“La musica è una cosa seria, e me lo ricordo ancora di più quando suono dal vivo” ci ha detto Filippo poco prima di sedersi al piano elettrico per un’intensa versione di “Meduse”, il brano che ha inaugurato il suo cammino artistico poco meno di tre anni fa e che viene giustamente suonato ad inaugurare la sezione dei bis.
Languore, secondo capitolo del progetto Ibisco, uscito ad ottobre e nuovamente prodotto da un nome importante come Marco Bertoni (Confusional Quartet), per quanto mi riguarda si piazza dritto tra i dischi italiani dell’anno e forse non solo. Se già Nowhere Emilia aveva tutte le carte in regola per farsi notare (e sono abbastanza convinto che tra qualche anno, quando si inizieranno a fare discorsi retrospettivi, ne verrà sottolineata tutta l’importanza) questo è più a fuoco, più maturo, più consapevole nel suo portare avanti la lezione della Wave dei primi anni Ottanta opportunamente rivisitata per adattarsi alla contemporaneità e contaminata in giuste dosi col cantautorato che da sempre ci contraddistingue.
E Filippo Giglio, nonostante la giovane età, è uno che non solo ha le idee chiare su dove voglia andare ma è anche intenzionato a giocare secondo le regole dell’arte, non di quelle dell’industria musicale. E questo, attenzione, non solo perché ha dei riferimenti musicali datati, ma proprio perché concepisce lo scrivere canzoni e il suonarle dal vivo come un’attività che occupa davvero cuore e mente, un qualcosa di totalizzante, di serio, appunto.
Lo ha dichiarato più volte, che i suoi pezzi vanno ascoltati con calma, che i suoi testi, seppur spesso crudi ed espliciti, non hanno mai un significato univoco e che occorre meditarli con cura. Proprio per questo la sua non può essere una proposta appetibile per i giovani, che sono quelli che in questo preciso momento storico stanno mandando avanti classifiche totalmente incentrate sullo streaming.
Scelta coraggiosa, ma non è neanche una scelta, in fondo, si tratta semplicemente di obbedire a una vocazione.
Ed è piuttosto ironico che, proprio la stessa sera in cui, all'Alcatraz, Colapesce e Dimartino presentano il loro Lux Aeterna Beach, Ibisco sia di scena al Santeria per il secondo release show di Languore (il primo era stato l’11 novembre nella sua Bologna): da una parte un progetto anch’esso dal suono vintage ma diventato mainstream nel giro di pochissimo (sebbene i suoi due protagonisti abbiano collezionato anni di gavetta), dall’altra un nome che, pur con il coinvolgimento di una major ed una collaborazione importante con Cosmo (in “Darkamore”, singolo dello scorso anno), rimane ancora confinato ad un livello di culto.
Nonostante l’upgrade della venue (la data milanese di Nowhere Emilia si era tenuta nel più piccolo Arci Bellezza) dispiace dover constatare come l’affluenza non sia esattamente quella sperata. Potrebbe essere stata colpa dell’altro concerto (io stesso ci avrei voluto andare, in effetti) ma è anche abbastanza ovvio che il territorio su cui Ibisco si muove non sia esattamente congeniale, perlomeno in Italia, a far incetta di pubblico. Ci auguriamo ovviamente che le cose migliorino, nel frattempo non possiamo che dispiacerci per tutti quelli che non c’erano, che si sono persi davvero un grande show.
A questo giro c’è una band allargata, composta da Gianluca Arcesilai (chitarre), Davide Schipani (Synth e basso), Eleonora di Matteo (Synth, cori e percussioni) e Antonio Maria Rapa (batteria): un ensemble leggermente più grande di quello con cui si era esibito nel tour precedente, e che garantisce la migliore resa possibile dei brani. Se infatti in passato lo abbiamo visto in ogni genere di assetto (al Mi Manchi del 2021, in una delle sue primissime esibizioni, erano in due; lo scorso anno in apertura ai Nation of Language si è presentato da solo) è indubbio che sia quella full band la sua dimensione ottimale.
L’inizio con “Albanera”, con Filippo al piano elettrico e la band a tessere un delicato intreccio di strumenti, è il preludio perfetto ad un concerto ad alto contenuto emozionale, dove i brani del nuovo disco, eseguito per intero, si alterneranno a quelli di Nowhere Emilia (passato in rassegna per larga parte).
Anche dal vivo Languore funziona benissimo, con la batteria che dà quella spinta e quella dinamica in più rispetto alla versione in studio, e le chitarre spesso in primo piano (compare addirittura qualche assolo) a svestire in parte la componente elettronica e attenuando, almeno in parte, l’oscurità delle atmosfere. Importante è anche il ruolo di Eleonora di Matteo, new entry di questa formazione: al di là del riempimento notevole offerto dalle percussioni, sono le seconde voci a fare la differenza, un arricchimento delle armonie vocali che era fino a questo momento inedito nella musica dell’artista emiliano.
Tra i nuovi brani ci sono già titoli che hanno l’impatto e l’intensità per colpire esattamente come quelli da tempo rodati: “Seduci”, “Languore”, e soprattutto “Vera”, con tutti i requisiti necessari per essere annoverate tra le migliori canzoni italiane degli ultimi anni.
Per quanto riguarda il vecchio repertorio, “Pianure”, in una versione leggermente riarrangiata, funziona ancora alla grande, stessa cosa per “Bologna Nord”, “Tintoria” e soprattutto “Chimiche”, con cui si è concluso il concerto.
Molto bella anche la sezione più danzereccia, dove è il Synth di Davide Schipani a salire in cattedra e i ritmi si alzano comprensibilmente: “Ragazzi” e la nuova “Alcolicixbenzina” sono cariche di elementi elettronici e mostrano anche le enormi potenzialità commerciali di questo progetto. Potenzialità che erano state evidenziate poco prima anche da “Darkamore”, la già citata collaborazione con Cosmo, anch’essa beneficiaria di una notevolissima resa live.
Un concerto bellissimo, dove la cupezza generale dei testi e la sensazione di disagio spesso evocata da essi viene stemperata dai ritmi alti di questa personale mistura di Wave elettronica.
Indipendentemente da quelli che sono e saranno i riscontri, in questo momento Ibisco è uno dei progetti musicali più validi che ci siano in Italia. Varrebbe decisamente la pena di accorgersene.