Ci si chiede spesso se, nel music business, essere “figli di” costituisca un vantaggio o meno. Perché se è vero che, da un lato, l’erede di un musicista famoso ha sicuramente un accesso preferenziale al mercato e maggior attenzione mediatica, dall’altro, finisce quasi sempre per essere risucchiato in un meccanismo che non fa sconti, che impone scomodi paragoni con il più celebre genitore e instilla il sospetto, talvolta subdolamente, che, senza la raccomandazione o il pedigree, il giovane virgulto starebbe ancora strimpellando agli angoli delle strade.
Un quesito, questo, che ci si è posti anche prima dell’ascolto di It Won’t Always Be Like This, esordio del band irlandese degli Inhaler, gruppo capitanato da dal cantante e chitarrista Elijah Hewson, figlio di una star di prima grandezza come Bono Vox, frontman degli U2. Figlio di papà o talento meritevole di assurgere agli onori delle cronache? Il dilemma, nello specifico, aveva già perso peso nel corso degli ultimi anni, quando la pubblicazione di alcuni singoli aveva fatto intravvedere la caratura di una band che, oggi, con la pubblicazione del primo full length, è sotto gli occhi di tutti.
I quattro ragazzi di Dublino (oltre al giovane Hewson ci sono anche il bassista Robert Keating, il chitarrista Josh Jenkinson e ilbatterista Ryan McMahon), infatti, dimostrano di avere le idee chiarissime, di aver lavorato con intelligenza su uno stile ben definito e di avere frecce acuminate all’arco del proprio songwriting. Insomma, gli Inhaler sono stati bravi a costruire solide fondamenta e a fare il grande passo al momento giusto.
Il risultato è, quindi, un album fresco e avvincente, che declina in chiave indie, ma non troppo, la materia del pop rock, con qualche accento post punk (vengono in mente, talvolta, gli Editors, almeno quelli con le chitarre) e qualche inevitabile ammiccamento agli U2, dovuto soprattutto al timbro vocale di Elijah, che ricorda molto da vicino quello del padre quando aveva la stessa età.
La pimpante title track apre il disco facendo capire subito di che pasta sono fatti i quattro irlandesi: equilibrio perfetto fra sintetizzatori e chitarre, sezione ritmica martellante e un ritornello ottimo per i singalong sotto il palco. La successiva My Honest Face, trainata da un potente giro di basso e da un drumming deflagrante, tiene alto, in chiave post punk, il tasso energetico, che poi rallenta con la successiva e accattivante Slide Out The Window, ballata un pò ruffiana che ammicca agli ultimi U2.
Dopo la tripletta iniziale, che certifica fin da subito la qualità dell’album, il disco non solo si mantiene agli stessi livelli, ma addirittura migliora. Cheer Up Baby, primo singolo tratto dall’album, vede la band alle prese con un suono più indie e mainstream, rispetto a quello più profondo e atmosferico che informa la maggior parte della scaletta, When It Breaks è un’affilata e nervosa scorribanda post punk (Editors e Bloc Party i numi tutelari), mentre Who’s Your Money On? spinge verso il dancefloor grazie a un adrenalinico groove funky.
Chiude In My Sleep, il miglior brano del lotto, un finale rabbioso, cupo, caotico, pervaso di disperata tensione, che dimostra l’abilità della band a tener saldo il volante anche quando l’acceleratore è pigiato a tavoletta.
It Will't Always Be Like This è il notevole album di debutto di una band abile nel creare canzoni energiche, atmosferiche e, a volte, aggressive, che sanno essere al contempo classiche e indie, vibranti e piacevolmente melodiche. Nessun album è perfetto, e questo non fa eccezione; tuttavia, nonostante qualche ingenuità nel citare i propri debiti artistici, gli Inhaler posseggono una consapevolezza che poche band esordienti palesano. Personalità, grinta, buone idee e il furore della gioventù. Il resto, col tempo, arriverà.