Da sempre molto legato alla religione e a personaggi che con la fede intavolano un certo rapporto, per la sua a oggi ultima regia Mel Gibson trova un feeling naturale con la vera storia del soldato Desmond Doss, obiettore di coscienza dell'Esercito degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale, un ragazzo che si arruolò volontario e che durante il suo percorso da militare non imbracciò mai un'arma, servendo il suo Paese in qualità di medico, salvando vite invece di spezzarne, perché come fatto notare dallo stesso Doss, "in un mondo impegnato a farsi a pezzi da solo, non è una cattiva idea tentare di rimetterlo insieme pezzo dopo pezzo".
Così Gibson trova il suo eroe perfetto, motivato da una fede sincera e incrollabile (Doss è un avventista del settimo giorno); il suo protagonista unisce coraggio e statura da eroe alle più giuste delle motivazioni, tutto inserito nella roboante epica della guerra e della battaglia, una visione che in molti rimproverano a Gibson, accusato di giustificare la propensione alla guerra dell'uomo e di darne una visione distorta e a senso unico, una visione che vede l'americano, anche il più ottuso e guerrafondaio, come colui che è nel giusto, riducendo gli avversari a figurine, cattivi da pulp magazines d'accatto, privi di motivazioni e mossi da insensata violenza e crudeltà.
Tutti sappiamo che le cose non stanno proprio così, tutto è sfumato, quelli che a volte sembrano "i buoni" sono spesso i peggiori tra gli elementi. Gibson narra la storia di un pacifista convinto (figura comunque non semplice né banale) che aborre la violenza, un protagonista inserito all'interno di una struttura narrativa spettacolare che rende merito al più classico del cinema hollywoodiano di guerra, in questo Gibson gira a tutti gli effetti un gran bel film.
Il giovane Desmond Doss (Andrew Garfield) cresce in una famiglia con qualche problema: la madre (Rachel Griffiths) è una fedele della Chiesa avventista del settimo giorno e trasmette i valori cristiani a Desmond e al fratello Harold, il padre è un reduce traumatizzato della Prima Guerra Mondiale, un uomo a tratti violento che non riesce a superare le perdite e le brutture viste negli anni della guerra e che nella maniera più assoluta, avendo già vissuto l'esperienza, aborre l'idea che i suoi figli possano arruolarsi e andare a distruggere le proprie vite sul fronte del secondo conflitto mondiale.
Convinto dei suoi insegnamenti cristiani, rafforzati da un incidente di gioventù durante il quale Desmond rischiò di togliere la vita al fratello, in seguito all'attacco di Pearl Harbor il giovane decide di arruolarsi nell'esercito in qualità di medico rifiutando però in maniera categorica il contatto con le armi e avvalendosi della possibilità garantita dalla Costituzione agli obiettori di coscienza di respingere ogni forma di violenza. A dispetto della volontà del padre (Hugo Weaving) e della sua ragazza Dorothy (Teresa Palmer) Desmond inizia il suo percorso di addestramento che si rivelerà essere un vero inferno proprio a causa del suo rifiuto di toccare la armi e all'ostilità dei suoi superiori, tra i quali il sergente Howell (Vince Vaughn) e il capitano Glover (Sam Worthington), e quella dei suoi compagni.
La determinazione di Desmond riuscirà a fargli superare umiliazioni e difficoltà fino a che l'esercito si troverà costretto a mandarlo in battaglia al fianco dei suoi compagni nella campagna di Okinawa dove la sua divisione dovrà prendere l'altura di Hacksaw Ridge. Qui Desmond si guadagnerà l'affetto, il rispetto e la gratitudine di tutti, commilitoni e superiori.
Film di stampo classico girato magistralmente da Gibson che in alcuni passaggi per qualità ci riporta ai primi venti minuti del Salvate il soldato Ryan di Spielberg; a conferma della qualità tecnica de La battaglia di Hacksaw Ridge ci sono l'Oscar al miglior montaggio e quello al miglior sonoro, premi entrambi più che meritati che si uniscono ad altri riconoscimenti ottenuti in giro per il globo (Bafta, National Board of Review, etc...).
Al di là dell'eccezionale riuscita dell'aspetto tecnico, Gibson gestisce bene anche la costruzione dei personaggi, quello di Desmond e quello di suo padre nella prima parte ma anche, e non sempre è cosa semplice, il lavoro sulla pletora di commilitoni e superiori dell'esercito, ognuno capace di ritagliarsi una propria identità e un proprio ruolo che farà pesare ancor più la perdita di alcuni di loro durante la terza parte del film, quella della battaglia vera e propria.
È vero che la narrazione della vicenda di questo pacifista che ripudia la violenza, e che quindi si propone come esempio indiscutibile di modello positivo anti-bellico, è immersa nell'epica della guerra, spesso manichea nel definirne le parti, un'epica che probabilmente si confà al sentire del regista, non si può negare che sotto il punto di vista strettamente cinematografico La battaglia di Hacksaw Ridge sia un gran film, un'immersione totale nel caos e nella violenza di un guerra che, al netto di qualsiasi pensiero diffuso negli U.S.A., non può non muovere a repulsione lo spettatore, soprattutto in un contesto attuale in cui il dramma della guerra lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni.
Film di valore sia come war movie sia come biopic, non sarà facile dimenticare la figura dello smilzo Desmond Doss dopo averla conosciuta, in chiusura interviste con i reali protagonisti (alcuni) della storia narrata a impreziosire il tutto.