“Secondo me nella natura c’è un istinto rivoluzionario che si manifesta nel tempo e nello spazio” (K. Pesti).
Restano ancora pochi giorni per contribuire alla realizzazione di questo nuovo lavoro di Katia Pesti. Trovate ogni cosa, per chi volesse… basta cliccare qui: https://www.produzionidalbasso.com/project/apnea-katia-pesti-1/
Ho vissuto la musica di questa straordinaria pianista molto da vicino e ho creduto di averla raggiunta quando, parlando di “Abyss”, ho sentito un vuoto enorme dentro le mani, come quando ti accorgi che serve a poco ogni cosa materiale ti faccia da corona. “Abyss” è il suono di un pianoforte che nel silenzio delle sue riflessioni ti conduce dalla frenesia del mercato al buio pesto della tua verità… il tutto in un attimo in cui non sono previste soluzioni di continuità. “Abyss” è il suono di un pianoforte che ha anche la forza di perdere la faccia ed il suono e cambia, si trasforma, senza computer ma soltanto grazie alle mani. Dunque quando ho deciso che mi farò vicino a questo nuovo lavoro di Katia Pesti dal titolo “Apnea” ho subito pensato di dover ascoltare un pianoforte che si emancipa dalle sue verità e dalle sue ragioni quotidiane, so di certo che ascolteremo la musica intesa come tempo e non come forma, intesa come esistenza e non come apparenza.
Le forme di queste composizioni sono non-forme, sono momenti condivisi che poi evaporano se non li fermiamo nella coscienza… non serve a niente la memoria, non è musica per la memoria… è musica per la consapevolezza, è musica per l’esperienza di vita. Le non forme di cui parlavo sono anche il dialogo che l’anima ha necessità di tener vivo con il creato che attorno vive e non per mano industriale - s’intenda. “Apnea” sarà una prosecuzione ma al tempo stesso una rivoluzione rispetto ad “Abyss”… ed è la promessa che ne parleremo da vicino quando avrò la fortuna di fermarlo, il mio tempo, e di dedicarmi ad un “ascolto immersione”… per ora ho solo pescato sensazioni da questo documentario che nasce dalla regia di Daniele Alef Grillo.
La creazione di Katia Pesti è arte sopra ogni regola di capitalizzazione e di soluzione numerica. Generalmente sorrido quando sento “artisti” parlare di emancipazione o di novità, rido di gusto dopo averli ascoltati. Mai l’ha fatto un’Artista come Katia Pesti per quanto forse, almeno per la mia esperienza, è tra le poche che potrebbe permetterselo davvero. Quando il suono diviene dialogo e non ritornello, quando lo sviluppo non ha soluzioni ma conseguenze, quando il tutto diviene naturale e non prevedibile. Solo allora sento tranquillità dentro nel parlare d’arte e di artisti.
Ecco partiamo proprio dall’abitudinario. La tua musica ha sempre rotto un legame concettuale ed estetico con le abitudini. Hai sempre rivoluzionato non solo la forma ed il tempo, ma anche il suono stesso del pianoforte. Perché tutto questo? È un bisogno quello di violentare le abitudini o semplicemente una scelta puramente estetica?
Dal mio punto di vista la musica è un fatto naturale e violare le regole è una delle strade che la mantengo in vita. Le molecole dei suoni si combinano velocissimamente e risuonano come delle vere e proprie costruzioni geometriche. Mi viene in mente l’immagine di un fiocco di neve.
Non ne esiste uno uguale all’altro ed ogni fiocco è un mistero.
In maniera analoga, nella musica ci sono infinite possibilità di combinazioni, che generano forme e strutture diverse. Secondo me nella natura c’è un istinto rivoluzionario che si manifesta nel tempo e nello spazio. In questo disco, uno dei brani fa riferimento al ghiaccio. Il titolo del brano è “Sottozero”.
L’estetica è una naturale conseguenza.
Nel bellissimo documentario realizzato da Daniele Alef Grillo parli della genesi di “Apnea”: ad un tratto ci sveli come questa volta non hai scritto nulla. Cioè? Hai lasciato ampio spazio all’improvvisazione ma soprattutto al ricordo di quello che veniva al cuore e alla mente?
Si è vero non ho scritto niente prima di registrare. Ho evitato cioè di fissare le idee musicali che mi venivano in mente e ho aspettato che si mettessero in ordine in modo naturale. Ho suonato tutti i giorni per diversi mesi con l’idea di riflettere la sensazione del mondo Oceanico. Non posso parlare di improvvisazioni, piuttosto di un modo per dimostrare che a volte la musica non può essere fissata sulla partitura, e spesso non può rivelare la sua essenza attraverso la scrittura.
