“Non era una cosa reale. Non c'era niente di reale nella camera azzurra.
O piuttosto si trattava di una realtà diversa, impossibile da comprendere altrove.”
Georges Joseph Christian Simenon è nato a Liegi nel 1903. Nel 1922 ha lasciato il Belgio e, nell’arco della sua vita, ha cambiato più di 30 residenze, senza mai rinunciare alla cittadinanza d’origine. È morto a Losanna nel 1989, all’età di 86 anni, per un tumore al cervello.
Simenon, noto soprattutto per essere il creatore del commissario Maigret, ha all’attivo una produzione letteraria immensa. Tra romanzi, racconti, novelle, opere autobiografiche, pulp (scritti anche sotto pseudonimo) e articoli vari, ha pubblicato più di 400 libri di cui, moltissimi, dedicati, appunto, al famosissimo commissario. Pare che riuscisse a scrivere fino a 80 pagine al giorno. Stando a un data-base dell’Unesco, delle sue opere, tradotte in almeno 50 lingue, sono state vendute in tutto il mondo più di settecento milioni di copie, solo in Italia oltre 25 milioni.
Nel 1966, Simenon è stato insignito del Grand Master Award, il premio più prestigioso del MWA - Mystery Writers of America - che lo ha consacrato tra i maggiori esponenti del genere e, nel 2003, è entrato a far parte della prestigiosissima Pléiade.
Un uomo frizzante, vitale, dinamico, fatto di eccessi in molte sfere della sua vita, anche in quella amorosa: due mogli, 4 figli (uno dei quali, la sua amatissima Marie-Jo, morta suicida con un colpo di pistola al cuore), una lunghissima convivenza e ben 10.000 amanti, tra prostitute e no. Il sesso, per sua stessa ammissione, occupava un ruolo centrale nella sua vita.
La camera azzurra fa parte di quei romanzi che Simenon definiva “romans durs” (romanzi duri), vale a dire i romanzi letterari in cui non appariva come protagonista Maigret, e che consentivano alla sua penna e alla sua fantasia di esprimersi liberamente e di svincolarsi da quel suo personaggio particolarmente “ingombrante”. Perché è bene dirlo, Simenon era indubbiamente un maestro nello scrivere gialli, ma la verità è che era soprattutto un grandissimo scrittore, capace di catalizzare come pochi l’attenzione del lettore.
E anche questo romanzo ne è la prova, perché di punto in bianco ci si ritrova scaraventati nell’intimità della camera da letto di due amanti che hanno appena finito di fare sesso, la descrizione della scena è così intima ed esplicita che ci si sente quasi di troppo, però smettere di “guardare” è praticamente impossibile, perché la trama, fin dalle primissime battute, è così intrigante e incalzante, che fermarsi nella lettura risulta particolarmente difficile.
La camera azzurra, “di un azzurro – aveva notato un giorno – simile a quello della lisciva. Un azzurro che lo riportava all’infanzia, ai sacchetti di tela grezza pieni di polvere colorata che sua madre diluiva nella tinozza del bucato prima di risciacquare la biancheria e stenderla sull’erba scintillante del prato.”, si trova all’interno dell’Hotel des Voyageurs, a Triant, un piccolo paesino di campagna.
Ed è qui che, da circa un anno, undici mesi per la precisione, Tony e Andrée si incontrano una volta al mese per regalarsi qualche ora di reciproco godimento: “Tony aveva conosciuto molte donne nei suoi trentatré anni, ma nessuna gli aveva procurato lo stesso piacere di Andrée. Un piacere assoluto, animalesco, senza secondi fini, e mai seguito da disgusto, disagio o stanchezza.”
Tony è sposato con Gisèle da sette anni. Una donna tranquilla, non particolarmente espansiva, ma sempre attenta ai bisogni della famiglia, amorevole e accudente nei confronti del marito e della figlioletta Marianne, di sei anni.
Andrée, invece, è sposata con Nicolas Despierre, uno degli uomini più facoltosi del paese, non hanno figli e di lei non si sa molto, a parte che lavora con il marito nella drogheria di famiglia e che è bella, passionale e disinibita: “Andrée era alta. […] aveva i capelli scuri, quasi neri, come una francese del Sud o un’italiana: un bel contrasto con la pelle bianca e liscia, che sotto la luce sembrava cangiante. Aveva un corpo opulento, le forme piene, le carni - soprattutto i seni e le cosce – morbide e sode.”
