Cerca

logo
REVIEWSLE RECENSIONI
24/01/2025
Stick To Your Guns
Keep Planting Flowers
Affrontare le avversità a testa alta cercando di migliorarsi e cercare sempre di trovare e portare bellezza, anche tra le macerie. Questo è Keep Planting Flowers e questi sono gli Stick To Your Guns: una risposta motivante e catartica per chiunque non abbia voglia di arrendersi alla disperazione e voglia ancora combattere per rendere quanto migliore possibile sia il nostro mondo sia l’unica vita che abbiamo l’onore di vivere.

Seminare piante in un giardino significa credere nel domani” 

(Audrey Hepburn, attrice) 

 

In alcune lingue native il termine pianta si traduce con ‘coloro che si prendono cura di noi’” 

(Robin Wall Kimmerer, botanica nativo americana) 

 

Quando pianti qualcosa, costruisci un bellissimo futuro in un mondo stressante, caotico e a volte decisamente spaventoso” 

(Monty Don, studioso di orticoltura e presentatore televisivo della BBC) 

 

Un fiore che sboccia nel deserto dimostra al mondo che le avversità, non importa quanto grandi, possono essere superate”  

(Matshona Dhliwayo, filosofa canadese) 

 

Cos’hanno in comune un’attrice, una botanica, un presentatore televisivo e una filosofa? In questo caso, sicuramente il fatto di riconoscere il potere sovversivo delle piante e dei fiori. In un mondo in cui mali e brutture sono all’ordine del giorno, nella politica, nell’economia e nella società tutta, dalle guerre alla cronaca nera, fino alle piccole grandi ingiustizie da cui siamo toccati nel privato, qual è l’atto più rivoluzionario?

Per gli Stick To Your Guns la risposta è continuare a credere nel futuro e nella possibilità di un mondo diverso, e non per un generico afflato di ottimismo, ma perché si è consciamente deciso che la migliore reazione a rabbia, depressione e disperazione è quella di darsi la possibilità di urlare verità talvolta impopolari e, soprattutto, concentrarsi nel fare qualcosa di bello, utile, sano e felice nell’unica vita che abbiamo l’onore di vivere. 

Jesse Barnett, frontman della band, sostiene con forza come il modo migliore per contrastare la narrazione nichilista da cui a volte ci sentiamo così circondati da esserne quasi sopraffatti sia di prendere coraggio, scrollarsi di dosso quell’ingombrante abito di immobilismo di fronte all’entità abnorme del disastro, rimboccarsi le maniche e fare qualcosa di positivo, per noi stessi anzitutto e anche per il mondo che ci circonda. "Un mondo nuovo ha bisogno di un nuovo te, quindi non importa quanto le cose vadano male, continua a piantare fiori". 

Basta superficialità, basta disperazione, basta competizioni insensate su più piani di quante non potremmo mai gestire: torna alle cose semplici, alle piccole azioni che puoi fare per prenderti cura di te e di chi ti circonda. Piantare un fiore è un gesto piccolo, ma racchiude in sé tutta la potenza sovversiva del dedicarsi a qualcosa che apparentemente non cambierà le sorti del mondo, ma che con la sua bellezza disinteressata, con la caparbietà del suo saper pensare che esisterà un domani abbastanza a lungo da dargli la possibilità di crescere, ci dona la capacità zen di pensarci nel qui e ora di un gesto che facciamo per riconnetterci con noi stessi e con il mondo, regalando a entrambi qualcosa di bello e sano, anche se sboccia in un mondo in fiamme. 

 

Chi pensa che l’hardcore punk sia tutta questione di muscoli e urla arrabbiate si ferma decisamente all’apparenza e non conosce una buona parte del movimento, che in molte delle sue band porta con sè un equilibrio emotivo e sociale che spesso sarebbe invidiato dalla maggior parte dei terapisti. Un equilibrio che gestisce nello stesso momento (e in canzoni di pochissimi minuti) la capacità di: urlare fuori da se stessi qualsiasi cosa ti pesi nell’animo; ritrovare forze, energie e motivazione per cambiare ciò che non funziona o per lo meno per cercare di combatterlo; avere sempre uno spirito positivo, verso se stessi e verso la comunità attorno; mirare alla semplicità (nei modi, negli intenti, negli abiti e nei rapporti); non farsi condizionare troppo da ciò che pensa o vuole la gente. 

Gli Stick To Your Guns, fondati nel 2003 nella Orange Country californiana, fanno parte di questo filone che sostiene il potere della crescita personale e dell'azione comunitaria, vantando alle loro spalle sette album, che con l’inizio del 2025 vengono arricchiti di un nuovo ottavo compare, Keep Planting Flowers. Non per nulla il significato stesso dell’espressione idiomatica “stick to your guns” vuol dire “continuare ad avere le proprie convinzioni o portare avanti un piano d'azione, anche se altre persone non sono d'accordo”. E in questo caso il piano d’azione è botanicamente ribelle. 

