Ciao Tony, sono molto felice di poter parlare con te, ho sentito il nuovo album, davvero molto interessante e… diverso!
Grazie, ne sono felice!
Da dove arriva l’idea di un album acustico? Immagino sicuramente dal tour acustico del 2016, ma magari ci sono anche altre ragioni… sembra quasi un regalo speciale pensato per i vostri fan!
Si, mi ricordo che prima di tutto abbiamo pensato che sarebbe stato divertente realizzare altre canzoni in acustico. Già nel 2000/2001 credo, quando abbiamo registrato la versione acustica della nostra canzone “Mary-Lou” mi ha entusiasmato e ne avrei volute proporre molte altre in questa versione, ma non è accaduto fino al 2011, con il DVD Live in Finland, che includeva una parte acustica nel mezzo della setlist. In passato abbiamo giocherellato con le chitarre acustiche qui e là, ma non si trattava mai di interventi su larga scala. Nel 2014 abbiamo fatto alcuni festival estivi approcciati completamente in acustico in Finlandia, ma si trattava di normali festival rock in cui noi abbiamo suonato in acustico. Quella era stata una grossa sorpresa, non solo per i fan, ma anche per gli stessi organizzatori dei festival, perché non avevano letto il contratto che avevano firmato! Ma gli show sono piaciuti a tutti ed è stato molto divertente. Poi, intorno al 2017-2018, abbiamo iniziato a pensare che sarebbe stato interessante realizzare qualcosa di acustico su larga scala e abbiamo iniziato a parlarne con il nostro management e la nostra booking agency. L’idea era quella di andare in tour in acustico: sapevamo già che il vero obiettivo sarebbe stato realizzare un album, ma prima di andare in studio dovevamo convincere la nostra etichetta e molte altre persone che quella fosse una bella idea, e lo abbiamo fatto grazie al tour. Ci hanno dato l’ok e in Europa i nostri referenti di Nuclear Blast e poi di Atomic Fire sono venuti a vedere lo show e gli è piaciuto. Le canzoni sono leggermente diverse in acustico, abbiamo creato molti arrangiamenti e le abbiamo trasformate i qualcosa di nuovo. Ci hanno dato così l’approvazione per entrare in studio e realizzare l’album e, dato che ci siamo ritrovati con un’ora e mezza di registrazione, è stato facile decidere che avremmo pubblicato due album. Vol 1 e Vol 2 sono stati registrati nella stessa occasione, ma il secondo album sarà pubblicato successivamente, sempre quest’anno.
Sicuramente la componente melodica, i cori e la voce sono parti molto rilevanti in quest’album. Hai lavorato da solo nel definire gli arrangiamenti o c’è stato qualche ingrediente magico apportato da ciascun componente della band?
Abbiamo dovuto suonare anche strumenti con i quali non avevamo molta familiarità. Elias, ovviamente, aveva già suonato la chitarra acustica prima, ma non quanto una chitarra elettrica. Ciascuno è stato molto libero di inserire qualsiasi cosa suonasse bene in quest’album. Di base siamo tornati all’origine di ciascuna canzone, abbiamo tolto gli elementi extra, e aggiunto qualsiasi componente apparentemente in linea, “naturale”. Io sono sempre stato un compositore tradizionale, tutte le mie canzoni sono basate sulla formula “pop”, composte da strofa, pre-ritornello, ritornello e così via, questo è il modo in cui io solitamente approccio la scrittura dei testi: la melodia è sempre al primo posto, tutto il resto è secondario per me. Questo ha reso la creazione delle versioni acustiche molto più semplice: all’interno di una certa cornice tutti erano liberi di suonare ciò che sentivano giusto, in linea. Ci sono arrangiamenti fatti da me, altri fatti dagli altri componenti della band. Alcune delle tracce si sono rivelate più semplici da riprodurre mentre altre hanno richiesto molto più lavoro, come “The Rest of The Sun Belongs To Me”, della quale abbiamo anche pubblicato un lyric video. La canzone originaria era una bonus track dell’edizione giapponese di Winterheart's Guild (2003), davvero molto Power Metal: gli assoli di tastiera e chitarra sono stati i primi ad essere eliminati perché impossibili da riprodurre in acustico, sarebbe stato terribile! Quindi abbiamo dovuto arrangiare il tutto e parzialmente comporre da zero delle parti per far sì che tutto funzionasse… e si è rivelata davvero bella. È una delle mie versioni preferite nell’album.
