Il primo disco solista di Mark Kozelek, dopo lo scioglimento dei Red House Painters e prima della creazione del progetto Sun Kill Moon, esce nel 2001 e non contiene una sola canzone originale. What’s Next To The Moon infatti è composto esclusivamente di cover di canzoni di un unico gruppo, gli Ac/Dc (periodo Bon Scott). Pur trovandoci di fronte a un’opera che non ha cambiato di una virgola il corso della storia, questo album d’esordio di Kozelek merita attenzione per svariati motivi.
Vi è, in primo luogo, la suggestione di ascoltare il padre dello slowcore (musica dai ritmi narcolettici) alle prese con il repertorio di uno dei gruppi più anfetaminici e fracassoni di sempre. Inoltre, What's Next To The Moon è un esaustivo manuale di istruzioni per tutti coloro che vogliano cimentarsi nella nobile arte di riproporre brani altrui. Ci insegna, infatti, che non basta cambiare arrangiamento, che non è sufficiente dilatare o accorciare il brano, e che non è fondamentale abbassare o alzare la composizione di un tono.
Ciò che è conta davvero è approcciarsi alla canzone cercando non solo una nuova veste formale, ma soprattutto una nuova anima. Kozelek, così, non si limita a stravolgere l’architettura di canzoni già note a tutti (e nello specifico, tutte diventano assolutamente irriconoscibili), trasfigurandole in ballate cantautorali per voce e chitarra acustica. La sua non è un semplice tecnica di cosmesi: è semmai un’opera di riscrittura, nata dall’idea che gli Ac/Dc potessero funzionare anche come band slowcore, quasi fossero un progetto parallelo ai suoi Red House Painters.
Quelle contenute in What’s Next To The Moon sono proprio altre canzoni, che raccontano una storia diversa e una musica diversa. Il totem è abbattuto, l'hard rock sguaiato, caciarone e monolitico del combo australiano sparisce per sempre e si scioglie in un inusitato languore romantico. I brani di Young & Co. si sgonfiano così del loro potenziale energetico, si spogliano della loro originaria dimensione da stadio per raccogliersi invece in un'intimità da camera, dolente, straziante, malinconica. Se è vero che gli Ac/Dc sono uno dei gruppi più seminali, e per questo, più coverizzati della storia, sarebbe stato arduo per chiunque presagire un tale destino per canzoni la cui natura si nutre di riff e che invece in questo album suonano esattamente come suonerebbe un madrigale.
Avreste mai potuto pensare di commuovervi alle lacrime sulle note If You Want Blood (You've Got It)? Disponetevi a farlo, perché Mark Kozelek lo rende possibile con straordinaria efficacia, senza inventare nulla, ma regalando al mondo uno straniante vademecum per scoprire e riscoprire le canzoni altrui, per duplicare le emozioni, per portare la musica a un'esistenza nuova e nuovamente appagante. Gli Dei del Rock, che dall'alto ci guardano e proteggono i nostri ascolti, a volte, intraprendono percorsi tortuosi e inusitati per sfiorarci l'anima. Abbiate fede allora nella transustanziazione della musica e preparatevi alla gioia del dono. Sdraiatevi sul divano, concedetevi ogni agio, mescete vino e godetevi la calda luce di una lampada, quando fuori tutto è buio e freddo. Poi, accendete lo stereo e accostatevi senza preconcetti a questo disco. Non sarà storia, ma, ne sono certo, vi emozionerete.