“Perché Kathe, che tutti volevano, ha fatto, malgrado tutto, a noi due il dono della sua presenza? Perché noi avevamo per lei un’attenzione totale, come per una regina, perché siamo stati noi due che l’abbiamo meglio, come suol dirsi, amata.”
Quel romanzo, qualche tempo dopo, fece innamorare perdutamente il regista francese François Truffaut, che ne trasse un film meraviglioso, dal titolo omonimo, diventato, nel tempo, un vero e proprio cult. Truffaut chiese allo stesso Roché, che accettò con entusiasmo, di scrivere i dialoghi per la sceneggiatura, solo che non riuscì a farlo, perché morì poco dopo, a un passo dagli ottant’anni.
C’è da dire che il grande successo e la popolarità del film, pian piano, hanno quasi completamente eclissato quella del romanzo, di cui, ancora oggi, in molti, ignorano l’esistenza.
Roché viene descritto, da chi lo ha conosciuto, come un uomo molto affascinante, dotato di una personalità carismatica ed eclettica, per certi versi geniale. È stato un gran viaggiatore, amante delle belle donne, amico intimo di personaggi famosi e influenti, critico letterario, traduttore, boxeur, esperto e appassionato d’arte, tant’è che si è occupato personalmente dell’acquisto di alcune opere per conto del grande collezionista e mecenate John Quinn.
Aveva poco più di vent’anni quando, insieme al suo migliore amico, lo scrittore Franz Hessel, prima dello scoppio del Conflitto Mondiale, frequentava assiduamente i caffè di Parigi in cui si poteva respirare a pieni polmoni quello che era il fermento culturale e politico dell’epoca.
L’amicizia fraterna che lo legava a Hessel è durata per tutta la vita. Un’amicizia speciale e fuori dagli schemi che meritava di essere raccontata anche - e soprattutto - per il Ménage à trois che lo legò indissolubilmente a Hessel e sua moglie.
L’amicizia tra i due uomini, infatti, non venne mai scalfita, nemmeno quando Pierre Roché e Helen Grund, travolti dalla passione, diventarono amanti, e non fu nulla di passeggero, tra l’altro, perché il loro rapporto, consumato alla luce del sole, durò per ben 13 anni.
Così, ecco che Jules e Jim sono gli alter ego di Hessel e Roché, mentre Kathe, la protagonista femminile, è la trasposizione letteraria di Helen Grund (giornalista e pittrice di nazionalità tedesca).
In questo meraviglioso romanzo, che ha l’andamento di un diario, il racconto della vita dei protagonisti è suddiviso in tanti piccoli capitoli, in cui, a fare da spartiacque temporale, troviamo il primo conflitto mondiale e naturalmente Kathe. Perché è proprio l’incontro con questa donna “biondissima, con la pelle abbronzata dal sole”, che aveva un “sorriso arcaico” identico a quello della statua greca che aveva tanto affascinato Jules e Jim durante uno dei loro viaggi, a ridisegnare il corso della vita dei due amici.
Ciò che traspare fin dalla lettura delle prime pagine, è la grandissima sintonia tra i due protagonisti. Due personalità molto differenti, ma proprio per questo, complementari. Due “anime gemelle”, legate in modo profondo e indissolubile da un grandissimo affetto e rispetto; un rapporto pregno di cure e attenzioni reciproche. Nessuna gelosia, nessuno screzio, nessun risentimento.
“Constatavano le loro divergenze con tenerezza… Accade, questo, in amore? Jules si chiese se esisteva una coppia che si accettasse come lui e Jim.”
Condividevano tutto Jules e Jim, non solo viaggi ed esperienze di ogni tipo, ma anche le donne, e non mi riferisco solo a Kathe, ma anche agli amori giovanili. Sembrerà strano, ma i due amici si innamoravano quasi sempre delle stesse donne e Jules si ritrovava ad accettare di buongrado il fatto che quasi tutte finissero per preferirgli il suo amico del cuore: “Certi direbbero che Jim è un seduttore. Io dico che è un sedotto.”
Jules e Jim conoscono Kathe a Parigi e ne rimangono entrambi folgorati. Jules sposa Kathe subito dopo averla conosciuta e per la prima volta, quasi pregandolo, chiede a Jim, che già la ama un po’, di farsi da parte: “… questa no… vero, Jim?”.