Come avete scelto le canzoni? Ne avete pubblicate tantissime…
Si, abbiamo scritto più di 100 canzoni, ma fortunatamente abbiamo selezionato quelle suonate in tour. È stato facile quindi, abbiamo lasciato fuori qualche brano e ne abbiamo arrangiati alcuni, insomma, è stato più o meno come creare una setlist. Devi includere alcune canzoni per forza di cose, alcune perché le persone le vogliono ascoltare, altri pezzi perché sei tu che li vuoi suonare a tutti i costi, e altre ancora perché non puoi lasciarle fuori, come “Full Moon”, che apparirà nel secondo volume, e “Tallulah”, che abbiamo inserito nel primo. È stato un bel processo e ci dispiace ovviamente che tantissimi brani si siano dovuti escludere.
Beh, ma c’è tempo!
Esatto, magari in futuro pubblicheremo altri volumi di Acoustic Adventures, ne saremmo felici.
Nell’album troviamo anche strumenti inusuali, come il banjo e l’organo.
Si, diversi anni fa Elias ha comprato un banjo, ed è stato divertente. Quando stavamo pensando a “A Little Less Understanding”, per esempio, ci ha spedito la demo dicendoci “Hey, sto facendo esperimenti con questo banjo nell’intro…” e wow, suonava così bene! È stato divertente! Troviamo molto banjo anche in “Paid In Full” perché conferisce un’impronta molto felice e gioiosa. Adoro questo strumento ed è divertente averlo utilizzato nelle tracce: sottolinea molto bene la componente acustica. Utilizziamo anche un basso acustico e un violoncello e altri strumenti extra, inseriti qui e là. L’organo l’abbiamo usato molto anche in altri album dei Sonata Arctica, ma in un altro modo.
Qualche storia da raccontare in merito alla registrazione dei due album? È stata un’unica registrazione, ed è accaduto nel 2020, durante il lockdown?
Si, durante il lockdown, ma abbiamo lavorato con un piccolo gruppo di persone, la band e il nostro sound engineer che abita accanto a noi e che ha prodotto l’album con noi, è stato molto semplice. Piacevole e semplice.
Torniamo al 2018, ero in macchina e vi stavamo raggiungendo ad una delle date del Leyendas Del Rock in Spagna, ma, causa un piccolo problema al radiatore, non siamo mai arrivati in tempo per il vostro concerto, un disastro! Poi era previsto il vostro concerto in Italia, ma c’è stato il lockdown! Sicuramente riuscirò a rivedervi in concerto il prima possibile, ma cosa ci racconti di quel festival in Spagna? Non avete suonato in acustico, vero?
No, non abbiamo mai suonato in acustico al di fuori della Finlandia!
C’è un paese, un festival o una location dove vorresti tornare a suonare il prima possibile?
Qualsiasi posto va benissimo. A volte i nomi delle location cambiano, ma ci sono venues molto belle in Italia e in Europa. Di solito sono molto felice di suonare in location nuove, queste sarebbero sulla mia lista per prime, ma in Europa ci sono posti fantastici. È spaventoso pensare a cosa sarà successo in questi due anni, ma speriamo siano ancora lì ad aspettarci.
Sicuramente vi stanno aspettando! Avete condiviso il palco con band molto importanti, ci racconti l’emozione degli inizi?
Ad esempio il tour Stratovarius + Rhapsody + Sonata Arctica nel 2000? Eravamo nervosi all’inizio, ma sono stati tutti così gentili e ci hanno trattato così bene. È stata davvero una bella lezione per noi su come vorresti e dovresti trattare la tua band di supporto: è qualcosa che poi abbiamo messo in pratica a nostra volta. Ci hanno fatti sentire i benvenuti. Era strano ed eravamo davvero agitati all’inizio, ma si è creata molto velocemente una bella amicizia con gli Stratovarius e anche con tutti i componenti dei Rhapsody. È bello e incredibile fare da spalla a dei giganti. Siamo stati in tour anche con i Nightwish, più volte, e si è sempre ricreata la stessa atmosfera positiva: siamo diventati tutti amici. È sempre fantastico andare in tour con loro, anzi, farei la firma per andare con loro in tour per sempre! Abbiamo creato un bel gruppo! Inserirci in questo tipo di tour ci dà modo di visitare posti che da soli non raggiungeremmo.
Qual’è stato il tuo primo approccio alla musica, com’è iniziato tutto, come ti sei innamorato della musica e ti sei imbarcato in questa avventura?
