Per Ibisco è finalmente arrivato il momento del battesimo del fuoco anche in sede live. Lo avevamo osservato a giugno, nell’ambito del Mi Manchi milanese, un set pomeridiano piuttosto scarno, ideale per presentare i due singoli usciti fino a quel momento accompagnandoli con qualche brano inedito.
La partenza del tour è al momento piuttosto sobria ma comunque ricca di implicazioni: Bologna, Milano e Torino, tre città da cui passa quasi tutto il discorso della musica italiana; sono tre, al momento (mentre scriviamo si è aggiunta Roma il 21 aprile) ma è abbastanza certo che se ne aggiungeranno altre nei mesi successivi, considerato che, almeno per ora, la pandemia non sembra rappresentare un problema.
La prima sorpresa è vedere l’Arci Bellezza pieno di gente. Negli ultimi tempi (e qui vi assicuro che il Covid c’entra solo relativamente) ci siamo abituati a registrare una certa distanza tra il successo di un artista in termini di streaming e l’effettiva presenza del pubblico ai suoi live. Ragion per cui fa un certo effetto vedere non solo la sala principale piuttosto affollata ma le prime file occupate quasi esclusivamente da ragazze giovani e rumorose; le stesse, per dire, che siamo abituati a vedere sotto i palchi dei vari Gazzelle, Coez e Coma_Cose. Tutto ancora più sorprendente se si considera che il progetto di Filippo Giglio, nelle sonorità e nei riferimenti scelti, è tutt’altro che accostabile a ciò che funziona meglio da un po’ di anni a questa parte.
Siamo tutti d’accordo che non sia una ragione sufficiente per cantare vittoria (dopotutto siamo usciti alla fine del concerto per scoprire che c’era più gente fuori intenta a bere e a chiacchierare che dentro ad ascoltare; tutto come al solito, insomma) ma è comunque un dato positivo che occorre far notare.
Ibisco sale sul palco alle 23 spaccate, accompagnato da Davide Schipani al basso e da Antonio Rapa alla batteria. Ci sono poi un paio di Synth (uno di questi è suonato da Davide) e una tastiera ad accompagnare il tutto e ad aggiungere elementi “suonati” al set. L’allestimento è suggestivo: sullo sfondo un enorme telone con la copertina del disco, luci quasi sempre molto basse e uso abbondante dei fumogeni, ad evocare uno scenario da oscurità Wave.
Si parte con “Bologna Nord”, poi “Pianure” e a seguire “Houtunno”, un trittico che fornisce immediatamente i connotati della serata: ci sono diverse cose in base (comprese alcune linee di chitarra, anche se nell’economia dei vari brani questo strumento non è poi così importante) e questo è inevitabile anche se forse l’aggiunta di un elemento in più all’organico non avrebbe guastato. Per il resto funziona tutto: la batteria, spesso molto riverberata, garantisce un tiro eccezionale ad ogni singolo episodio, risultando fondamentale soprattutto in quelli più spinti. Il basso riempie tantissimo e fa un lavoro molto vario, in alcuni punti abbiamo avuto l’impressione che riproducesse mediante l’uso di effetti il suono della chitarra. I Synth puntellano nei punti giusto mentre Filippo, da parte sua, risulta promosso a pieni voti: non avrà una presenza scenica irresistibile (forse su questo aspetto c’è ancora un po’ da lavorare) e che sia emozionato si vede a più riprese; a parte questi dettagli, tiene il palco con sicurezza e canta benissimo, con la scelta di alzare di un’ottava le parti più basse che ha contribuito a potenziare la dinamica dei pezzi.
Pezzi che, alla fin fine è il dato più importante, sono di livello altissimo, è la principale ragione del fatto che il progetto funzioni così bene: al di là della scelta vincente (già analizzata a dovere in sede di recensione, non mi dilungo) di innestare Pop ed elettronica su una base prettamente New Wave, sono poi le singole canzoni che fanno la differenza.
Esecuzioni non per forza aderenti al disco, con code elettroniche di indubbia efficacia, utili per prolungare la bellezza del momento e far scatenare il pubblico (scelta vincente soprattutto su “Houtunno”, dove il tema principale viene ripreso a velocità maggiore e su “Tintoria”, tra le cose più belle del set) e momenti di intenso intimismo, come in una “Luci” suonata alla chitarra acustica con qualche accordo di tastiera da parte di Davide e la strepitosa “Meduse”, primo singolo uscito e a mio umile parere tra i più bei pezzi italiani degli ultimi anni, eseguita in una scarna versione piano e voce che ne ha accentuato ancor di più la bellezza della melodia.
E poi c’è “Chimiche”, cupo assalto elettronico che quasi vale una carriera e “Ragazzi”, spaccato generazionale volutamente ruffiano nell’attitudine, una strizzatina d’occhio a Cosmo con tutti gli elementi al posto giusto perché si trasformi in una hit. A vedere gli streaming non è così ma a giudicare dal singalong e dalla partecipazione del pubblico, ha colto nel segno. Dal vivo è una delle più coinvolgenti e non ci poteva essere miglior modo per chiudere il set.
Promosso a pieni voti, soprattutto perché di concerti al momento ne ha fatti pochi e per il fatto che per gli artisti dell’ultima generazione essere convincenti dal vivo non è per forza di cose un obiettivo scontato da perseguire.
Da qui in avanti si potrà solo migliorare e quel che abbiamo visto questa sera è davvero tanta roba, per cominciare.