Al netto delle acclarate difficoltà per le donne a farsi strada nel mondo della musica, è un dato oggettivo che, mai come in questi ultimi anni, la proposta al femminile nel nostro paese non è mai stata così alta, sia in quantità che in qualità: Daniela Pes, Bluem, Marta del Grandi, Maria Chiara Argirò, Sara Parigi, Marta Tenaglia, sono solo alcuni dei nomi di artiste che hanno saputo realizzare lavori innovativi e fantasiosi, in linea con la sensibilità contemporanea e (particolare non da poco visto come siamo conciati musicalmente) perfettamente in grado di essere apprezzati oltre confine.
Per cui nessuno stupore ed anzi, rinnovata gratitudine, di fronte all’esordio di Giulia Impache, che si muove esattamente sulle stesse coordinate e che, anzi, potrebbe anche essere in grado di offrire qualcosina di più.
IN:titolo esce per i tipi di Costello’s, una label che ha sempre mostrato grande interesse per le soluzioni più eclettiche e fuori dagli schemi (dopo tutto ha nel proprio roster sia Marta Tenaglia sia lo Studio Murena). Prodotto da Jacopo Acquafresca e Andrea Marazzi, che vi hanno anche suonato sopra rispettivamente chitarra e basso, oltre ad essersi occupati entrambi delle tante stratificazioni di elettronica che abbelliscono i vari episodi, questo lavoro offre una declinazione del Pop che fino ad ora è stato davvero raro, se non impossibile, ascoltare in Italia.
Una vocalità espressiva e tecnicamente validissima, filtrata da molteplici effetti e a tratti resa irriconoscibile, come il velo che copre il volto dell’autrice nella bella copertina di Luce Berta, in una sorta di evocazione simbolica di quelli che saranno i contenuti che troveremo nel disco. Melodie spezzate o appena accennati, ritmi irregolari e frequentemente interrotti da beat ed altri accorgimenti elettronici, secondo schemi già utilizzati da Arca e FKA Twigs. Una forma canzone portata oltre in territori di Art Pop estremo sulle orme di Julia Holter o Jenny Hval. L’inserimento, qua e là tra le canzoni, di divagazioni strumentali Free Form come se si trattasse di un album di Jazz d’avanguardia.
Giulia Impache ha inserito tutto questo in un unico disco, che oltretutto è il suo primo, e direi che basterebbe questo a giustificare un invito urgente all’ascolto.
In più, l’artista piemontese ha dalla sua anche delle canzoni che, anche quando il lavoro di arrangiamento e produzione rischia di metterne in secondo piano gli elementi più immediati, riescono ugualmente a svettare con la loro potenza melodica ed evocativa.
Ne risulta un disco certamente complesso ma che allo stesso tempo non manca di una certa immediatezza, come ad esempio in “Occhi”, che possiede un afflato lirico in linea con la tradizione melodica italiana, o “Life is Short” (l’utilizzo misto di inglese ed italiano è un altro aspetto che rende così interessanti queste canzoni), una ballata incentrata sulla chitarra e tutto sommato tradizionale nelle linee di sviluppo, nonostante il vestito elettronico della seconda parte.
Notevoli, tra gli episodi più sperimentali, il Synth Pop notturno di “(I’m) Looking (for) Life, che quando rallenta il ritmo mette in mostra una base strumentale irregolare ed in continuo mutamento; e poi “Quello che (outside)”, con un Synth dissonante ed una voce fortemente trattata con echi ed effetti vari. A chiudere, il triste commiato di “Sailor (for fin)”, piano e voce, elettronica pulviscolare in sottofondo ed un finale con una melodia vocale di straziante bellezza, annegata in un mare di glitch.
Sarà difficile portare tutto questo dal vivo ma ci auguriamo comunque di vederla al più presto in azione.