Il Ritratto dei coniugi Arnolfini dipinto da Jan van Eyck nel 1434 è il celeberrimo oggetto di questa indagine, un’opera che chiunque abbia visto non può più dimenticare. Amata e ammirata nei secoli, protagonista di innumerevoli studi, cela tuttavia un mistero, un significato nascosto, che continua a sfuggire anche allo sguardo più attento. L'occhio clinico di un medico scrittore svela i misteri di uno dei massimi capolavori pittorici di tutti i tempi. I misteri storici, iconografici e tecnici "nascosti" sotto la perfezione del capolavoro di Van Eyck.
“E che io stesso ho letto in un treno ad alta velocità, inchiodato dalla suspense, con la curiosità e il fiato sospeso con cui si legge un romanzo poliziesco, sul serio!”
(Daniel Pennac, prefazione)
Queste due righe, estrapolate dalla prefazione al saggio a cura di Daniel Pennac, suggeriscono immediatamente che Il Mistero Arnolfini è qualcosa in più dell’opera erudita su uno dei massimi capolavori dell’arte fiamminga. Addentrarsi nelle centododici pagine di questo libro è, infatti, esattamente come essere risucchiati in prima persona nelle pieghe di un mistero lontanissimo nel tempo, e assistere sul campo a un’indagine che tiene avvinti fino all’ultima pagina, in un rincorrersi di colpi di scena di cui solo un thriller palpitante è capace.
Se deciderete di approcciarvi a questo libricino denso di emozioni, per prima cosa, prendetevi il tempo di dare un’occhiata a questa magnifica tela, esposta alla National Gallery di Londra (su internet troverete un florilegio di immagini) e, solo dopo, fatevi prendere per mano dalla prosa colta, ma abbordabilissima, di Postel. Entrate, dunque, nella stanza che vedete rappresentata nel quadro di Jan van Eyck, e lasciatevi condurre alla scoperta di quest’opera tanto enigmatica quanto inquietante, un dipinto che, a distanza di secoli, vede ancora schiere di studiosi adoperarsi per svelare l’arcano che sottende la pennellata precisa e armoniosa del grande pittore fiammingo.
Tanti sono gli interrogativi a cui dare risposta.
Chi sono l’uomo e la donna rappresentati nel quadro, che secondo l’interpretazione tradizionale corrisponderebbero al mercante lucchese Giovanni Arnolfini (che negli altri suoi ritratti coevi non mostra alcuna somiglianza fisica con questo dipinto) e a sua moglie, Giovanna Cenami? Cosa stanno facendo? Dove sono rivolti i rispettivi sguardi, quello dell’uomo che appare impaurito, e quello della donna, focalizzato, invece, sul braccio del marito?
E ancora. Perché il cagnolino, simbolo di fedeltà coniugale, non è riflesso dallo specchio che, come un occhio di verità, ci fissa dal muro alle spalle dei protagonisti? Chi sono le due figure riflesse nello specchio, che stanno ferme sull’uscio della stanza? Quale significato anno gli zoccoli, le pianelle e le arance rappresentate nel dipinto? Perché un’unica candela è rimasta accesa sul lampadario, in pieno giorno, mentre le altre sono spente? È forse un indizio di morte? Quali altri segreti nasconde questo dipinto straordinario e affascinante?
A tutte queste domande, Postel dà la propria risposta, giungendo a conclusioni diverse da quelle date da molti altri studiosi. Il lettore privo di competenze in storia dell’arte, come il sottoscritto, non è ovviamente in grado di dare un giudizio di valore alla tesi proposta dallo scrittore francese, anche se ogni passaggio è suffragato da prove che appaiono del tutto plausibili. Fatta questa premessa, la lettura è avvincente e ha il merito di spingere il lettore alla riscoperta di un mondo antico ricco di fascino e ad approfondire l’opera di Jan van Eyck, un pittore della cui vita si conosce poco, ma le cui straordinarie opere sono patrimonio dell’umanità.