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REVIEWSLE RECENSIONI
14/12/2023
Fulminacci
Infinito +1
Filippo Uttinacci, detto Fulminacci, è emerso dalla scena di Roma quando l’It Pop era all’apice del successo commerciale, ma in realtà gioca in un altro campionato, unendo il modello di scrittura di Francesco De Gregori e Daniele Silvestri con una vena Pop fresca e irresistibile, con le punte giuste di cabaret e teatro canzone. Il suo nuovo "Infinito +1" si conferma come un ulteriore passo avanti nella sua carriera un grande disco di musica italiana.

Per la serie: “Quando tutto questo finirà rimarranno solo gli artisti veri”, Fulminacci è sicuramente uno di quelli che ce la faranno. Uscito indenne da Sanremo (e non era scontato) la più fortunata scoperta di Maciste Dischi dopo Gazzelle ha anzi beneficiato largamente dal festival: vi ha partecipato portando una canzone che omaggiava in maniera intelligente la nostra tradizione popolare e ha guadagnato una larga fetta di pubblico generalista senza tuttavia pagare pegno ad uno snaturamento della proposta.

Adesso occorre ripartire e non si tratta di una sfida facile: in uno dei primi singoli, “Ragù”, gioca la carta dell’ironia, esplicitando la necessità di costruire una hit per tenersi buono proprio quel pubblico generalista conquistato nell’ultimo anno e mezzo. Un’impresa probabilmente impossibile, come ha lui stesso dichiarato di recente, e insieme il dilemma universale dell’arte tutta, non solo di quella musicale: conciliare le pretese degli ascoltatori colti e preparati con le necessità di coloro che non hanno mai costruito e affinato un proprio gusto.

Se c’è uno che potrebbe essere in grado di farlo, tuttavia, è proprio lui: Filippo Uttinacci è emerso dalla scena di Roma quando l’It Pop era all’apice del successo commerciale e forse è per questo che, complice anche l’etichetta che lo ha pubblicato, è stato rubricato frettolosamente in quel filone. La verità è che gioca in un altro campionato, per utilizzare una metafora fin troppo abusata: radici ben salde nel cantautorato della capitale, Francesco De Gregori e Daniele Silvestri assurti a modelli di scrittura imprescindibili, nello stesso tempo una vena Pop fresca e irresistibile, con le punte giuste di cabaret e teatro canzone.

 

Infinito +1, concetto paradossale utilizzato come metafora di un ideale ritorno alla semplicità dell’infanzia, è il disco che dovrebbe provare a conciliare questi due aspetti, elaborandone una sintesi definitiva. Per quanto mi riguarda ci riesce benissimo, ma non lo vedo come un così radicale passo avanti rispetto al precedente: Tante care cose era già potentissimo, questo aggiunge poco, se non un’altra manciata di grandi canzoni, che consacrano questo non ancora trentenne nel novero dei grandi artisti di casa nostra.

A ben vedere solo lui sarebbe riuscito a coinvolgere nei featuring due nomi così agli antipodi, Pinguini Tattici Nucleari e Giovanni Truppi, e a sembrare rilassato e a proprio agio con entrambi. Coi primi realizza il Pop da manuale di “Puoi”, ritmata e divertente, dove le vivaci immagini da quotidianità disincantata tipiche di Zanotti si mischiano con l’improbabile citazione smithsiana del ritornello. Con Truppi, che è stato forse il primo a riproporre e a rielaborare il cantautorato negli anni feroci dell’It Pop, scrive “Occhi grigi”, una ballata pianistica intensa e malinconica, l’ultimo saluto di una coppia che prende coscienza che nella propria relazione non c’è nulla da salvare, e che è comunque contenta di quel che c’è stato.

 

Il resto del disco oscilla tra questi due poli, la scrittura “alta” ed il Pop da classifica, lasciando ancora una volta stupiti per quanto riesca ad essere convincente cimentandosi con entrambe le ricette.

Il pezzo forte è probabilmente “Baciami”, che riprende il ritmo serrato e incalzante della vecchia “Tommaso” ma che se possibile funziona ancora meglio, trascinante nelle progressioni armoniche delle strofe, assolutamente esplosiva nel ritornello. Un potenziale commerciale altissimo pur senza rinunciare ai propri stilemi, perché il testo contiene davvero troppe parole per pensare che potrà essere cantata agevolmente dal pubblico.

L’iniziale “Spacca”, i singoli “Tutto è inutile” e “Filippo Leroy” rimpinguano la quota ironica e vagamente cabarettistica, con la voce che si muove ai confini con l’Hip Hop e la musica che vive della forte spinta della sezione ritmica. 

 

Personalmente preferisco il Fulminacci cantautore e bisogna dire che quando si butta all’inseguimento dei suoi modelli, Filippo non ha davvero eguali. “Simile”, “Così cosà” e “La siepe” (quest’ultima impreziosita da un bel solo di kazoo) sono canzoni di livello altissimo, senza dubbio debitrici del songbook di De Gregori ma mai appiattite sulla mera scopiazzatura; la dimostrazione, insomma, che essere derivativi non è un peccato mortale e che si può avere voce in capitolo anche senza per forza dire qualcosa di nuovo ogni volta.

Infinito +1 è un grande disco di musica italiana: insistere nel considerare Fulminacci come un ragazzino inesperto figlio dell’It Pop sarebbe un errore gravissimo. Rispetto al suo compagno di etichetta Gazzelle, senza nulla togliere, c’è un abisso infinito, fatto di ampiezza di riferimenti e possibilità espressive. Quando tutto sarà finito, quando la nuova moda del momento imperverserà su classifiche e ascolti, Fulminacci ci sarà ancora e sarà una presenza solida. Gli artisti, quelli veri, sono questa roba qui.