Nel giugno del 2023 per una trasferta di lavoro nel Lazio mi ero organizzato in modo da vedere un concerto della Piccola Orchestra Avion Travel che si svolgeva presso il Tempio di Venere nel Sito Archeologico del Colosseo.
Tuttavia, prima di partire, navigando su Internet, raccolse la mia attenzione la locandina di una organizzazione chiamata Polysonica che presentava proprio in quel periodo per la prima volta una rassegna titolata: Sciami musicali – Ascolti e installazioni sonore in luoghi insoliti.
Si trattava di concerti in ambientazioni immersive, organizzati in diversi luoghi della cittadina laziale di Palestrina, famosa oltre che per il Santuario della Fortuna Primigenia (complesso sacro dedicato alla dea Fortuna della antica città di Praeneste sulla cui cavea teatrale sorge l’attuale Palazzo Barberini-Colonna), per avere dato i natali al grande compositore Giovanni da Palestrina, Maestro insuperabile dell’arte polifonica sacra del Cinquecento.
A Palestrina, inoltre, in un qualche modo è legato anche un vero e proprio enigma della letteratura italiana.
L’apprezzato e compianto storico dell’arte Maurizio Calvesi ritiene infatti che dietro l’anonimo autore della Hypnerotomachia Poliphili, libro del rinascimento italiano, scritto in una originalissima lingua frutto di un mix tra latino, italiano volgare e venetismi, pubblicato nel 1499 dal celebre Aldo Manunzio, stampatore in Venezia, si celi, grazie al misterioso acrostico che si ottiene mettendo in fila le prime lettere dei capitoli del libro: “Poliam Frater Franciscus Columna Peramavit” non l’enigmatico (e forse mai esistito) Frate Francesco Colonna, ma invece l’omonimo principe Francesco Colonna, signore prenestino.
A testimoniare ciò, a detta di Calvesi, occorre, oltre ad altri indizi, porre attenzione in un’ottica emblematica e iconologica al ricco apparato di meravigliose xilografie (per alcuni celanti una simbologia esoterica) in alcune delle quali i luoghi rappresentati sarebbero la riproduzione stilizzata di fontane, statue e spazi del sopra citato complesso sacro.
Decisi così di iscrivermi a uno degli eventi gratuiti proposti (alla pari, ad onore del vero, del concerto degli Avion Travel) e mi allungai fino a Palestrina per ritrovarmi davanti all'ex convento Antonelli, dove mi vennero fornite delle cuffie per percorrere gli spazi di quel luogo accompagnato da due diverse playlist sonore di artisti noti nel circuito ambient e dell’elettronica sperimentale, tra cui quello di Caterina Barbieri, che aveva appena suonato per la rassegna FOG alla Triennale di Milano. Nel corso del percorso musicale, inoltre, nei locali del refettorio veniva offerto anche l’ascolto di una composizione polifonica di Giovanni da Palestrina.
Alla fine, incuriosito, feci due chiacchiere con Daniele Tagliaferro, uno dei promotori dell'associazione, in quanto mi pareva di trovare una concordanza tra gli interessi di Polysonica con quello che vado scrivendo da tempo: chi ha letto la mia ultima recensione del disco di Stefano Pilia, Lacinia (vedasi qui), ricorderà come, nell’incipit del pezzo, avevo suggerito la visita alla Collezione Paolo VI a Concesio, in quanto una delle preoccupazioni del Pontefice era relativa alla perdita del legame tra la dimensione artistica contemporanea (compresa quella che più ci riguarda da vicino, ovvero la musica contemporanea, ma anche quella delle nostre tradizioni più antiche) e il pubblico.
Alla fine, anche a titolo di stima e di minimo supporto economico, comprai la maglietta di Polysonica, che, per i casi della vita, indossai al concerto del duo Bono-Burattini che si tenne al Barrio's a Milano dopo la pubblicazione del disco Suono in un tempo trasfigurato (vedasi recensione qui).
Quando l’anno successivo le artiste vennero invitate a suonare a Palestrina, trovava conferma un idem sentire per il quale ho sempre seguito “da lontano” il percorso di Daniele ed i suoi amici, così da non stupirmi come, Polysonica, nel frattempo divenuta una label, inaugurasse nel 2024 il proprio catalogo mediante la pubblicazione dell’album Quadri Sacri del compositore classico Maurizio Sebastianelli. Penso tuttavia che lo split In principio era il suono rappresenti con maggiore compiutezza le “due anime” di Polysonica, ovvero un felice connubio tra l’ambient sperimentale e la maestria classica e polifonica.
Il disco In principio era il suono presenta infatti sul lato A la traccia "Tropos" firmata da UENO Collective, progetto guidato da Maurizio Mazzenga dei Mokadelic (band nota per varie colonne sonore, in particolare il loro lavoro nella serie Gomorra e ACAB) successivamente oggetto, di un rework in chiave ambient del produttore Fabio Sestili (altresì coinvolto nella label Ipologica, di cui consiglio l’ascolto di un altro rework di uno dei brani iconici della musica popular italica interpretata da Pentesilea: "Parlami di amore Mariù" dedicata alla moglie dall’autore Bixio, famoso oltre che per tale brano, per le altrettanti note "Mamma" e il "Tango delle Capinere".