Ho suonato seguendo la mia partitura interna, come una mappa da seguire, un oceano da attraversare.
Una volta registrato in studio “Apnea”, ho scritto le partiture, ma con una certa riluttanza e solo per ragioni pratiche.
E dunque “Apnea”, proprio perché hai trattenuto dentro ogni cosa come si fa con l’aria quando sei sott’acqua? Oppure cos’altro sottende questo titolo?
Posso rispondere in modo sintetico dicendo che intendo “Apnea” come il superamento di un limite.
Che poi, dopo “Abyss” un disco come “Apnea” sembra raccoglierne il senso e il filo logico… non è così?
“Apnea” si ricollega, ma è molto diverso dal precedente “Abyss”. Le sonorità Abissali qui trovano una profondità più leggera e fluida; le timbriche sono cristalline.
E anche in questo disco arrivano le voci di nuovo e, di nuovo, la voce si sveste dal suo ruolo abitudinario e diviene suono, strumento, diviene cemento per la grande costruzione… parlami di queste collaborazioni e di come le hai guidate all’interno di questa...
“Apnea” e la bellissima voce di Nicola Beller Carbone. È stato molto bello lavorare con Nicola. Un’intesa perfetta. La sua voce è presente in due brani: “Apnea” e “Diavoli Marini”.
Parlando con Nicola, le ho spiegato che avevo in mente un timbro di voce che contenesse molta aria; un “soffio armonizzato” che delineasse il perimetro e inducesse a visualizzare la sagoma interna dell’essenza umana.
In questo brano trovavo necessario far fluire una voce soffusa e soffiata e pensavo a molte cose: alla cassa toracica, quando si riempie e si svuota di aria, al suono del respiro che si sente quando ci si tappa le orecchie, al momento in cui si trattiene il fiato e il cuore inizia a bussare in gola. Ma soprattutto pensavo a quello straordinario spazio mentale che è possibile raggiungere stando in apnea. Così la voce di Nicola si è delicatamente appoggiata su una cascata discendente di arpeggi, sono sostenuti da un ritmo puntato e pulsante, che richiama il battito del cuore.
Nel secondo brano invece , “Diavoli Marini” la voce di Nicola è frammentata e onomatopeica. Suona come se non fosse umana ed è collocata all’inizio e alla fine del brano come a definire una porta di ingresso ed una di uscita. Tra una porta e l’altra l’attraversamento del territorio sonoro Marino.
Una domanda da ufficio. Sta finendo la campagna di crowdfunding per la produzione di questo disco. Cosa ti ha portato a questa scelta operativa? Una soluzione meramente economica oppure esiste anche una ragione “sociale”?
La necessità di portare a termine un progetto discografico ispirato al mare e ai suoi abitanti che facesse pensare alla sua estrema bellezza e potenza vitale, purtroppo violentata e violata dall’essere umano.
L’ascolto di “Apnea” si conferma di nuovo un’esperienza che è necessario affrontare con tanto silenzio attorno. Ecco un’altra cosa importante: questo disco, forse più di “Abyss” sembra avere dentro tanto silenzio. È una mia impressione probabilmente…
Credo di aver raggiunto, in “Apnea”, una dimensione musicale di totale astrazione e trascendenza.
Chiudiamo: mi racconti cosa hai provato quando hai ascoltato il tuo “Apnea” finito, per la prima volta? Dov’eri? Ti sei riconosciuta? Hai scoperto qualcosa di te che non conoscevi?
Ero nello studio Officine Sonore del Bigallo a Bagno a Ripoli Firenze. Finita la registrazione, abbiano iniziato ad ascoltare. È stato un momento particolare, soprattutto perché molto diverso dalle altre volte in cui mi sono ritrovata in una situazione analoga. Insieme al musicista Francesco Paolo Maimone, che ha curato la registrazione del disco e l’elaborazione elettronica della voce di Nicola, erano presenti l’artista Daniele Alef Grillo, Michela Curti e Filippo Rossi.
La cosa più bella è stata per me percepire una distanza e un distacco da “Apnea”: la musica che ascoltavo non la sentivo più mia: era diventata di tutti noi e per tutti si diffondeva nello spazio grazie ad un formidabile lavoro di squadra.