“Incantesimi nelle vie della memoria” di Giuseppe Gallato parla della potenza della mente e del suo infinito espandersi oltre i confini imposti dalla realtà. La raccolta di racconti tratta infatti della dicotomia tra reale e irreale e del tema del sogno, declinandolo nelle varie accezioni che gli sono proprie: dalla figura del corpo onirico, al fenomeno della proiezione astrale fino all’utopia del sogno lucido.
Parlaci innanzitutto della scelta del titolo del tuo ultimo libro: Incantesimi nelle vie della memoria perché?
Il titolo Incantesimi nelle vie della memoria si riferisce a uno dei racconti presenti nel libro, ma al contempo si tratta di un concetto molto vasto che ritorna in tutte le altre storie. I dieci Incantesimi che presento sono dei varchi, dei mondi possibili e immaginabili le cui trame si sviluppano in una terra di confine tra realtà e fantasia, sul margine sottile di quella linea astrale-onirica dove condizionamenti psicologici, esperienze di vita e paure si fondono a vari livelli. Un confine inscindibile tra due mondi, mai nettamente distinto, che spesso rischia di disorientarci, ingannarci e confonderci. Quindi, la parola “Incantesimo” ha molteplici chiavi di lettura che sfociano in simbolismi e metafore legate non solo al sogno in sé, ma anche al risveglio dell’identità, alla rinascita della coscienza e, in ultima analisi, alla potenza dell’amore.
Qual è il racconto a cui ti senti maggiormente affezionato e per quale motivo?
In realtà amo tutte le mie storie: ognuna di esse rappresenta un lato importante della vita, manifestazioni, espressioni e sensazioni non scindibili dall’essere umano. Ma se proprio dovessi scegliere, direi che mi sento più affezionato al racconto da cui prende il titolo l’antologia: una storia a cui sono particolarmente legato sia per la componente simbolica presente e sia per lo stile utilizzato, dalle molte sfumature psicologiche e dalle tante contaminazioni filosofiche. In Incantesimi nelle vie della memoria narro le vicende di Terzo: un Viaggiatore onirico che attraverso il sogno vaga alla ricerca della coscienza perduta, al fine di padroneggiare l'Incantesimo – l’ultimo stadio del piano astrale – una forza che userà a proprio vantaggio per salvare la sua amata, rimasta intrappolata in una sorta di limbo tra la vita e la morte. L’Incantesimo qui è portato al suo significato assoluto: l’incursione nella più profonda dimensione mentale della percezione, l’acquisizione dell’ultima localizzazione riflessiva interiore, l’estensione della coscienza fino ai limiti della coscienza stessa. Così come spiego in uno dei passi più significativi non solo del racconto, ma dell’intera raccolta:
“I Viaggiatori onirici sanno come spostarsi oltre il tempo e lo spazio, e penetrare coscienti nella quinta dimensione della natura, nella regione astrale ultima. Per fare ciò, gli iniziati utilizzano la bilocazione onirica, una potente chiave che, se padroneggiata interamente, consente al Viaggiatore di andare oltre lo sdoppiamento astrale, risvegliando la propria entità interiore. Coloro i quali sono capaci di tale potere, hanno la possibilità di accedere all’Incantesimo – l’intermezzo di tutte le regioni oniriche – e acquisire poteri smisurati…”
Cos’è il mondo onirico per un non addetto ai lavori? Una dimensione parallela dell’Es o un nostro sviluppo di ciò che vorremo essere o niente o parte di tutto questo?
Qui dovrei aprire una lunga parentesi per spiegare cos’è il mondo onirico per diversi studiosi, ma cercherò di essere il più breve possibile, menzionando solo le concezioni più conosciute in tale campo: la Freudiana, quella del “causale”, e la Junghiana, quella del “fine”. Per Freud il sogno è un tentativo di appagamento di un desiderio rimosso o represso: certi moti pulsionali, cioè, non potendo essere soddisfatti nella vita “cosciente” riemergono durante la notte. Secondo lo studioso, la realtà materiale non fornisce criteri di giudizio, perciò questa stessa realtà potrebbe essere diversa da come viene percepita dai nostri sensi. Il sogno allora può rivelarci un desiderio inconscio, e questo perché nella matrice ultima tutti gli eventi hanno un senso se sono collegati con l'inconscio. Ecco perché per Freud "solo ciò che ha senso può entrare nel sogno", e per questo ogni immagine deve essere correlata con una concatenazione di altre immagini. Il sogno diventa una sorta di compromesso fra le esigenze dell'inconscio e del conscio. Per Jung, invece, anche se sussiste sempre una lotta tra l'inconscio e la coscienza, c’è un’importante differenza: non è il soggetto che lancia un messaggio a se stesso, ma l'inconscio rivela se stesso e parla con il soggetto attraverso l'intero genere umano. Nel sogno, in sostanza, è l'inconscio collettivo che ci parla, e questo ci suggerisce qualcosa, ci indica una via da seguire, ci guida verso il confine, verso un’altra realtà, verso l'oltre. A quale concezione tendo maggiormente? A quella junghiana, dato che qui il sogno invia al sognatore un messaggio delle potenze dell'inconscio, mentre il conscio – seppur con tutte le resistenze – ha tutto l'interesse a decifrare questo messaggio, coglierne le linee essenziali.