Nella mia famiglia tutti ascoltavano la radio, non abbiamo mai avuto strumenti in casa, ma quando avevo 8 anni mia sorella minore ricevette una tastiera in regalo. Non la toccò nemmeno e io non ero autorizzato ad usarla, non volevano proprio sentirmi suonare! La rubai e iniziai a strimpellare. Ero piccolo, ma diciamo che la musica è sempre stata parte della mia vita e che in qualche modo era dentro di me. Racconto sempre una storia su quando avevo 3 o 4 anni, ero alla fermata del bus insieme ai miei genitori e stavamo andando dai nonni. Stavo giocando nella neve e un gentiluomo che aspettava a sua volta il bus mi chiese “Hey giovane uomo, cosa vuoi diventare da grande?” e io risposi “Sarò un cantante!”, “Oh, sarai un cantante di Opera?”, “No, sarò un cantante rock!” e in qualche strano modo ho avuto quello che pensavo di volere quando ero un bambino. Non ho studiato e non mi sono adoperato per diventare un cantante ma è successo e sono davvero stato fortunato: la musica è sempre stata importante per me. Solo più tardi mi sono davvero impegnato di più nell’imparare a suonare e a cantare e sono diventato davvero fan di qualche band. A 11 anni ci fu la scoperta dei Queen: è stato incredibile per me, mi sono innamorato di quella band, il mio primo amore a livello di musica! Mi piacevano molte canzoni, ma erano canzoni che ascoltavano i miei genitori: ma con i Queen ho iniziato a creare la mia identità musicale.
Cosa consiglieresti ad una band che sta approcciando ora il panorama musicale? Dimenticandoci per un attimo della pandemia.
Penso sia stato Blackie Lawless degli W.A.S.P. a dire “è meglio lasciare che sia la musica a sceglierti”, non cercare di essere tu a scegliere la musica come professione. Ed è quello che è successo a me. Suggerirei di vivere la musica come hobby, anche gestendolo in modalità super seria, facendo tour, ma senza considerarla la tua principale occupazione, almeno finché non sarai sicuro di riuscire a vivere di musica, altrimenti potresti ritrovarti deluso e scoraggiato. Dobbiamo ricordarci che la musica è anche un magnifico hobby, probabilmente il migliore che ci sia al mondo. Quando la musica diventa la tua professione, suoni per vivere e perdi quella sensazione, quell’innocenza, quel desiderio di suonare solo per divertirti, la sensazione bellissima che scaturisce quanto suoni un accordo, ne trovi un altro subito dopo, e ti accorgi che stai componendo una canzone. Se diventa un lavoro, alla fine stai lavorando: guadagni e perdi qualcosa nello stesso momento! Se lasci che sia la musica a sceglierti e se sei la persona giusta per la musica, beh è davvero una professione meravigliosa! Siamo fortunati, viaggiamo molto, vediamo posti che non avremmo mai immaginato di visitare. Sono davvero stato molto molto fortunato: è qualcosa che non posso dare per scontato e ancora oggi non posso credere che io stia facendo quello che sto facendo. Sto parlando con te e sto facendo un’intervista, dopo aver pubblicato un album acustico, ed è tutto incredibile; quindi: attenzione a quello che desideri! Può accadere. Ora con la pandemia quella del musicista non è assolutamente una professione sicura, se vivi di tour: beh è difficile!
Ma ci aspettiamo presto un tour, giusto?
Si, lo spero! Abbiamo in previsione in aprile un festival in Sudamerica. In Finlandia la situazione non è assolutamente buona al momento, registriamo 10.000 persone contagiate al giorno e prima di Natale erano meno di 1.000, è esploso il contagio; ma penso che se la diffusione è veloce, potrebbe essere veloce anche la discesa, speriamo che presto la situazione torni sotto controllo.
Nei posti caldi forse potrebbe esserci una situazione migliore, speriamo arrivi presto la primavera! Ho fatto un’intervista ad un altro artista in Finlandia la scorsa settimana e mi ha parlato dell’inverno freddo che state affrontando…
Si, speravamo che il freddo che c’è qui avrebbe ucciso il virus ma non è così, perché in realtà stiamo sempre al chiuso e questo non aiuta, ma sono speranzoso, sono certo che l’estate ci aiuterà a vedere la fine di questa pandemia
Cosa ti manca di più della vita in tour?
Viaggiare è di solito la cosa più faticosa della vita in tour. Alzarti presto, stare seduto sugli aerei per ore, ma mi mancano i momenti sul palco, vedere il pubblico felice e sorridente, mi manca anche l’atmosfera che c’è in tour, specialmente quelli vissuti in night-liner! Hai praticamente la tua casa che viaggia con te tutto il tempo, ti svegli in un posto nuovo ogni giorno, è una sensazione speciale e qualcosa che non avrei mai immaginato che mi sarebbe mancata un giorno. Prima di questa pandemia stavo iniziando a sentirmi un po’ stanco, avevo bisogno di una piccola pausa, ma ora sono davvero pronto per i prossimi 25 anni di Sonata Arctica! Sembra brutto da dire forse, ma in qualche modo questa pandemia mi ha permesso di ricaricare le batterie.
Ora direi che siamo pronti per tornare alla normalità! Spero in un tour in Italia, presto. Questa volta cercheremo di non rompere la macchina e arrivare in tempo! Grazie mille per il tuo tempo e per i tuoi racconti!
Mi raccomando! A presto!