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REVIEWSLE RECENSIONI
It’s Still Now
Carolina Lee
2024  (Marzipan Records)
INDIE ROCK AMERICANA/FOLK/COUNTRY/SONGWRITERS
8/10
all REVIEWS
23/12/2024
Carolina Lee
It’s Still Now
Il gruppo tedesco Carolina Lee ci regala un secondo album meraviglioso. Volete fare un regalo a chi volete bene, se non a voi stessi? Eccolo servito. Una unica definizione può racchiudere tutti i brani dell’album: musica gentile e, sarà l’atmosfera natalizia, Dio solo sa quanto questo sentimento manchi a ciascuno e all’intero mondo.

Capita anche voi di trovare tra gli oramai infiniti dischi pubblicati qualcosa che vi spiazza? Un album che non corrisponde in alcun modo alle coordinate musicali che ci siamo forse auto-imposti ma che per qualche arcano motivo vi entra sotto pelle? Talvolta a me sì e ogni volta rimango stupito.

Non c’è niente da fare, come già scritto in una precedente recensione, aveva ragione Montale: un imprevisto è l’unica speranza.

Se potete quindi, fate come me, provate ad ascoltare e lasciatevi stupire da questo disco, It’s Still now, seconda prova del gruppo tedesco Carolina Lee, capitanato dalla cantante Nadja Carolina, che segue la pubblicazione del precedente Haunted Houses, rispetto al quale ritengo vi sia stato un salto qualitativo discreto.

 

Per inquadrare il genere penso possa trovare conferma il promo kit che presenta l’LP come un disco dalle sonorità intimistiche che richiamano sia le cantautrici degli anni '70, sia un certo dream pop degli anni '90.

L’impasto sonoro dei pezzi presenta infatti una strumentazione classica dei generi sopra citati: chitarra, basso, batteria (su cui si aggiunge una tastiera), su cui svettano le melodie cantate da Nadja Carolina.

Come al solito, ciò che rende un disco meritevole non è di certo la strumentazione utilizzata, ma il sound frutto dell’alchimia sonora tra i vari strumenti e, nel caso specifico, la notevole aggiunta del tono vocale, caldo e profondo, della cantante.

 

L'album inizia con la bellissima e malinconica, sia musicalmente che a livello di testo, "Letting go", brano che dischiude sin dall’inizio il mood dell’intero album. Vi assicuro che questo è un brano che si può ascoltare in loop per svariate e svariate volte e sempre rimanerle ammaliati: si passa dagli accordi inziali che si poggiano su di un drumming delicato, per sfociare nel ritornello che ti rimane immediatamente in mente.

Questa è infatti la caratteristica che colpisce nel susseguirsi dei diversi brani dell’album, tutto sembra al suo posto, le chitarre che intonano una melodia malinconia, gli assoli dei diversi strumenti mai fuori posto e volutamente contenuti, il canto di Nadja, che, come una nenia, ti culla.

Esempio di quanto sopra è la successiva "Change of Mind" che parte con un giro di tastiera (che accompagnerà tutto il pezzo) su cui, come un castello di carte, ecco aggiungersi di volta in volta gli altri strumenti, e da cui, come una increspatura sull’acqua, si genera un asciutto assolo di chitarra che (ri)lascia il campo ai vocals della cantante.

 

Il terzo brano, "Savvy Heart", ancora una volta stupisce per la dimensione intima con cui ci introduce a un crescendo musicale che presenta un ritornello accattivante seguito da una serie da un refrain chitarristico che conquista nella sua linearità.

Il successivo "Walk in the Park", ancora una volta, fa emergere la semplicità lirica di questo gruppo; avete in mente quei brani per cui si dice: mi sembra qualcosa che ho già sentito ma che, al contempo, suona come nuovo?

"If I Try", è il secondo singolo estratto dall’album, altro brano che ascolterei a iosa anche solo per il giro di basso con cui inizia; per la spiegazione del brano lascio spazio alle parole della medesima Nadja Carolina: "Ho scritto la canzone pensando alla mia famiglia, ponendomi la domanda su quanto possiamo vedere e capire di chi ci sta vicino. Il lavoro di cura della famiglia che collega le quattro generazioni citate nella canzone ci avvicina e ci tiene a distanza allo stesso tempo. Mia nonna suonava il mandolino da sola in una stanza dove nessuno poteva sentirla….[mi immagino] ad ascoltare e comprendere i sospiri delle madri e delle nonne e i miei stessi sospiri come qualcosa che non è ancora, ma che potrebbe diventare linguaggio. Almeno questo è il mio tentativo in '"f I Try". Condividere i miei pensieri ".  

 

Segue "One more day", che riporta a un eco delle produzione più dreamy della 4AD per poi virare verso un folk rock maggiormente seventy soprattutto nei corali che accompagnano l’esecuzione delle ritornelli.

Il disco si conclude con "Ahead of me", ancora una volta un brano memore di un songwriting che pesca nelle produzioni folk rock degli anni Sessanta/Settanta.

In conclusione, un album che già dalla copertina in bicromia stile Marc Rothko, arancione e rosso, ci ricorda che la bellezza del mondo dipende un pochino anche dalla semplicità di sguardo che portiamo sulla realtà.