Rimanemmo stupiti, non più tardi di due anni fa, quando Samantha Fish, a distanza di soli otto mesi l’uno dall’altro, pubblicò due dischi, Chills And Fever e Belle Of The West, entrambi bellissimi. Due lavori che non solo sancivano il passaggio di Samantha dallo status “di giovane artista da tenere d’occhio con attenzione” a quello di musicista che ha finalmente dimostrato a tutti il proprio talento, ma palesavano un livello di ispirazione altissima e la volontà della trentenne chitarrista di Kansas City di smarcarsi dai suoi esordi, connotati principalmente da sonorità roots rock e blues.
La tavolozza di colori, allora, si era arricchita di nuove sfumature che spingevano la Fish a esplorare altri generi, fino ad allora solo lambiti. La proposta, quindi si era ulteriormente arricchita: Chills And Fever pescava a piene mani dal Memphis soul e Motown R&B, scartavetrati dal rock garagista dei Detroit Cobras, presenti in studio con la chitarrista, mente Belle Of The West era un disco prevalentemente (ma non esclusivamente) acustico, in cui confluivano blues, gospel e country, amalgamati attraverso la genuinità dell’America rurale e l’occhio vigile di una ragazza moderna che conosce la propria storia e custodisce con amore le tradizioni.
Con Kill Or Be Kind, Samantha ribadisce la propria attitudine a diversificare la proposta, mischiando nuovamente le carte e creando un giusto compendio tra rock blues e soul. Un disco, forse, meno immediato e più ragionato, equilibrato nei suoni e nello svolgimento, ma non per questo privo del consueto pathos. L’impressione, oltretutto, è che la Fish sia ulteriormente migliorata nel cantato (la sua voce è femminile e ariosa, ma non priva di graffianti zampate rock, e sa essere al contempo delicata e grintosa) e nel suono della sua chitarra, che ha trovato una perfetta misura tra essenzialità, forza e lirismo (il breve assolo di Love Letter è di quelli da ko al primo ascolto).
La title track, ad esempio, è un brano soul dal retrogusto sixties, ma la modernità sta proprio nell’uso della voce, morbida e spigolosa al contempo, e in un assolo che scuote letteralmente l’arrangiamento vintage dei fiati e del piano elettrico. Lo sguardo al passato torna in Love Your Lies, la cui architettura anni ’50 si dipana su un ritmo frenetico e su un mirabile arrangiamento di ottoni. Anche in questo caso, però, la Fish evita la banale replica di un suono antico e affetta la canzone con un assolo sporco e selvaggio, sintesi perfetta tra primordiale eccitazione roots rock e indole garagista.
Come si diceva, è la versatilità il vero fil rouge di un disco che batte strade diverse con risultati altrettanto efficaci. L’apertura di Bulletproff, il brano più decisamente blues del lotto, sembra uscire da una radio di qualche catapecchia che si affaccia sul Mississipi del Nord: cigar box guitar, voce filtrata (richiamo ai primi Black Keys) e ritmica possente. Anche Watch I Die rinvigorisce il vecchio amore della Fish per sonorità rock blues, mentre Dream Girl è una ballata di americana accarezzata da una morbida slide e Dirty un pezzone venato di soul, con spolverate di hammond e languidi fiati a sostenere il cantato della Fish, straordinariamente credibile anche quando evoca struggimenti (e ascoltate come voce e assolo di chitarra crescono all’unisono).
Registrato a Memphis (e si sente) e prodotto dall’ottimo Scott Billington, Kill Or Be Kind è l’ennesima conferma di un’artista che non ha cedimenti di ispirazione ed è capace di esplorare, provare, sperimentare. Con il risultato che ogni suo album riesce ad avere un suono diverso ma al contempo incredibilmente famigliare. Semplicemente splendido.