto di partenza è il contesto: gli autori sottolineano l’importanza di una vicenda che rappresenta l’esito di una crisi politica perdurante da almeno un decennio e di una crisi sociale che avrebbe determinato gli eventi dei decenni futuri. Una crisi anche culturale, per certi versi molto simile al momento storico attuale. In questa situazione difficile, Catilina si fa portavoce di un desiderio di cambiamento, di sovvertimento dello status quo, e non lo fa solo perché è pieno di debiti: lo fa in nome della dignitas, un concetto che non è solo morale nella Roma del I secolo, ma ha una forte connotazione sociopolitica in quanto fa riferimento al prestigio e all’influenza che un cittadino raggiunge nel corso della propria carriera come funzionario della repubblica.
Gli autori ripercorrono la storia della vicenda in un crescendo che, nonostante le digressioni, tutte utilissime e particolarmente interessanti, crea un effetto di attesa, di suspense.
Bocchiola e Sartori, però, fanno anche di più: ci portano nella lotta politica della Roma del I secolo e ci fanno partecipare dal vivo ai comizi, alle sedute del senato, alle tornate elettorali! E scopriamo una volta di più quanto dovesse essere efficiente l’apparato politico e burocratico romano se pensiamo che i romani votavano almeno 15 volte all’anno senza lo spreco di risorse e il caos che viene a crearsi ai giorni nostri, e i cittadini erano chiamati ad esprimersi su materie legislative, giuridiche, elettorali, per cui avevano competenze ben superiori alle nostre e partecipavano, loro sì, in maniera attiva – benché, ovviamente, non potessero votare tutti. I maneggi della campagna elettorale erano invece identici a quelli odierni: elaborate strategie di propaganda, tentativi di colpire l’elettorato “alla pancia” sventolando spauracchi di guerre civili o nuove tasse da pagare, corruzione, demonizzazione dell’avversario...
E ancora: interessantissimo il passaggio sulle transazioni finanziarie internazionali in cui Roma già la faceva da padrona imponendo la sua moneta ovunque e pagando, come contropartita, il prezzo di una crisi di liquidità che si rifletteva, appunto, nella annosa questione dei debiti, questione in cui erano coinvolti anche altri nobili oltre a Catilina. Basti pensare che il senato si trovò a dover impedire una fuga di capitali costante che rischiava di impoverire la repubblica.
Catilina non agisce molto diversamente dai politici di oggi: per portare avanti il proprio progetto, per prima cosa tenta di seguire le vie legali, e si candida alle elezioni. Più di una volta per la verità, e sempre senza successo, per cui parallelamente alla via legale crea un movimento – non certo nel senso moderno del termine – con tanto di apparato militare e paramilitare, pronto ad intervenire con la forza se le cose si mettessero male. La congiura di Catilina ci racconta tutta la fase preparatoria, ci parla del doppio binario della congiura – a Roma e in Italia -, dei partecipanti, delle falle nell’apparato segreto dei congiurati, del coinvolgimento delle matronae, addirittura di aneddoti piccanti e poco noti, il tutto trattato in maniera accurata ma mai noiosa, e soprattutto attualizzato in modo da sottolineare differenze e analogie con il nostro presente.
Si arriva allo scontro fra i due nemici storici, Catilina e Cicerone, e gli autori non mancano di riportarci alla realtà storica ricordandoci che non abbiamo di fronte un giovane impulsivo e una vecchia volpe della politica ma due coetanei quasi – addirittura Cicerone era due anni più giovane di Catilina! – che si scontrano in senato in un serrato confronto dialettico senza esclusione di colpi, in cui, se è vero che l’oratore dipinge Catilina come il male assoluto, è altresì vero che questi non risparmia velate offese e sprezzanti allusioni all’homo novus Cicerone che non ha dignitas e non è nemmeno nato a Roma, anzi è solo inquilinus civis urbis Romae!
E poi c’è l’epilogo: Cicerone che pronuncia la sua arringa facendone un vero e proprio evento mediatico, curato nei minimi dettagli dalla scelta della location, alla disposizione della sua guardia privata e dei suoi sostenitori. Altro che spin doctor dei politici odierni! Un evento efficace tanto quanto una diretta streaming!
Infine, Catilina lascia Roma e va incontro al suo destino nella battaglia contro l’esercito romano. Intanto, i suoi complici vengono arrestati – bellissime le pagine in cui si parla del carcere del Tulliano – e rapidamente giustiziati con il laccio.
La battaglia finale fra catilinari ed esercito regolare è nota. Come sottolineano gli autori de La congiura di Catilina, è qui che nasce la figura dell’eroe Catilina: tutti i suoi muoiono dopo aver combattuto valorosamente e senza indietreggiare di un palmo, mentre lo stesso Catilina cade lontano da tutti in mezzo ai cadaveri dell’esercito nemico a riprova del suo coraggio e della sua temeraria volontà.
Sarebbe perfetto se il libro si chiudesse qui. Purtroppo non è così: inspiegabilmente, dopo un passaggio molto interessante sulla congiura nella letteratura, nell’arte figurativa, nella musica, Bocchiola e Sartori sentono il bisogno di creare un parallelismo fra il congiurato Catilina e Lee Harvey Oswald, l’assassino di Kennedy! Un paragone che, per quanto motivato dagli autori, a mio avviso non regge e, soprattutto, stona con l’impostazione complessiva di questo bel libro che, francamente, meritava una conclusione bella tanto quanto la “bella morte” del padre di tutte le congiure, Lucio Sergio Catilina.