"Tropos" sia nella versione “edit” che nell’"ambient version" risulta essere un ottimo esempio di quel sottogenere dell’ambient che viene definito anche come immersive.
Penso che non risulti un caso l’aver nominato il brano proposto con il termine che, come ognuno potrà agevolmente consultare con un dizionario, assume diversi significati a seconda lo si utilizzi nella terminologia scientifica, ovvero nella linguistica, oppure, parlando di musica, appunto nel lessico musicale. I tropi, nel campo di cui qui ci si occupa, non possono che richiamare (unitamente alle cosiddette sequenze) il trapasso dal canto gregoriano alla musica polifonica.
Nel periodo del secondo medievo, difatti fiorì una musica monodica che accompagnava la liturgia della Chiesa. In detto contesto, ovviamente, la musica era al servizio della liturgia ma, col passare del tempo, accanto a tali forme di recitazione musicali (ancora oggi note, ovvero il salmo, l’antifona e il responsorio) a partire dall’Asia minore, sino a giungere alla chiesa mozarabica e gallicana, si svilupparono i tropi e le sequenze, ovvero i testi liturgici vennero “farciti” (la parola tropo significa farcitura) di alcuni melismi privi di testo, ovvero mediante l’inserzione di nuove frasi rispettose del testo sacro.
Col passare del tempo queste forme musicali si profanizzarono, cosicché il Concilio di Trento intervenne, autorizzando, ovviamene ai fini celebrativi, solo quattro Sequenze: Victimae Paschali laudes (di cui consiglio la bella incisione da parte di Juri Camisasca, musicista che ha collaborato con Battiato), Veni Sancte Spiritus, Lauda Sion salvatore, Dies Irae e, da ultima, reintrodotta nel Settecento, lo Stabat Mater (musicata da grandi compositori classici, tra cui Pergolesi e Rossini).
Il Concilio di Trento ci permette di introdurre la figura di Giovanni da Palestrina, perché la leggenda vuole che il musicista salvò la musica sacra (messa in pericolo da alcuni cardinali che intendevano abolire il canto in chiesa) facendo eseguire la propria Missa Papae Marcelli che risulta rispettosa dei canoni musicali che venivano a perfezionarsi nel noto concilio che diede inizio alla cd. Controriforma.
Al di là di tale leggenda, pare che l’opera sia stata composta in epoca antecedente, il musicista laziale divenne il rappresentante più noto della musica polifonica di Scuola Romana con la composizione di oltre 100 messe, dove, in perfetta adesione, con la tecnica a cappella, venne abolito l’uso della strumentazione e si perfezionò la tecnica del contrappunto, abbandonandosi così la monodia tipica del gregoriano.
Il lato B del disco ci presenta due bellissimi brani polifonici, già presenti nel recente album Quadri Sacri, ovvero "Crucifixis" e "Canto di Gloria", brani che catturano la performance del Coro Polifonico Città del Palestrina e dell’Orchestra Circolo de’ Musici, riportando in vita la ricca tradizione della musica classica e polifonica con un tocco “moderno”.
La fanfara iniziale di "Canto di Gloria" ci introduce in un vortice polifonico che lascia spazio a un lirico intermezzo per poi concludersi, con il ritorno della fanfara, nel rispetto della più classica forma sonata, con un crescendo finale.
Concludo la recensione con l’apice del disco, ovvero "Crucifixis", brano che, nel solco della tradizione musicale sacra, ci conduce al culmine dell’immedesimazione dell’ascoltatore rispetto ai quadri della Passione per la cui descrizione rimando ad un passaggio di un testo fondamentale nel campo della letteratura musicale, ovvero L’ascolto musicale nell’età moderna di Heinrich Besseler:
“Abbiamo osservato in precedenza come nell'approccio alla musica dominassero un ascolto e una comprensione di tipo intensivo, che abbiamo indicato con il termine percezione. Si tratta di un comportamento oggi desueto che appartiene al quadro generale del sedicesimo secolo. Lo stesso va detto della polifonia corale, la cui dignità basata sulla corrente vocale è un carattere fondamentale che si manifesta con evidenza all’ascolto. La polifonia corale si sviluppa nell’età della Riforma e della Controriforma come linguaggio della fede universalmente riconosciuto, valido nell'ambito della Chiesa antica come in quello protestante e riformato. Appartiene all'essenza di questo linguaggio musicale il fatto che lo si “percepisca” nel modo sopradescritto. La melodia prosastica, infatti, è un elemento caratteristico che comporta, da parte dell'ascoltatore, un analogo atteggiamento anche nell'esecuzione di musica di intrattenimento, si tratti di madrigali chansons, lieder o musiche strumentali. L'ascoltatore non può limitarsi ad ascoltare con i sensi, ma deve in pari tempo anche percepire con la mente”.
Che sia stata questa la musica immersiva dei secoli passati?