La figura di Kathe emerge pian piano, ed è tratteggiata alla perfezione. Bellissima, un po’ donna e un po’ bambina, elegante, raffinata, capricciosa, vendicativa, passionale e appassionata; innocente e crudele allo stesso tempo, refrattaria a ogni forma di convenzione, sempre sopra le righe e soprattutto imprevedibile in ogni sua azione e reazione; perennemente insoddisfatta e in cerca di conferme che potessero riempire quelle nicchie di insicurezza che le abitavano dentro.
Kathe catalizzava su sé stessa l’attenzione di tutti e per gli uomini era quasi impossibile resisterle. In verità, anche lei faceva fatica a resistere agli uomini. Davanti al fascino e all’intelligenza, infatti, cedeva sempre, e non ne faceva mistero. Viveva le sue relazioni extraconiugali in modo libero, quasi come fosse, allo stesso tempo, un suo diritto e un suo bisogno.
Attraverso il tradimento, usando il sesso come mezzo, puniva chi amava. Era consapevole di ferire, ma non le importava, anzi, l’idea di far male, le faceva provare un piacere quasi sadico. Kathe era decisamente narcisista e quello era il suo modo per rimettere tutto in ordine e “pareggiare i conti”, con cosa e con chi, non risulta chiaro, però. Forse con sé stessa, con le sue insicurezze e le sue paure. Kathe pretendeva dai suoi uomini fedeltà e dedizione assoluta, pur non concedendole in cambio e Jules lo aveva capito bene: “La tua massima è questa: in una coppia, bisogna che almeno uno dei due sia fedele, l’altro”.
Quando Jim, finita la guerra, dopo cinque lunghi anni di separazione, raggiunge finalmente Jules nel sud della Germania, dove si era stabilito da un po’ di tempo con Kathe e i loro due figli, riceve le confidenze dell’amico, che non può fare a meno di raccontargli che il suo matrimonio è in crisi, che sua moglie lo tradisce abitualmente e che teme l’ennesimo abbandono da parte sua. “Jules si era abituato all’idea che lei gli fosse infedele, ma non ancora a quella che lo lasciasse”.
Anche Kathe si confida con Jim e gli dice di essere tornata a casa da soli tre mesi e che Jules, come marito, per lei, non esiste più.
Si abbandonano l’uno all’altra, diventano amanti, ma non si nascondono. Vivono il loro rapporto allo scoperto, come fosse la cosa più normale del mondo. Jules lo sa, i loro figli anche, e ne è quasi sollevato, perché sente che questo è l’unico modo per non perdere Kathe. “Donarla” a Jim e saperla comunque vicina, era meno gravoso che immaginarla chissà dove, con un altro. Anche Jim, d'altronde, era consapevole del fatto che farla sua, l’avrebbe resa “per sempre” anche di Jules.
Sta proprio in questo “rinunciare” alla donna della sua vita per “cederla” al suo migliore amico a definire l’immensità dell’amore di Jules, non solo per Kathe, ma anche per Jim. È consapevole di non essere capace di liberarsi di lei, non vuole farlo e in un certo senso, ne è ossessionato. Quell’ossessione, a qualcuno, potrebbe sembrare un amore masochista e malato e probabilmente lo è, ma poco importa, perché ognuno di noi, in fondo, non fa altro che vivere l’amore per come può e per come è capace di farlo. D’altro canto, al mondo, non esiste sentimento più irrazionale dell’amore.
Kathe resterà “per sempre” anche di Jules? E soprattutto, Jim basterà a Kathe? Le risposte dovrete trovarle da soli, immergendovi nella lettura di questo romanzo che racconta con grande delicatezza e sincera genuinità la storia di un triangolo amoroso, certo, ma anche e soprattutto la storia di tre vite, e quella di una grandissima amicizia. Un’amicizia pura e vera come poche, quella di “Don Chisciotte e Sancho Panza”, era così che li soprannominavano. Un amore tenero, disarmante e sconfinato, davanti al quale non si può evitare di ritrovarsi a mettere in discussione l’ipocrisia di certe convenzioni morali e sociali nel rispetto delle quali, un po’ per apparenza e un po’ per convinzione, conduciamo - o fingiamo di condurre - le nostre esistenze.
“Kathe aveva detto: si ama pienamente per un attimo solo”.