Cerca

logo
REVIEWSLE RECENSIONI
23/07/2020
The Beths
Jump Rope Gazers
I The Beths erano attesi al varco. In un'epoca che ha visto un eccessivo moltiplicarsi di band alla ricerca spasmodica di una visibilità sempre più difficile da ottenere, arrivare al secondo disco, oltretutto dopo aver suscitato un discreto hype con la prova d'esordio, costituisce senza dubbio un’occasione da non perdere.

Il quartetto neozelandese non ha operato nessuna rivoluzione ma con “Future Me Hates Me”, uscito due anni fa, si era imposto come uno dei più convincenti interpreti del Jangle Pop, potenziale artefice del ritorno in pompa magna di un genere che, a parte il ritorno di fiamma dei primi Duemila, è sempre rimasto piuttosto di nicchia.

“Jump Rope Gazers”, titolo che conferma l’ironia esistenzialista dei quattro, è stato rimandato causa lockdown (Elizabeth Stokes e Jonathan Pierce hanno ingannato l'attesa con delle divertenti dirette dove suonavano in acustico i loro pezzi e rispondevano alle domande dei fan) ma i singoli rilasciati avevano già fatto intravedere che non ci sarebbero state flessioni di sorta.

Ribadiamolo: questi ragazzi non fanno nulla che non si fosse già sentito. Però hanno due caratteristiche fondamentali. La prima è che sono simpatici e spontanei: guardatevi i loro nuovi video, quello di “Dying To Believe”, dove inscenano un esilarante tutorial su come scrivere una canzone, mettendo in mostra una bella dose di autoironia; oppure “Out of Sight”, filtri vintage e immagini fintamente amatoriali di una gita nei boschi all’insegna del bird watching. Il secondo aspetto è che sono ottimi musicisti: non si cimentano con un genere difficile da suonare ma, proprio per questo, la loro indubbia capacità tecnica rende la costruzione dei pezzi mai banale, con la presenza di tutta una serie di piccoli accorgimenti che sulla lunga distanza fanno la differenza.

Questa seconda prova, senza alzare troppo l'asticella, conferma quanto di buono avevamo visto all'esordio, inanellando un filotto di dieci canzoni ottimamente riuscite.

Spettro sonoro leggermente più vario ma nel complesso c'è tutto quello che ci si aspettava da loro: brani serrati con le chitarre in primo piano, dall'impatto quasi Punk (“I'm Not Getting Excited”, “Acrid”, “Mars, The God of War”), Jangle Pop da manuale con fraseggi melodici delle due chitarre ed un piacevole gioco di backing vocal (“Don't Go Away”, “Dying To Believe”, “Just Shy of Sure”), intense ballate semiacustiche, romantiche ma non sdolcinate (“You Are a Beam of Light”, “Do You Want Me Now”). Il tutto condito dall'ottima prova vocale di Elizabeth Stokes, niente di che dal punto di vista tecnico ma timbro espressivo ed interpretazione sempre molto autentica, oltre che da ritornelli che centrano il bersaglio al primo colpo, rendendo ogni episodio un piccolo classico da cantare a squarciagola.

Ci sono poi due brani che spiccano sugli altri per una maggiore elaborazione: la title track, che svela una inedita drammaticità, un desiderio di buttarsi nella vita che contrasta con un senso di inadeguatezza, e “Out of Sight”, che nel suo incedere tipicamente Indie Pop inserisce passaggi chitarristici in stile American Football.

Buona anche la seconda, come si suol dire. Ancora una volta è difficile fare previsioni ma in “Jump Rope Gazers” c’è tutto quello che serve ai The Beths per essere considerati una delle più belle realtà della nuova generazione de “le chitarre servono ancora a qualcosa”.

Tenete presente che, se mai riprenderanno i concerti, ad aprile li vedremo in Italia per la prima volta.


TAGS: JumpRopeGazers | loudd | lucafranceschini | review | TheBeths