Sono passati dieci anni dall'ultimo film per il quale Eastwood si è adoperato sia dietro che davanti la macchina da presa. Parliamo dei tempi di Gran Torino, uno dei manifesti della poetica del vecchio Clint, film al quale guarda anche questo The mule, pur con le dovute e importanti differenze, proprio grazie alla presenza di un Eastwood molto anziano che interpreta un personaggio che per alcuni versi potrebbe richiamare alla mente l'ormai celebre Walt Kowalski. Il corriere però è un film meno cupo, un'opera che vede un protagonista di dieci anni più vecchio ma che al contrario del burbero Kowalski è ancora in grado di godersi gli aspetti più frivoli, divertenti e goderecci della vita, rapido alla socializzazione, seppur diretto fino all'ingenua maleducazione Earl Stone risulta molto spesso amabile, un tipo con il quale è piacevole scambiare due parole, un uomo all'apparenza sereno pur avendo in passato perso tanto e commesso errori difficili da riparare.
È quasi come se il tempo rimasto, presumibilmente non più tantissimo, avesse pacificato anche il personaggio più rude, il quale avendo preso coscienza dell'ineluttabile trascorrere del tempo cerca di affrontare come può la parte che ne rimane traendo da ogni situazione, anche le più rischiose e bislacche, solo il meglio, facendolo poi fruttare per aiutare chi invece di tempo ne ha ancora molto e per riparare alle gravi mancanze che in passato hanno causato così tanto dolore. Pur nella sua indole ironica, The mule appare un film testamento, una chiusura (apparente, perché in realtà sappiamo che Clint ha già pronto il prossimo film) che più del Kowalski con l'accendino in mano ha il sapore della consapevolezza. Con queste premesse Clint abbandona la figura dell'eroe americano per tornare all'uomo comune che in maniera altrettanto eroica tenta di fare qualcosa di giusto, almeno una vola nella vita, pur facendo la cosa sbagliata, ma gestendo anche questa con la leggerezza e i ritmi decelerati di chi vuole godersi ogni momento, che questo sia dato da un bel sedere di donna o dal miglior tacchino d'America poco importa, questo passaggio uomo/eroe è ben sottolineato anche dall'autoironica comparsa di un locale che porta il nome Gunny's, apparizione che ai fan del vecchio regista non può non strappare un sorriso divertito.
Earl Stone (Clint Eastwood) coltiva fiori da una vita, lavoro e passione, partecipa a concorsi e convention floreali trascurando così la moglie Mary (Dianne Wiest) e la figlia Iris (Alison Eastwood) per le quali non è mai stato presente; ora che è ormai un vecchio l'unica persona ancora a essere affezionata a lui è la nipote Ginny (Taissa Farmiga). A causa dell'avvento di internet e delle nuove frontiere del commercio l'attività di Earl subisce un brutto colpo, l'anziano imprenditore è costretto a liquidare i suoi dipendenti, il suo terreno e la sua casa vengono pignorati, Earl rimane con il suo Pick-Up come unica proprietà. La situazione economicamente sfavorevole lo metterà in condizione di deludere ancora una volta i suoi cari, compresa la nipote così affezionata a quel nonno assente. Per porre rimedio alla situazione Earl accetta l'offerta di lavoro fornitagli da un conoscente della nipote, qualcuno cerca un autista prudente, disciplinato, un corriere che non dia nell'occhio. Earl accetta in principio con ingenuità, si adatterà col tempo a un lavoro rischioso per un cartello sulle cui tracce c'è anche la DEA con gli agenti Bates (Bradley Cooper) e Trevino (Michael Pena), facendolo però senza perdere mai il suo stile e senza aver mai paura di affrontare con ironia e decisione i brutti musi con i quali si troverà ad avere a che fare, riuscendo spesso ad ammansirli con il suo modo di fare che alla fine conquista proprio tutti.
Dopo le sperimentazioni di Attacco al treno, Eastwood torna a quell'impostazione da Cinema classico grazie alla quale il regista ha sfornato i suoi pezzi migliori, all'America degli spazi aperti e degli spostamenti (quella di Un mondo perfetto), da Gran Torino recupera l'amore per l'inclusione e il fallimento dei sogni (e delle persone), mescolando il tutto in un film che risulta deliziosamente ironico e più "leggero" rispetto ad alcuni dei drammoni ai quali Clint ci aveva abituato. Fa tenerezza vedere quello che è stato ed è tutt'ora per molti di noi un vero e proprio mito invecchiare in un misto di fragilità e dignità genuina, una versione che se non raggiunge le vette toccate con i film sopra citati ha almeno tutte le carte in regola per toccare il cuore e per rimanerci ancora a lungo. Che Dio ce lo preservi ancora per lunghi anni.