Seconda uscita sotto forma di EP per Nikkal, nome d’arte del polistrumentista torinese Luca Brusa, ad un anno di distanza dal precedente Nauta. Sorprende la freschezza e la maestria con cui ci immergiamo nei quattro brani di Indiges trovandoci incastrati tra la bontà delle melodie, realizzate da voce eterea o da qualche sintetizzatore, e una capacità produttiva fuori del comune, che riesce a far tenere sempre viva l’attenzione.
Nikkal è un’autentica sorpresa e, curiosando nella sua biografia, si colgono le origini di questi aspetti vincenti, tra cui il suo approfondimento nella registrazione di suoni naturali e la totale gestione di ogni aspetto legato alle musiche e ai video, con la sola eccezione di master e grafiche. Uno di quei personaggi con tanto da dire e che sono in continua evoluzione.
Siamo in un territorio di suoni ibridi, tra ritmiche incalzanti e dal sapore spesso tendente al jazz, mischiate a synth bass che strizzano l’occhio ad un’ipotetica simulazione di un basso vero e “fat”, leggermente spostato negli anni Sessanta. C’è però anche un costante richiamo al futuro, all’elettronica che verrà, il tutto messo al suo posto grazie al suono etereo dato alla sua voce, sempre sfacciata, tra il medioso e il falsetto.
Difficile trovare appigli e riconoscimenti, ispirazioni, individuare con chiarezza gli elementi che mi piacciono in modo particolare e quelli che mi calmano, nel territorio della piena originalità. Questo succede sia nella opening track “Sunny Lighthouse”, autentica perla di uno sporco dream pop, sia nella seguente “Aberration”, un lamento pop che tiene al guinzaglio l’ascoltatore grazie ad una ritmica ed un arrangiamento decisamente azzeccati.
Nella seguente “Waves” si dilatano le atmosfere ma non le tensioni, grazie ad un free drumming che comincia in primo piano fino quasi a scomparire, lasciando spazio sia ad altro sia all’eco del suo sapore, negli accordi larghi e nelle melodie appoggiate e calate nel reverbero. Gli arpeggiatori risvegliano dai pensieri in cui le parole ci spingono. Bello e accurato il lavoro sulla voce, le armonie e il relativo suono che si sposa perfettamente con l’ambiente sonoro.
“We emanate waves. Variation in the space between us. We are life and disagreements” ci leggo “file” al posto di “life” e colgo un aspetto che collega la vita presente al futuro, le onde che ci mettono in correlazione col passato e con le quali facciamo costantemente i conti, e temo di aver colto il centro.
Nel frattempo è partita “Anima”, che chiuderà l’EP: un’educata cavalcata in uno spazio deserto e appena praticabile, una piccola strada a strapiombo in un paesaggio chiaro, tutto uguale ed indefinito.
Indiges è un viaggio sonoro che riporta alla mente quel geniaccio dell’elettronica che è Pole insieme al viaggio tutto d’un fiato che mi sono fatto nell’ascolto del suo Fading, capolavoro surrealista di un paio di anni fa.
Sono alla fine e sono soddisfatto, con un pizzico di quello shock tipico di quando si è subito uno strattonamento, sonoro e fisico.
Ne sentiremo parlare, mi auguro.