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REVIEWSLE RECENSIONI
06/07/2023
Venerus
Il segreto
"Il Segreto" è un disco che parla in gran parte d’amore e, anche se sono quasi sempre storie inventate, rappresenta ugualmente una disamina sincera dei rapporti umani, un interessante mettersi a nudo con, soprattutto, un livello di testi decisamente più alto della media delle giovani generazioni italiane. Avere in Italia un artista come Venerus ci deve rendere orgogliosi. Se non l’avete mai visto dal vivo, consiglio caldamente di approfittare delle date di quest’estate.

Potrebbe apparire paradossale, ma in realtà la mossa è stata quella giusta. Il 2021 ha visto Andrea Venerus protagonista indiscusso del panorama musicale italiano, con la pubblicazione, a poche settimane di distanza, di Magica musica, prodotto da Mace e suo primo vero e proprio disco dopo una lunga successione di EP, e di OBE, l’album dello stesso Mace a cui ha attivamente collaborato con diversi brani. Dopo una tale mole di lavoro, decisamente in contrasto con l’attuale tendenza che impone lavori di breve durata, e un periodo di interludio piuttosto lungo (anche se bisogna dire che il tour è durato parecchio), tornare con un lotto di canzoni per una mezz’ora totale di musica, potrebbe sembrare una mossa ambiziosa ma forse è giusto così, considerato anche che è stato già annunciato che dovrebbe uscire qualcos’altro nel 2024. Interessante e, anche qui, decisamente sensata, la scelta del cammino da seguire.

 

Dopo aver collaborato con uno dei più importanti nomi della scena Urban, una scena da cui lui stesso ha in gran parte preso le mosse, Venerus ha deciso di lavorare con Filippo Cimatti, con cui ha arrangiato questi dieci brani e li ha poi registrati in presa diretta a casa sua, senza metronomo, edit e overdubs.

Una mossa che è diretta conseguenza del tour di Magica musica, che ha visto l’artista milanese esibirsi con una big band di musicisti straordinari e affiatati, in spettacoli da due ore che dedicavano parecchio spazio all’improvvisazione, un incrocio tra RnB, Jazz e Soul che in Italia non si era praticamente mai visto, men che meno da nomi associati all’area della contemporaneità.

Ed è così che Il segreto si presenta come un lavoro figlio di un’epoca in cui i musicisti sono soprattutto degli amici che amano suonare insieme, un “manifesto della musica umana, in un mondo che va verso l’intelligenza artificiale”, riprendendo le parole che lo stesso autore ha utilizzato in sede di presentazione.

Che poi sono tutti fattori che mettono in luce la straordinaria poliedricità della figura di Venerus: uno che ha studiato musica a Londra, che nei primi singoli ha flirtato con la musica elettronica, che ha raggiunto l’attenzione mediatica con un singolo assieme a Franco126 e Gemitaiz, ma che in fondo è sempre rimasto attaccato alla tradizione. “Fino a qualche anno fa – ha detto – ero molto più attento all’attualità, ma a un certo punto mi sono reso conto che i dischi da chi sono davvero affascinato appartengono ad altre epoche, diciamo dai primi anni Sessanta alla fine dei Settanta”. Non a caso Get Back, il documentario di Peter Jackson che ha mostrato i Beatles in sala prove nei mesi precedenti al celebre “Rooftop Concert”, gli ha cambiato la vita molto di più di tutti i dischi che ha ascoltato negli ultimi dieci anni (sempre parole sue) nel mostrargli come persino uno come Paul McCartney avesse il problema di alzarsi alla mattina e riuscire a scrivere belle canzoni.

 

Il segreto è un disco decisamente più snello del suo predecessore; non solo per quanto riguarda la durata, ma anche per la tipologia delle canzoni, che hanno un incedere maggiormente Pop e diretto, pur muovendosi nel solito territorio Soul RnB. Con la band che suona alla grande e il talento nello scrivere grandi canzoni più vivo che mai, ne viene fuori una inarrestabile infilata di hit, dall’iniziale e pianistica “Istruzioni”, alle più dinamiche e vagamente funkeggianti “Faresti lo stesso” e “Sola”, le ballata romantiche “Sai che c’è?” (che riprende l’immagine della fuga con la sconosciuta già tratteggiata magistralmente Guccini nella sua “Autogrill”) e “Binari”, la più disincantata “Non imparo mai”, “Il tuo cane” che cita volutamente Iggy Pop (“ma in chiave meno feticista”, ha precisato lui) dove a farla da padrone sono chitarre insolitamente pinkfloydiane, “Resta qui”, unica concessione all’elettronica e che infatti, quando uscì come singolo alla fine dello scorso anno, diede un’impressione del tutto diversa di quel che sarebbe stato l’album. A chiudere, una meravigliosa “Fantasia”, acustica e raccolta, sorta di celebrazione dell’innocenza dell’infanzia e del sognare senza limitazioni come elemento creativo (“Mi hanno detto già che forse dovrei crescere, ho sospirato e poi mi sono messo a ridere (…) Ho costruito il mio castello sopra le nuvole, ora non voglio aprire gli occhi”).

 

È un disco che parla in gran parte d’amore e, anche se sono quasi sempre storie inventate, rappresenta ugualmente una disamina sincera dei rapporti umani, un interessante mettersi a nudo con, soprattutto, un livello di testi decisamente più alto della media delle giovani generazioni italiane. Ed è un disco, anche questo è un dato significativo, completamente privo di featuring (lo aveva già anticipato anche a me in un’intervista di due anni fa, che non ne avrebbe fatti più) sempre in nome della sincerità delle collaborazioni, volendo uscire da una dinamica che ultimamente stava divenendo sin troppo artificiosa.

Avere in Italia un artista come Venerus ci deve rendere orgogliosi. Se non l’avete mai visto dal vivo, consiglio caldamente di approfittare delle date di quest’estate.