Non deve essere stato facile per Colin Meloy capire che direzione far prendere ai suoi Decemberists dopo un album bello e compiuto come What a Terrible World, What a Beautiful World. Lì il gruppo di Portland aveva idealmente chiuso un ciclo, iniziato una decina di anni prima con The Crane Wife, durante il quale aveva abbandonato ogni influenza riconducibile al British Folk Revival in favore di un sound più vicino al College Rock americano – per cui il modello di riferimento non erano più i Fairport Convention bensì i R.E.M., come dimostrato pienamente da The King Is Dead, dove Peter Buck era molto più di un semplice ospite.
Quando è stato annunciato che i Decemberists per il loro ottavo album avrebbero lavorato con il produttore John Congleton – artefice dei maggiori successi di St. Vincent – era chiaro come Meloy & Co. desiderassero lasciarsi ancora una volta alle spalle quanto già fatto, nel tentativo di dare una rinfrescata al proprio sound. E, in un epoca retromaniaca come questa – nella quale il lavoro di recupero degli strumenti e delle sonorità tipiche dell’elettronica degli anni Ottanta compiuto da Michael Stein e Kyle Dixon per la colonna sonora di Stranger Things ha avuto un’influenza nel panorama musicale molto più grande più di quanto non si voglia ammettere –, dire di guardare al futuro non è altro che un modo più smart per sottintendere di puntare al recupero del passato.
Detto che Colin Meloy è incapace di scrivere una canzone brutta e che la band (Chris Funk alla chitarra, Jenny Conlee alle tastiere, Nate Query al basso e John Moen alla batteria) è affiatata come non mai, la bravura dei Decemberists e John Congleton risiede nell’essere riusciti a usare l’elettronica non come un semplice elemento decorativo bensì al servizio di ogni singolo brano. I’ll Be Your Girl è quindi una raccolta di 11 canzoni che sono prima di tutto 11 piccoli racconti – e qui l’esperienza di Colin Meloy come scrittore per l’infanzia è evidente (la sua trilogia Fantasy Wildwood è pubblicata in Italia da Salani) –, ognuno riconoscibile per via di una precisa caratterizzazione sonora. Ovviamente il sound dei Decemberist non è stato stravolto – la malinconia che emana “Once in My Life” è tipica della band di Portland, mentre “Starwatcher” è come se fosse già un classico – ma solamente ampliato, con i sintetizzatori figli della New Wave che fungono da arma in più nella tavolozza musicale del gruppo.
I’ll Be Your Girl sulla carta poteva essere una piccola grande catastrofe – i sintetizzatori e il Folk Rock non sono mai andati particolarmente d’accordo e altri gruppi meno esperti ne sarebbero senz’altro usciti con le ossa rotte –, mentre invece si rivela come una gradita sorpresa, con una sua personalità compiuta e un’identità sonora ben definita. Solo il tempo ci dirà se sarà il primo capitolo di un nuovo corso per la band, il classico disco di transizione oppure solamente un episodio isolato.