 

I filosofi hanno solo interpretato il mondo, in vari modi. Il punto, tuttavia, è cambiarlo. Che ci piaccia o no, ogni giorno siamo impegnati in una società collettiva in cui ciò che facciamo o non facciamo ha una causa e un effetto gli uni sugli altri e su altre cose. Sebbene la maggior parte di noi si sia completamente isolata individualizzando ogni aspetto della propria vita, può essere difficile capire perché ciò che non ci riguarda direttamente in questo momento debba avere una qualche importanza per noi. Per quanto mi riguarda, mi sono impegnato a non stare più seduto a guardare il nostro mondo che si avvita in una spirale di morte, ma piuttosto a fare quello che posso, quando posso, con quello che ho. Non importa quanto futile possa sembrare ad alcuni. Per me, questo è ciò che significa essere veramente umani. E come dice il grande Kris Kristofferson [poeta romantico, cantastorie folk e storyteller country americano, ndr]: ‘Cerca di dire la verità e di farti valere. NON LASCIARE CHE I BASTARDI TI BUTTINO GIÙ’”. (Jesse Barnett) 

 

A livello musicale, Keep Planting Flowers è carneficina e catarsi, aggressività e melodia, vecchio e nuovo, ibrido di hardcore, punk e metal, sintetizzati in un album di 10 canzoni per 24 minuti totali, inno per un’incessante ricerca di un mondo migliore. Nel giro di poche manciate di secondi, i cinque californiani miscelano hardcore bellicoso ed elementi melodici, ritornelli anthemici e vigorosi breakdown, regalando la continua e costante necessità liberatoria di buttarsi in un mosh pit di dimensioni colossali. Intenso in maniera a volte quasi cruda, eppure in grado di regalare un’esperienza di ascolto dinamica, varia e decisamente corroborante. 

Prodotto dal prolifico produttore punk rock Beau Burchell, l’album racconta attraverso i vari brani le inesorabili sfide della vita esortando chi ascolta a trovare bellezza e scopo anche in mezzo alle avversità. Un messaggio di coraggio e connessione con il mondo naturale, oltre che sociale, amplificato dall’inclusione di suoni che richiamano elementi naturali come la pioggia, il vento e l'oceano, che collegano i brani tra loro, rafforzando la metafora del disco. 

 

“We All Die Anyway” inizia l'album con una sferzata quasi metallica, ponendo sul tavolo anzitutto il tema della dedizione. “Spineless” la segue a ruota portando con sé una genesi non scontata, quella di una sessione di scrittura in epoca pandemica con Isaac Hale degli Knocked Loose, dove le regole che Isaac e il chitarrista Chris Rawson si erano dati consistevano nel fatto che una persona scriveva un riff e l'altra doveva scrivere la parte successiva, per poi ripassarla di nuovo. Isaac aveva scritto un riff molto bello e da lì, dopo qualche modifica e cambio di accordatura, è nato il riff di apertura, il quale ha dato il tono alla canzone, che poi si è composta e assemblata quasi da sola. 

“Permanent Dark”, a dispetto del titolo, parla del giorno in cui Jesse Barnett ha trovato la luce, rendendosi conto che tutto ciò che ha realizzato non sarebbe stato possibile senza l'amore, il sostegno e la guida degli altri. “Ci hanno fatto credere che le nostre vite individuali sono LA cosa più importante. Una società che insegna a tutti che sono i protagonisti è destinata a implodere. Ci mantiene in uno stato di oscurità permanente. Quando ci si rende conto della maggiore connessione con tutto ciò che ci circonda (passato, presente e futuro) si trova uno scopo e una ragione per combattere”.   

 

“Invisible Rain” e “Severed Forever” scivolano via con piacevole furore e l'ascoltatore giunge così a “More Than A Witness”, un appello a coloro che sono stanchi di guardare il mondo che si trasforma in un inferno, affinché possano attivarsi e impegnarsi in qualche tipo di comunità, contrastando così la venuta dell’oltretomba terreno. 

“Keep Planting Flowers” è al contempo la title track e la canzone più morbida del disco, tanto da sfociare praticamente in un brano post-hardcore degno dei migliori Touché Amoré. Parla dell’importanza di creare connessioni, di andare avanti, di creare, pensare e crescere a prescindere da quanto sia difficile, ma anche di ricordarsi di prendersi cura delle persone che amiamo e che ci amano, e di non lasciare che il dolore che portiamo con noi ci abbatta, puntando piuttosto a trasformarlo in qualcosa di meraviglioso. 

“Eats Me Up”, dall’alto del suo terzultimo posto in scaletta, rappresenta una piccola sfida vinta per la band, che si porta appresso il ritornello ancora dalle sessioni di scrittura di Disobedient (2015), un ritornello che finora non aveva mai trovato la sua collocazione in una canzone che questa volta, a valle di un’ennesima rielaborazione, ha trovato il suo posto più di dieci anni dopo. 

A conclusione dell’album, una doppietta di collaborazioni che testimoniano quanto gli Stick To Your Guns godano del rispetto sia della vecchia guardia sia della nuova generazione: da un lato “Who Needs Who”, realizzata con Scott Vogel degli storici Terror, dall’altra “H84U”, che con la sua atmosfera da anni Duemila vede la partecipazione di Connie Sgarbossa dei SeeYouSpaceCowboy. 

 

Keep Planting Flowers è un grido d’appello in un’epoca segnata da divisione e disperazione; un balsamo per chi è stanco di lottare e cerca un compagno nella battaglia; un rifiuto a chi si limita ad accettare le cose così come sono e un invito a continuare ad affermare ciò per cui si è veramente impegnati; un aiuto nel mantenere la rotta della propria vita e nel trovare il coraggio di fiorire ancora; un memorandum per ricordarci di non dimenticare mai di piantare qualcosa di bello lungo la strada, qualsiasi sia il sentiero che stiamo cercando di percorrere.  

Keep Planting Flowers è un album e un manifesto, che sicuramente incarna l'etica della band di affrontare le avversità a testa alta cercando di migliorarsi, che molto probabilmente entrerà nell’alveo dei migliori album punk hardcore dell’anno e che forse diventerà a suo modo un piccolo seme di coraggio e azione per chi lo ascolterà e lo sceglierà come colonna sonora per le proprie battaglie.