Luhrmann crea un contorno ai protagonisti che è un tripudio di colori accesi, scenografie lussuose, minuzie di dettagli, veicoli scintillanti, riprese improbabili, feste immense senza fine, balli e musica, una scelta di brani che vanno a comporre una colonna sonora anacronistica e volutamente irrispettosa dei tempi in cui il racconto si svolge, i ruggenti anni venti, qui accompagnati da artisti come Lana Del Rey, Jay-Z, Florence and the Machine, Beyoncé, The xx, Sia, Jack White e altri ancora. D'altronde il regista non è nuovo a questo tipo di approccio, basti guardare due delle sue opere più famose, quel Romeo + Giulietta con protagonista lo stesso Leonardo Di Caprio ma anche il Moulin Rouge con Nicole Kidman ed Edward McGregor. Il grande Gatsby è un film per gli occhi, come il coprotagonista interpretato da Tobey Maguire assiste alla storia di Gatsby (Leo Di Caprio), e a quella di sua cugina Daisy Buchanan (Carey Mulligan), lo spettatore attraverso i suoi occhi assiste a un turbinio di feste, corse in auto e lusso che ben rispecchiano la prima parte del Gatsby romanzo e il modo in cui questo grande personaggio appare agli occhi della gente. Ciò che più si fa fatica a estrarre dal testo originale è la lacerazione dell'animo di Gatsby, la profonda solitudine, l'essere ancorato a un passato non più possibile da richiamare nel presente, lo struggimento e l'inadeguatezza che in Fizgerald rappresenta la fine del sogno, tutto questo, seppur scandito dagli sviluppi della trama, a volte addirittura chiarificatrice in misura maggiore rispetto al libro, nel film un poco si perde, lasciando la poesia a quella luce verde sul molo e restituendo i sentimenti attraverso una semplice scansione di eventi.
Nick Carraway (Tobey Maguire) è un giovane che dagli stati del centro degli Stati uniti si trasferisce per lavoro nei pressi di New York, prende casa sull'isola di West Egg, a poca distanza dalla villa dove vive sua cugina Daisy, dalla parte opposta della baia. Come vicino di casa Nick ha il mitico Jay Gatsby, uomo ricchissimo delle cui origini si sa poco o nulla che organizza le più mastodontiche feste che New York abbia mai visto, occasioni per incontrare conoscenti e gente famosa, feste in cui l'unico personaggio sfuggente sembra essere proprio il padrone di casa. Un giorno Gatsby invita a una delle sue feste proprio il suo nuovo vicino di casa con il quale intesserà una sincera seppur in qualche modo interessata amicizia. Gatsby è infatti da anni innamorato di Daisy, ogni sera osserva la luce verde proveniente dal molo della villa dei Buchanan con malinconia e trasporto, vede in Nick l'occasione per riavvicinarsi alla sua giovane cugina.
Leonardo Di Caprio è un grande Gatsby, pur non apportando al film la sua prova migliore tratteggia il personaggio in maniera coerente a quello che la sua controparte letteraria richiede, fermo restando le carenze nell'aspetto introspettivo non adducibili all'attore, Maguire è un Carraway credibile, dimesso al punto giusto, pur non apprezzando particolarmente questo attore non stona nei panni del "vecchio mio" amico di Gatsby. Luhrmann bilancia bene il ritmo del film che non lascia pesare la lunga durata, trova anche diverse idee registiche che infondono un guizzo irreale ad alcune sequenze che amplificano l'impianto già volutamente eccessivo del film all'interno del quale ci si potrebbe perdere per ore utilizzando il tasto pausa. Ne vien fuori un film che non raggiunge le corde più profonde toccate dal libro ma che non manca di intrigare e divertire nella maniera più vivace possibile. Film non sempre accolto benissimo dalla critica, giudizi freddi sui quali mi permetto di dissentire, una variazione rispetto alla pagina scritta rispettosa, magari non altrettanto efficace, comunque degna di nota. Il Grande Gatsby è un film che si discosta dalla media, produzione originale che gli è valsa anche due Oscar (costumi e scenografie), il giusto merito per un'opera che ha un suo valore specifico.