In questo senso si tende ad attenuare le separazioni tra i piani di realtà, si tende al legame di un piano all'altro.
Il tuo stile di scrittura è figlio di un processo naturale o per la genesi di “Incantesimi nelle vie della memoria” hai dovuto affrontare più fasi di revisione del testo?
Nel corso degli anni, da quando ho iniziato a condividere con il mondo esterno i miei scritti, ho avuto la fortuna di essere stato insignito subito di diversi riconoscimenti: vincere concorsi legati al mondo del fantasy con queste storie e, soprattutto, ricevere critiche positivo-costruttive, è stato più che motivante. Questa è una delle ragioni che mi ha portato a dare vita a Incantesimi nelle vie della memoria, un libro che raccoglie al suo interno alcuni dei racconti premiati. Ma, seppur questi sono uniti da un medesimo filo conduttore, quale l’onirismo – tema che ricorre spesso in tutta la mia produzione letteraria –, il libro ha dovuto affrontare diversi passaggi di revisione per poter uniformare al meglio anche stile e lessico.
Che disco consiglieresti di ascoltare mentre si legge il tuo libro?
Questa è proprio una bellissima domanda, ti ringrazio per avermela posta. Scrittura e musica sono delle anime nobili ed eterne che dialogano dentro di me durante il processo creativo, anime che si ispirano ininterrottamente a vicenda. Queste due sfere hanno la straordinaria capacità di affinare la mente, di librare i pensieri, di dialogare con l’essenza di ciò che è e di ciò che ancora non è, di mettere in comunicazione il reale con l’irreale. Riescono insomma a elevare la mia capacità creativa oltre ogni limite. Spesse volte, prima di iniziare a scrivere, mi siedo al pianoforte e mi lascio trasportare… alla ricerca di una scintilla, dell’ispirazione. Altre volte, invece, succede l’esatto contrario: sono le mie stesse storie che mi suggeriscono le note atte a dare vita a splendide sinfonie. A chi legge Incantesimi nelle vie della memoria consiglio le stesse musiche che ho ascoltato – assimilato e interiorizzato – durante la loro stesura. Dai Nightwish alle composizioni di autori famosi come Hans Zimmer, in particolare le OST dei film Oblivion, Interstellar, Inception, Pirati dei Caraibi, Batman vs Superman, The Dark Knight, The Lord of the Rings, Il Codice Da Vinci.
Ma in fondo scrivere potrebbe essere un diverso modo di sognare?
Scrivere crea varchi verso altri mondi esattamente tanto quanto sognare! Per me la scrittura è un potente strumento che ci consente di dialogare con noi stessi, di conoscerci, di riflettere la propria individualità, di trasmettere le proprie esperienze, il proprio vissuto attraverso parole e trame. Scrivere, così come sognare, è un mezzo attraverso il quale è possibile dare a straordinari e imprevedibili incanti.
Chi è Giuseppe Gallato nella vita di ogni giorno?
Per chi non mi conosce, parlando di professione, al di là dell’insegnamento sono fondamentalmente un redattore e giornalista, quindi oltre a scrivere per passione, lo faccio anche per lavoro. Sono laureato in Filosofia e questo è uno dei motivi principali per cui prediligo molto leggere, oltre ai romanzi storici, horror e fantasy, saggi di matrice filosofica; amo alla follia l’universo lovecraftiano e lo stile adrenalinico dello scrittore australiano Matthew Reilly. Sono un Master di Giochi di ruolo, anche se l’altra mia grande passione è legata al mondo della musica: mi diletto a suonare il pianoforte e a comporre attraverso le mie workstations brani strumentali, dai quali tra l’altro traggo ispirazione come già detto precedentemente.
Prossime mosse?
Sono alle prese con la stesura di un romanzo sci-fi/horror, che allo stato attuale sto presentando attraverso degli episodi sulla piattaforma Edizioni Open: protagonista di questa storia è una giovane ragazza di nome Ellie che, in un giorno imprecisato della sua vita, si risveglierà da una sorta di coma indotto senza avere alcuna cognizione di sé. Si troverà a vivere un vero e proprio incubo a occhi aperti, in cui la sua unica salvezza per sfuggire alla morte sarà quello di ricordare ciò che era… di riprendere in mano se stessa, la sua coscienza, la sua identità. Altro progetto, quasi concluso, è un’antologia di racconti epic fantasy di stampo ironico, basato sulle storie di un gigante e un nano, due guerrieri tanto leggendari quanto rozzi e non molto inclini a risolvere le faccende che la vita gli pone davanti con… saggezza. Racconti, però, che alla fine daranno vita a un’unica storia, in cui non mancheranno tanti colpi di scena.