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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
29/07/2024
Michael Bublé
It’s Time
La quarta opera di Bublé, concepita vent’anni orsono, tiene bene il tempo. L’artista canadese riesce a rendere nel suo classico stile dal piglio vagamente swing canzoni insospettabili.

«Mio nonno, che era un idraulico, mi portava già di nascosto nei locali notturni e nei bar a fare lavori in quel campo gratuiti, in modo che i proprietari dei club e i musicisti permettessero a un ragazzino di 16 anni di salire sul palco e cantare con loro. Ero innamorato di Dean Martin, Bobby Darin, Frank Sinatra, Harry Connick Jr, Ella Fitzgerald, Louis Armstrong e Louis Prima, i grandi artisti italo-americani. E amavo Elvis. A quell'età avevo già la sensazione di essere unico...pensavo che questa passione, questo amore e questa voce mi rendessero speciale». Estratto da intervista per bigissue.com, 2023.

 

Dopo il clamoroso successo dell’omonimo album del 2003, interessante mescolanza di traditional pop, big band e smooth jazz, Michael Bublé torna due anni dopo con It’s Time, lavoro che conferma quanto di buono era stato detto nei suoi confronti, toccando probabilmente il picco della sua carriera.

L’interprete canadese con grande saggezza, astuzia e abilità si sofferma su alcune canzoni senza tempo che sa rendere sue con un’orchestrazione adeguata e intrigante. Così, dopo le dolcissime “Feeling Good”, “A Foggy Day (in London Town)” e “You Don’t Know Me”, che già danno l’idea dell’intero disco, arrivano le inequivocabili note di “Quando quando quando”, la quale, tornando indietro nei primissimi anni Sessanta, portò il suo autore Tony Renis a vincere il Festival di Sanremo. Qui Bublé sceglie di duettare con Nelly Furtado e affida all’orchestra il compito di ovattare l’atmosfera.

 

Una delle vette dell’opera è certamente l’autografa “Home”, il primo singolo, un brano infatti strutturalmente più moderno dei precedenti, in grado di delinearsi in modo quasi cantautorale, ammiccando a un country pop elegante e sofisticato. Trovano poi spazio la beatlesiana “Can’t Buy Me Love”, arrangiata in modo intrigante e riletta con gusto e spirito lievemente swing, lo standard “The More I See You”, la celeberrima “Save the Last Dance for Me”, storico successo dei Drifters rivisto brillantemente in chiave latina, e “Try a Little Tenderness” di Otis Redding, spogliata della tensione soul e cantata come se fosse un delicato tema classico.

Non mancano le rivisitazioni di altre grandi firme: da “How Sweet It Is” (Holland-Dozier) a “I’ve Got You Under My Skin” (Cole Porter) e “You and I” (Stevie Wonder). Inoltre, a ribadire il suo amore per melodie più recenti il crooner canadese si incarica insieme allo special guest Chris Botti di rendere eterea e paciosa anche “A Song for You” dell’inarrivabile, eccentrico e mai troppo compianto Leon Russell.

 

«I miei nonni, in quanto italiani di seconda generazione, sono più italiani degli italiani in Italia. Poiché hanno lasciato il vecchio Paese molto tempo fa, hanno conservato le vecchie abitudini e tradizioni e le hanno tramandate a noi. Per questo condividiamo l'amore per la musica, il cibo e la famiglia». Estratto da intervista per today.com, 2011.

 

Ne ha fatta di strada in ormai trent’anni di carriera Michael Bublé, diventato uno degli artisti canadesi più famosi della storia con oltre settantacinque milioni di dischi venduti in tutto il mondo. La sua classe, eleganza e raffinatezza lo distinguono pure nelle recenti opere, Love (2018) e, soprattutto, Higher (2022), che contiene un bellissimo arrangiamento della ballata di Paul McCartney "My Valentine", prodotta dallo stesso ex beatle e una toccante collaborazione con Willie Nelson per la rilettura della sua “Crazy”. Niente male per un appassionato musicofilo che ci ha creduto fin da ragazzino, arrivando con sacrificio e rispetto a ricevere l’attenzione e la stima delle più grandi star del mondo dello spettacolo.