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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
06/04/2018
J.A.Seazer
Jashumon
L'album, quindi, rappresenta un primissimo assaggio di come l'influenza della musica leggera occidentale si innestò sulla consuetudine nipponica...
di Vlad Tepes

Personaggio naturalmente eccentrico ed enigmatico, J.A. Seazer (nato Terahara Taka'aki) riesce, all'analisi occidentale, ancor più insondabile a causa dell'ostacolo linguistico, della farragine discografica nipponica e dei fumi degli incensi leggendari (in parte, pare, autoprodotti).

Seazer nasce nel sud del Giappone, nelle isole di Kyushu; appena quindicenne, abbandona il luogo nativo per raggiungere Tokyo: fascinoso, aggressivo, con tendenze suicide e criminali, perdigiorno e avido di vivere alla giornata, Seazer si attagliava alla figura sociale denominata futen, originariamente sinonimo di uomo inconvenzionale, senza legami familiari o lavorativi (in realtà egli viveva come cantastorie itinerante); in seguito il termine passò ad indicare un artista bohémien operante nell'ambiente di Shinjuku, quartiere di Tokyo, ricetto di hippies e contestatori.

Alla fine degli anni Sessanta, infatti, benché alle primissime armi, fu cooptato personalmente da Shuji Terayama (1935-1983) nella propria compagnia teatrale Tenjo Sajiki, che vantava una propria sezione musicale, Kangokutai. Ben presto Caesar fondò un proprio personale ensemble, Akuma no le, con il quale compose numerose colonne sonore per i lavori di Terayama (Odissey 69, mai registrata; Sho o suteyo, machi e deyo ovvero Throw away the book, we're going in the streets, manifesto libertario adolescenziale contro i lacci del conservatorismo nipponico; Jashumon ovvero Eresia; Barumon, sulla liberazione omosessuale; Shin toku maru, vendetta necrofila en travesti; Denen ni shisu; Ahobune). Molte delle sue opere non furono mai edite su disco (rimasero incise su cassetta solo per le esigenze lavorative della compagnia o come suo merchandise); le poche ad esser divulgate (fissate durante campagne teatrali in Olanda, Francia, Jugoslavia, Danimarca, Iran) sono testimonianze di works in progress in quanto soggette a continua revisione ed adattamento; lo stesso Seazer scrisse probabilmente alcuni testi trascegliendo versi della sua precedente produzione da poeta errante.

Anche Jashumon[1] risente di tale contingenza (un accompagnamento live registrato il 30 Gennaio 1972) ed è lontano dalle compiute produzioni occidentali. Nonostante tale limite si avverte, nel poco più che ventenne Seazer, una brillante poliedricità che riesce ad assecondare le complesse trame di Terayama spaziando dal rock classico al folk alla psichedelia, generi sì riconoscibilissimi, ma tutti straniati, oltre che dai recitativi in lingua madre, dall'uso della strumentazione giapponese tipica, dalle percussioni (gong e tamburi) ai cordofoni (il biwa e lo shamisen, liuti d'ascendenza cinese e il koto, salterio da tavolo).

L'album, quindi, rappresenta un primissimo assaggio di come l'influenza della musica leggera occidentale si innestò sulla consuetudine nipponica: Terayama e Caesar segnarono, infatti, una netta cesura con liriche e tematiche tradizionali, utilizzando, però, nel contempo, aspetti propri del teatro N? (lo shamisen e il koto, che accompagnano il canto, ne sono gli strumenti principe). Un aspetto dell'evoluzione dell'arte giapponese del dopoguerra che aspetta, almeno da noi, ancora una soddisfacente sistemazione generale.

 

[1] Il dramma verte sul rigetto dei legami familiari come inibitori per lo sviluppo pieno della personalità.