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I Tre Di Memphis
Quando La Musica è Una Colpa
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25/06/2018
Quando La Musica è Una Colpa
I Tre Di Memphis
L'incredibile storia di un agghiacciante delitto, che ha avuto solo vittime e nessun colpevole

West Memphis, Arkansas, 5 maggio 1993. E’ una bella giornata di sole, il cielo è limpido e soffia una leggera brezza che rende l’aria primaverile piacevolmente frizzante. Stevie Branch, Michael Moore e Christopher Byers, tutti e tre di otto anni, escono da scuola. Non hanno voglia di tornare a casa, la giornata è bella e c’è ancora luce. Indugiano, ciondolano in giro, probabilmente si mettono a giocare, come fanno tutti i bambini della loro età.

Alle 20.00, John Byers, il padre di Christopher, chiama la polizia locale per denunciare la scomparsa del figlio: sono passate due ore dall’uscita da scuola e Chris non è ancora rincasato. Certo, talvolta il bambino ha ritardato, ma mai per così tanto tempo; ed è strano, molto strano, perché Chris è un ragazzino obbediente, studioso, senza grilli per la testa. John è seriamente preoccupato, non si capacita del ritardo, teme che possa essere successa una disgrazia.

La polizia, come spesso succede in questi casi, minimizza, dice a Byers di stare calmo, che il bambino probabilmente si è fermato a giocare da un amichetto senza avvertirlo. Sono cose che capitano molto spesso e che si risolvono velocemente, con un bello spavento e una lavata di capo al bambino disobbediente. John inizia allora un giro frenetico di telefonate, e scopre ben presto che anche Stevie e Michael non sono rientrati a casa.

A questo punto, le forze dell’ordine non possono più ignorare l’allarme e iniziano le ricerche, che però non danno alcun esito immediato. Fino a quando, nel tardo pomeriggio del giorno successivo, i corpi dei tre bambini vengono casualmente rinvenuti nel greto di un torrente che attraversa un parchetto denominato Robin Hood Park. Stevie, Michael e Chris sono nudi, le caviglie e i polsi legati con i lacci delle loro scarpe e portano segni inequivocabili di percosse. Stevie e Michael, come stabilirà l’autopsia, sono morti annegati, mentre Chris è stato prima accoltellato e poi castrato.

La polizia di West Memphis, non abituata all’efferatezza di certi crimini e totalmente inadatta a gestire la situazione, commette una serie di errori madornali, non mette in sicurezza il sito dell’omicidio e rimuove velocemente i corpi, omettendo di effettuare quasi ogni rilievo. Quando la settimana successiva arriva la Scientifica di Stato, il luogo del rinvenimento dei cadaveri è ormai irrimediabilmente contaminato e ogni possibile indizio è andato distrutto. Gli inquirenti iniziano comunque a indagare e a formulare le prime ipotesi, nessuna delle quali però sembra fondata su elementi oggettivi ma solo su elucubrazioni dettate dall’emotività del momento. La più probabile, tra tutte quelle vagliate inizialmente, appare la pista di un macabro rito legato al satanismo. Tre bambini massacrati senza pietà sono un delitto abominevole e solo Satana, il male assoluto, può averle motivate.

Grazie a due testimonianze, successivamente ritrattate, le indagini si concentrano su tre adolescenti problematici. Si chiamano Daniel Echols (18 anni), Jessie Misskelley Jr. (17 anni) e Jason Baldwin (16 anni), portano i capelli lunghi, hanno abbigliamenti trasandati, ascoltano heavy metal e tengono una condotta di vita opaca, e comunque troppo equivoca per una cittadina bigotta e conservatrice come West Memphis. Quando il cerchio si stringe sui tre, la polizia ferma Jessie Misskelley e lo interroga per dodici ore, in assenza dei genitori e di un legale. Jessie, il cui QI è abbondantemente sotto la media (72), confessa l’omicidio e coinvolge i due amici. Ma la confessione, che in seguito si scoprirà essere stata forza, è talmente confusa e contraddittoria (Jessie si contraddice su ora e luogo del delitto oltre che sulle modalità con cui è stato commesso) da non possedere un briciolo di credibilità.

 

 

Ciò nonostante, Echols, Misskelley e Baldwin vengono arrestati, processati e condannati: il primo alla pena di morte, gli altri due, all’epoca dei fatti minorenni, all’ergastolo. Il verdetto scatena l’immediata reazione dell’opinione pubblica, che si schiera dalla parte dei tre adolescenti, sostenendo la totale mancanza di prove e la fragilità della tesi accusatoria. Viene aperto un sito web per la raccolta di fondi necessari alle ingenti spese legali e Joe Berlinger e Bruce Sinofsky, due registi newyorkesi, girano un documentario (Paradise Lost) per dimostrare l’innocenza dei tre di West Memphis. Nonostante ciò, ogni ricorso e ogni appello vengono sempre, invariabilmente, respinti.

Brooklyn, New York, 1996. Lorrie Davis, un’affermata architetto paesaggista, una sera, dopo cena, decide di andare al cinema a vedere Paradise Lost. Quando esce dalla sala è talmente colpita dalla vicenda e convinta dell’innocenza dei tre, che decide di contattare Echols nel braccio della morte. Daniel e Lorrie iniziano così a scriversi e instaurano un rapporto epistolare che, giorno dopo giorno, si fa sempre più affettuoso e profondo, tanto che i due, nel 1999, si sposano in carcere.

Lorrie, nel frattempo, non ha mai smesso di sensibilizzare l’opinione pubblica al caso, fa il diavolo a quattro, scrive a chiunque, contatta anche personalità del mondo dello spettacolo. In breve tempo, riesce a coinvolgere il regista Peter Jackson (che sovvenziona nuove indagini, ingaggiando esperti dell’FBI, investigatori privati, anatomopatologi e laboratori all’avanguardia), Henry Rollins (ex cantante dei Black Flag), Eddie Vedder (leader dei Paerl Jam), l’attrice Wynona Rider e soprattutto Johnny Deep, che diventerà tanto amico di Echols, da farsi tatuare lo stesso tatuaggio del ragazzo.

Le acque, cos’, iniziano a smuoversi, emergono nuove prove e le analisi del DNA dei reperti ritrovati sul luogo del massacro portano, nel luglio del 2007, a una svolta decisiva. Gli avvocati di Echols, infatti, grazie al contributo di migliaia di attivisti e delle celebrità coinvolte da Lorrie, presentano una memoria difensiva nella quale compaiono elementi determinanti per la scarcerazione. In particolare, in base all’esame del DNA, si evidenzia che il materiale genetico recuperato sulla scena del crimine non è attribuibile ai tre condannati. A nessuno dei tre.

Nel 2010, la Suprema Corte dell’Arkansas ha ritenuto le prove decisive per la riapertura del processo, nel corso del quale, gli avvocati dei tre imputati hanno trovato un accordo con l’accusa per arrivare all’immediata scarcerazione di Echols, Misskelley e Baldwin. Un accordo grottesco, ma incredibilmente efficace: i tre, pur professando la loro innocenza, hanno riconosciuto che le accuse a loro carico fossero comunque fondate, tanto da rendere necessaria la conseguente carcerazione, precludendosi così la possibilità di fare causa allo Stato per gli anni ingiustamente trascorsi in prigione.

Il giudice, quindi, li ha condannati agli anni di carcere già scontati e, quindi, immediatamente liberati. