Ci si muove quindi ancora una volta tra Torino e i dintorni di Moncalvo nell'astigiano dove in Attraverso lo specchio avevano preso letteralmente vita le malefatte del misterioso Bruno Morchia, personaggio enigmatico che trascende i limiti della comprensione, anche per uno come Nanni Baretti che alcune stranezze è stato costretto, e lo sarà ancora, a toccarle con mano. Imprescindibile in questo caso per una piena comprensione aver letto il romanzo precedente di Barale, pena la sensazione di ritrovarsi in medias res nonostante la trama di fondo rimanga leggibile a sé stante, si perderebbero però sfumature, collegamenti e rimandi preziosi per la situazione di alcuni personaggi e per lo sviluppo della trama. La storia muove come spesso accade dal ritrovamento di un cadavere, quello di Faith, una giovane e bella prostituta abbandonata senza vita sulle rive del Sangone.
Sarà la "protettrice" della ragazza uccisa, l'ormai attempata Lina Messa, maitresse d'altri tempi, a coinvolgere nell'indagine l'ex Commissario e amico Nanni Baretti, che con l'attività di Lina venne in passato ad avere a che fare più volte per ragioni di servizio. Dalla richiesta d'aiuto al momento in cui Baretti inizierà a ficcare il naso in fatti che ormai dovrebbero non essere più di sua competenza passerà un attimo, come non potrà mancare il coinvolgimento di quel terún di Caruso, Commissario lui sì ancora in servizio. Purtroppo quello che è ormai a tutti gli effetti un amico fraterno per Baretti si porta addosso i postumi dell'avventura precedente: perdita di peso, incubi, stati depressivi che tengono il poliziotto lontano dal lavoro e che lo costringono a farsi sostituire dal ben più rigido Salvo Amantea detto "rasoio" con il quale anche Baretti si dovrà confrontare trovando qualche piccola difficoltà nell'instaurare il giusto feeling.
In questo terzo romanzo si scatena prepotente il lato più occulto delle indagini di Nanni Baretti, tornano diversi personaggi che girano intorno al nome dei Morchia, un nome che richiama alla mente del commissario crudeltà, esoterismo e inquietudini molto profonde. Il lato più sovrannaturale della vicenda prosegue di pari passo alla costruzione gialla che rimane base coerente nei vari passi che porteranno Baretti e le forze dell'ordine a dipanare un'incredibile matassa che si trascina malevola da tempi immemori. Barale arricchisce il cast di comprimari con figure interessanti come Lina Messa (o Messa Lina se preferite) e il giovane Amantea, ciò che rimane invariato è lo stile di scrittura molto agile e fresco che porta il lettore a terminare anche questo libro nel giro di pochissimo tempo. Oltre al lavoro sui personaggi continua il cesello sui luoghi, con l'inserimento del paesino che dà il titolo al libro, quel Borgo dei Pazzi sul quale nulla vi svelerò e che campeggia inquieto e minaccioso sulla copertina del libro, ancora una volta realizzata dallo stesso Barale.
A volte è questione di fortuna, alla fine questo (non) eroe atipico, lontano dal canone, che sia immerso in una Torino uggiosa d'inverno, solare d'estate o negli splendidi paesaggi collinari piemontesi, non farebbe nemmeno troppa fatica a ritagliarsi un posto nelle simpatie di un pubblico televisivo, attendiamo che Yume ci regali ancora altre avventure del vecchio piemunteis.