È chiaro fin da subito che è accaduto qualcosa, e pagina dopo pagina sarà lo stesso Tony a rendere meno fitti i contorni del mistero, rispondendo alle domande incalzanti, intime e puntuali che gli vengono poste dello psichiatra, il professor Bigot e dal giudice istruttore Diem. Attraverso continui flashback, Tony ricostruirà meticolosamente i giorni precedenti e successivi al suo ultimo incontro con Andrée nella camera azzurra, ma non solo, perché attraverso quelle domande, è tutta la sua vita a essere messa al setaccio, nel tentativo di indagare a fondo il suo animo, così da coglierne indole e temperamento e far affiorare eventuali traumi o vissuti che possano avallare la tesi dell’accusa, secondo la quale si è macchiato di un crimine terribile, motivo per cui si trova in carcere già da due mesi.
E così, attraverso continui salti temporali, conosceremo sempre più dettagli sulla sua infanzia e sulla sua famiglia d’origine. Conosceremo meglio sua moglie e sua figlia, entreremo nelle dinamiche più personali del suo matrimonio, del suo ruolo di padre e marito, del suo lavoro e della sua relazione con Andrée.
Un susseguirsi di dialoghi in cui tutto viene scandagliato e ripetuto, più e più volte, in modo quasi ossessivo: spostamenti, parole, pensieri, intenzioni, sentimenti… La curiosità di scoprire “cosa è accaduto” e “chi è stato” è costante, ma allo stesso tempo, si prova un certo piacere nell’attesa, perché si può godere di una storia costruita alla perfezione e raccontata in modo magistrale. La capacità di mantenere vivo l’interesse del lettore dalla prima all’ultima riga ha dell’incredibile, per non parlare della straordinaria caratterizzazione psicologica dei personaggi, il modo in cui, pian piano, vengono svelati e messi a nudo, anche nei loro lati più estremi e nascosti.
Quell’azzurro lisciva, a cui l’autore fa riferimento più volte per simboleggiare la pulizia, il candore e la freschezza del bucato appena lavato, si trasforma in una metafora attraverso la quale viene rappresenta una relazione clandestina, carnale e passionale, dove sono gli istinti primordiali a prendere il sopravvento su tutto, anche sulle eventuali conseguenze. La lisciva diventa lascivia e l’idea di pulizia e candore, in modo quasi stridente, viene associata al sesso e al tradimento, che dalla morale comune, invece, vengono considerati sporchi e impudichi.
Si tratta solo di un artificio narrativo? O è un modo con cui l’autore, sessualmente disinibito, tenta di dirci che la passione e il sesso non hanno un solo colore e come tali devono essere svincolati da ogni convenzione simbolica e morale?
Cosa provavano i due amanti l’uno per l’altra? È stato solo sesso? È stata un’ossessione? O è stato qualcosa di più profondo? Per Tony, Andrée era davvero solo la donna nuda e sensuale? L’aveva mai amata? Cos’è successo? Perché Tony è in galera? Quale sarà la decisone della giuria?
La camera azzurra non è semplicemente un giallo, è un libro che, vista la sua complessità, va ben oltre i confini del noir. Perché sono moltissimi i temi sul piatto e si alternano con un ritmo perfetto e pressante. Rapporti umani, fatalità, adulterio, sesso, passione, complicità, vendetta, ossessione, istinti fuori controllo, spregiudicatezza… È un libro che vibra, intriga, inquieta, turba e che, tra le altre cose, ci porta a interrogarci su quante forme abbia l’amore, in quanti modi possa manifestarsi e fin dove ci si possa spingere per lui… “Love will tear us a part/ here's a taste in my mouth as desperation takes hold/ Just that something so good, just can't function no more” (Joy Division)
La verità è che molti di noi, forse tutti, posseggono una camera azzurra, inaccessibile ai più, uno spazio intimo e personale in cui potersi sentire liberi di essere ciò che si è, privi di ogni forma di inibizione o censura.
«Ti ho fatto male?».
«No».
«Ce l’hai con me?».
«No».
«Tua moglie ti chiederà spiegazioni?».
«Non credo».
«Ma a volte qualche domanda te la fa, no?».