Passiamo a te, Storia.
Sei intrigante, hai un buon ritmo, sei arricchita da personaggi ben disegnati, che nascondono ovviamente i loro segreti.
Non sei così originale, bisogna ammetterlo, perché i richiami alla Christie, alla Fletcher (con tanto di omaggio) si sentono tutti.
Volutamente, okay, ho capito.
Ma in questa morte misteriosa di un capofamiglia/despota, di un padre ricchissimo e di un giallista di prim'ordine non tutto quadra.
Forse sono i troppi colpi di scena con cui alla fine si sfinisce lo spettatore?
Forse è la lunghezza del racconto in sé?
No, cara la mia Storia, non sei ancora esente da sospetto.
Infine abbiamo lei, Rian Johnson e il suo comparto tecnico.
Che dirle, si è riciclato un gran bene quest'anno!
Dopo le critiche di due anni fa sono tutti saliti sul carro del meno peggio a difendere il suo Capitolo VIII di Star Wars e ad applaudire a questo suo giallo ad incastro perfetto.
Ma com'è che io questa perfezione non l'ho sentita?
Non per colpa dell'ambientazione, quella villa così inglese.
Non per colpa degli abiti, così retrò
Non per il montaggio e il ritmo decisamente stuzzicanti.
Non per come ha saputo dirigere un cast e piazzare tanti indizi, tanti oggetti e oggettini a fare da ulteriore sottotesto alla storia.
Forse è che in questo gioco il primo a divertirsi è stato lei?
E si è divertito così tanto da non avere mezze misure, da non sapere quando fermarsi, quando dire basta?
Così abbiamo tante svolte, tanti colpi di scena, tanto sangue sparso.
Sì, è questo suo entusiasmo a mettere in difetto, coinvolgendo anche la storia a cui ha lavorato per tutti questi anni.
Vi dichiaro colpevoli, allora: Storia, Rian, mi avete lasciato fuori da questo gioco, mi avete anche spossato. Con un eccesso che non era necessario.