La passione di Clint Eastwood per la musica americana è cosa risaputa, questa è presente in molti suoi film a partire dall'esordio dietro la macchina da presa con Brivido nella notte dove il protagonista, lo stesso Eastwood, era un disc jockey di una piccola emittente radiofonica; seguono Honkytonk man, bellissima parabola country, e ancora il jazz con la storia di Charlie Parker in Bird, il blues con il documentario Piano Blues... in qualche modo Eastwood va a toccare tutti i generi fondativi che ancora oggi sono alla base di quanto produce l'industria musicale americana (e non solo). Con Jersey Boys il regista conferma il suo amore per le sette note con una sortita nel mondo dei gruppi vocali e del doo-wop, genere indubbiamente meno iconico di quelli sopra citati ma che insieme al rock and roll caratterizza in maniera forte il decennio dei 50, un genere la cui esplorazione non ci saremmo aspettati da Eastwood, forse anche per questo guardando il film il tocco del regista, la sua personalità, sembra non emergere mai fino in fondo. La base di partenza è un'altra opera, ma questo per Eastwood non è una novità, nella fattispecie la fonte d'ispirazione è lo spettacolo teatrale omonimo portato in scena a Broadway dal quale Eastwood attinge anche per gli attori principali. La storia è quella dei The Four Seasons, quattro ragazzi provenienti dal New Jersey che si troveranno catapultati nel giro che conta per l'industria discografica...
Frankie Castelluccio (John Lloyd Young), in seguito con il nome d'arte Frankie Valli, e Tommy De Vito (Vincent Piazza) sono grandi amici, crescono nel Jersey tra piccoli crimini e l'amicizia del boss Angelo "Gyp" De Carlo (Christopher Walken), insieme cominciano ad occuparsi di musica, proprio Frankie, introdotto da Tommy che nel giro ha qualche aggancio, sembra avere un futuro roseo grazie alle sue doti canore di cui Gyp diventa un grande fan, doti affinate col tempo anche con l'aiuto e il sostegno del bassista Nick Massi (Michael Lomenda). I tre giovani intraprendono un percorso musicale che inizierà ad ingranare solo quando al gruppo si unirà il tastierista e compositore Bob Gaudio (Erich Bergen), decisamente più posato e raffinato degli altri tre compagni. Nonostante qualche attrito iniziale tra Tommy, il più testa calda dei quattro, e gli altri a causa della gestione del gruppo, finalmente la band decolla e con il nome di The Four Seasons è pronta per conquistare discografici, radio e soprattutto pubblico. Purtroppo l'indole di Tommy porterà la band a dover affrontare non pochi problemi che per Frankie si uniranno a quelli familiari e ai contrasti con la moglie Mary (Renée Marino), esacerbati dalle continue assenze del marito e dalle preoccupazioni per la figlia Francine (Freya Tingley).
Biopic musicale abbastanza canonico nella costruzione, in fondo ci si diverte con Jersey Boys, l'impianto del racconto risulta vivace con l'alternarsi di narrazione, esibizioni musicali e rottura della quarta parete, come accadeva nello spettacolo teatrale i quattro protagonisti spesso guardano in camera e raccontano direttamente al pubblico avvenimenti e pensieri (molto divertente l'aneddoto di Massi sul perché di alcune sue decisioni riguardanti la sua presenza nel gruppo), movimentando l'andamento del film. La cornice è perfetta, ultrapatinata, costumi inappuntabili, anche troppo, esibizioni musicali riuscite, eppure... eppure manca qualcosa, sembra quasi che Eastwood non sia proprio Eastwood, manca un po' di cuore nel racconto, manca qualcosa a grattare sotto la superficie, tutto scorre, la regia, pur pregevole, si vede poco (per carità, questo non sempre è un male), uno dei guizzi più piacevoli arriva quando Clint omaggia sé stesso e il sorriso scappa fuori da solo, tanto mestiere ma qualcosa scivola inevitabilmente via tra le dita. La scelta del cast, opinione personale, non fa impazzire, tra i protagonisti quello che più ho apprezzato, a parte il sempre grande Christopher Walken, indiscutibile, è Michael Lomenda che nell'economia del gruppo sembra contare come il due a briscola, nessuno degli altri tre attori, vero cuore del film, risulta realmente convincente.