Un nuovo disco dei Flaming Lips, piaccia o meno, è sempre un grande evento, essendo uno dei collettivi più importanti di sempre; dal vivo, per certi versi, sono la band migliore in assoluto, non mi pare il caso di fare classifiche, ma chi li ha visti sa di cosa sto parlando, assurdi quanto straordinari: una qualsiasi persona potrebbe anche decidere di non vedere mai un concerto in vita sua, fatta eccezione per loro.
Su disco, non sbagliano praticamente mai e sono puntuali, senza farci attendere troppo. Wayne Coyne è un genio, c'è poco da fare, il fuoriclasse che nasce una volta ogni tanto. Per autoflagellarsi uno potrebbe anche sperare in un passo falso, per dire: anche loro sono umani; invece niente, non succede mai e così anche questo "King's Mouth" ci sta alla grande, senza paura, nella gigante discografia del gruppo più colorato di sempre.
Dopo "Oczy Mlody", uscito nel 2017, era difficile buttare ancora benzina sul fuoco con quell'entusiasmo dei ragazzini al primo demotape e invece eccoli freschi e rinati, senza bisogno di rinascere, come fanno abitualmente, in pratica da trent'anni a questa parte: come dare un bellissimo significato alla parola routine.
Nel disco c'è sempre tutto il loro mondo stralunato, temporali in un cielo sereno, una sorta di catering per una festa malinconica, ma la cosa più importante è che ci sono le canzoni, quelle non mancano mai: "The Sparrow" è bellissima, a partire proprio dalla scrittura di base, ancora di più "How Many Times?", pop futuristico e la solita milionata di tracce a livello produttivo. "All For The Life Of The City", ballad mid tempo, è già instant classic, "Feedaloodum Beedle Dot" è un blues moderno claustrofobico, "Mouth Of The King" è da cantare a squarciagola davanti al falò, e c'è anche Mr. Mick Jones che si prende il vezzo di recitare qua e là delle parti parlate, con aplomb tipicamente british. Chiamale se vuoi assurditè Lipsiane.
Non lo nascondo sono un fan accanito, quindi, forse, anche poco obbiettivo, però essere sempre avanti in qualsiasi cosa si faccia, è dono di pochi.