Già.
Spaventoso ma non così strano se Jojo sta crescendo nella Germania nazista in cui il culto, l'occhio e le direttive del Fuhrer sono ovunque.
Jojo è così un mininazista perfetto: che tiene alla sua uniforme, al suo coraggio, che odia gli ebrei, li vede come il male vero, il diavolo incarnato.
Il tutto dall'altezza dei suoi 10 anni.
Il suo Hitler lo incoraggia, lo sostiene, lo esalta.
Ma 10 anni sono 10 anni, e così un coniglio resta un animaletto carinissimo da voler salvare, quel fantasma che abita dietro i muri, un problema da risolvere da sé.
E che potrebbe cambiare tutto.
Dieci anni sono dieci anni, e c'è anche una madre amorevole e bellissima che continua a ricordarlo. Che cerca di far entrare l'amore, la compassione, il desiderio di libertà e la voglia di ballare tra gli spiragli di un'ossessione per le svastiche e per difendere il proprio Stato.
Non sarà facile.
Nemmeno se sei una Scarlett Johansson meravigliosa, che danza, che si cruccia, che ci prova sempre.
Costi quel che costi.
Il regista è quel Taika Waititi adorato da tutti.
Un Taika che qui è pure un Hitler esagerato, bambinesco e cartoonesco, esilarante a dir poco.
Ma fra le risate tra una scenetta, un duo in uniforme particolarmente gaio (e pure commovente grazie a Sam Rockwell e Alfie Allen), fra descrizioni di ebrei al limite della follia, ci sono momenti di serietà.
Di serietà profonda, in cui la guerra, le ingiustizie, la loro assurdità non possono rimanere fuori.
Waititi fa la sua La vita è bella, ma lo fa con un gusto particolarissimo.
In cui gli attori parlano un inglese fortemente accentato in tedesco, in cui la colonna sonora è rock e declinata al tedesco pure lei, in cui i colori spiccano come luce di speranza, in cui i piccoli gesti sono quelli che contano.
Fra scarpe allacciate che d'ora in poi porteranno sempre alle lacrime se a farlo è Scarlett, lettere mai scritte da leggere, bugie dette sempre a fin di bene. Quello più grande: la vita.
Tra tante risate, tanta leggerezza data anche da due attori bambini deliziosi come Roman Griffin Davis e Archie Yates, si arriva in fretta ad un finale in cui è impossibile trattenere le lacrime, tanto è perfetto, tanto è perfetta la canzone che lo sottolinea.
We can beat them.
We can be heroes.