Magari la definizione di Christian Metal Band potrà far storcere il naso a qualcuno; tuttavia, a parte le scelte religiose e qualche disco non perfettamente centrato, gli Underoath, combo originario di Tampa, Florida, hanno quasi sempre randellato come fabbri alla sagra della Durlindana. Se They’re Only Chasing Safety (2004) aveva deluso i fans della prima ora per un’eccessiva svolta emo, con il successivo Define The Great Line (2006), loro quinto album in studio, la band capitanata da Spencer Chamberlain e Aaron Gillespie riacquisisce il credito perduto e sforna il suo disco più riuscito e rappresentativo. Adrenalina pura, canzoni tirate all’inverosimile, metal core rabbioso e atmosfere cupe, ma anche la capacità di creare a tratti soundscapes malinconici, venati di languori emo e psichedelia pinkfloydiana (Salmarnir). In Regards To My Self apre un disco con una randellata di sana violenza e certifica il miglior momento creativo della band che, tra alti e bassi, si scioglierà nel 2012, per riformarsi lo scorso anno con un tour attraverso gli States.