I suoi protagonisti, come il Jacques Cavallier di In fondo alla notte, sono uomini di poche parole, concreti, allo stesso tempo duri e capaci di delicatezza, collocati in un ambiente dove spesso sono ancora in vigore codici d'onore che sanno d'antico, in contrapposizione alla brutalità delle nuove generazioni, differenze d'approccio riscontrabili da ambo i lati della barricata, nel milieu come tra i flics. In mezzo a questo mare plumbeo galleggia, trascinato dalla corrente, l'uomo stropicciato e sbattuto che Hugues Pagan mette al centro della sua storia.
Cavallier è un ex sbirro con una vicenda oscura alle spalle e un vissuto non troppo docile, riciclatosi come giornalista per una testata di quart'ordine che gli permette di pagare le bollette, le spese per mantenere casa e auto e tirare avanti in una tranquilla routine, che poi è tutto ciò che il non più giovanissimo Cavallier chiede. Poi, un giorno, la sua vecchia vita torna a trovarlo. Prima un versamento sul suo conto corrente, un importo di trentamila franchi di cui non si conosce l'origine, poi il ritorno di una vecchia fiamma, invecchiata e sbattuta dalla vita proprio come Cavallier, poi ancora il fantasma del vecchio compagno Chess e anche l'inevitabile e non voluto ritorno all'azione. In mezzo a diverse cose spiacevoli, come ogni noir che si rispetti richiede, c'è lei, la donna, Anita, all'apparenza semplice, timida ma capace di trasformarsi nella donna che ogni uomo vorrebbe, figuriamoci un vecchietto sgualcito come ormai Cavallier si reputa.
Nel giro di pochissimo tempo Cavallier si trova coinvolto in una vicenda poco chiara, tra somme di denaro di dubbia provenienza, loschi figuri alle calcagna, la polizia che lo sospetta d'essere invischiato in una torbida storia di cui quasi nessuno, Cavallier in primis e lettore di seguito, capisce molto. Come in tanti classici del noir, dell'hard boiled americano, da Il grande sonno di Chandler in avanti, anche in questo In fondo alla notte non è difficile di tanto in tanto perdere il filo, smarrirsi tra le congetture, non perché la trama sia particolarmente intricata, non lo è, quanto per una sensazione di nebulosità, di un approccio fumoso alla narrazione tipico di molte storie appartenenti al genere; quasi un fumo metanarrativo, lo stesso in cui si muovono la polizia e finanche Cavallier, un fumo che rispecchia quello in cui viene in parte immerso il lettore. Il romanzo è abbastanza rapido da leggere, dedicandocisi con un certo impegno si può in pochi giorni vedere il termine delle disavventure del protagonista, riuscendo a navigare meglio tra gli avvenimenti affrontandoli con ritmo più serrato. Pagan è un erede degno dei maestri del genere, linguaggio diretto, secco, unito alla capacità di creare descrizioni evocative ed efficaci, mette in scena un parterre di personaggi vissuti, insieme al protagonista e alla sua donna anche lo stanco direttore del giornale, il vecchio Tellier, l'ispettore Fabre, più tutti gli esponenti della mala, vecchia e nuova, che per la maggior parte del tempo rimangono dietro le quinte ma fanno sentire la loro presenza. E alla fine del noir, magari proprio in fondo alla notte, un sogno. Indubbiamente un libro per gli amanti del genere, uno di quelli da non lasciarsi scappare.