Che gli In Hearts Wake abbiano fatto dei temi ambientali la loro bandiera e missione, promuovendone non solo diffusione e consapevolezza verso il loro pubblico, ma diventando essi stessi degli esempi di comportamento a riguardo, è indiscusso. La band australiana, infatti, non si è limitata a portare al suo pubblico qualche bella canzone che parla delle ingiustizie e degli abusi sociali ed ecologici del nostro tempo, ma ha composto e diffuso il suo album in maniera completamente verde. Come?
I cinque ragazzi hanno misurato il consumo di ogni presa di corrente, lampadina, libbra di merci, viaggi e cibo utilizzati durante il processo di registrazione, fino a scoprire che l'impronta di carbonio totale era di 26,37 tonnellate di CO2e. Hanno quindi compensato il consumo acquistando crediti di carbonio e sostenendo un progetto di protezione e riforestazione nel corridoio per la biodiversità di Yarra Yarra, nell’Australia occidentale. Inoltre, grazie a UNFD e a un’innovativa azienda olandese, l’album stesso è stato confezionato e prodotto utilizzando materiali riciclati, con copie in vinile pressate su eco-plastica a base di calcio e digipak di cartone riciclato, realizzati con materiali non tossici, inclusi inchiostro e nastro vegani.
Pensate non sia ancora abbastanza? Beh, per il loro primo singolo, la bella e potente “Worldwide Suicide”, hanno deciso che ogni 1.000 visualizzazioni al videoclip avrebbero piantato un albero. Cinque mesi dopo hanno fatto il conto: sono state oltre 300 mila. Hanno quindi organizzato a inizio agosto 2020 una giornata per piantare tutti gli alberi promessi, in collaborazione con Rainforest4, Earthwalker e Cromwell Farms, invitando chiunque fosse in zona ad un piccolo gioco: piantare mille alberi in due ore.
Con Kaliyuga, inoltre, gli In Hearts Wake hanno completato la loro quadrilogia sugli elementi naturali. Se con Earthwalker (2014) hanno esplorato l'elemento della Terra, Skydancer (2015) ha avuto come tema l’aria e Ark (2016) l'acqua, Kaliyuga è il regno del fuoco, nato e ispirato dai devastanti incendi che si sono verificati in California e in Australia nel 2018, 2019 e 2020.
Ma che significa Kaliyuga?
Nella religione induista, l'evoluzione della Terra è divisa in quattro ere, o Yuga, e l’ultima di queste è l’era di Kali, “kaliyuga”, un tempo di discordia, avidità, materialismo e paura, che crea squilibrio e conflitti nel mondo e nei suoi abitanti. Vi dice nulla? Il mondo che ci circonda è nel caos e gli induisti potrebbero dirvi “ve l’avevamo detto”. Gli In Hearts Wake, però, danno questo nome al loro album con un’accezione proattiva. Se nel mondo ci sono apatia, distrazione, disinformazione, ansia e disperazione, questo allora è il momento giusto per alzarsi e trasformare queste sfide in un’occasione per provare a crescere e cambiare qualcosa. Non un’inevitabile condanna, ma un’opportunità.
Il tema, la volontà, la determinazione, il pensiero critico e la creatività nel perseguire la propria missione ci sono tutte, e al giorno d’oggi non è mai poco, ma le canzoni come sono? Qui il problema principale.
Kaliyuga è sicuramente un album molto piacevole e si fa ascoltare con facilità, ma non suona né innovativo né coerente. Certo, un buon disco per essere considerato tale non deve necessariamente essere innovativo, ma non dovrebbe nemmeno dare la sensazione di riprendere e copiare stilemi, riff e soluzioni che prendono a piene mani da un lungo elenco di altre band, che oltretutto hanno realizzato quelle idee in maniera migliore.
Un po’ di metalcore potente à la Parway Drive, un po’ di melodia à la Polaris, uno sparuto riff à la Slipknot ad un tratto, un paio di canzoni con potenti riferimenti ai Linkin Park di Meteora, qualche sperimentalismo tra il rap, synth e pop (non sempre riuscito o calzante) come negli usi e nelle mode degli ultimi anni, ma lontano dall’alto livello raggiunto da band come i Bring Me The Horizon. Tutti spunti sonori sicuramente ottimi, ma tenuti assieme con una qualità difforme, un po’ di confusione e poca chiarezza. Un vorrei ma non ci riesco. Una copia che lascia ancora intravedere troppo la sua matrice. Un disco che potrebbe presentarsi come potente e interessante, ma che nella sezione centrale inizia a perdersi.
Alcune tracce risultano infatti di un buon livello, vedi l’apertura di “Crisis”, che campiona un pezzo del discorso di Greta Thunberg allo sciopero per il clima di New York del 2019, che Jake Taylor, il cantante, ha registrato in prima persona a Battery Park. Vedi anche la già citata “Worldwide Suicide” e la successiva “Hellbringer”, che conta la collaborazione di Jamie Hails dei Polaris. Particolarmente apprezzabili anche “Timebomb” (che per quanto terribilmente à la Linkin Park è la traccia che più viene da riascoltare) e la potente “Force of Life”, nonostante siano decisamente poco originali sia negli arrangiamenti che nelle idee. E un buon finale quello di “Dystopia” e “2033”, ma per la stessa ragione delle due canzoni appena citate.
Quelle degli In Hearts Wake non sono mai canzoni brutte, anzi, ma talvolta (al netto di un piccolo abuso delle clean vocals a dispetto dell’ottimo cantato “sporco” che potrebbe essere sfruttato maggiormente) risultano semplicemente troppo prevedibili. E per un album che ambisce ad un livello così alto nelle intenzioni, nei modi e nel messaggio, il risultato concreto che offre è troppo poca cosa. Peccato.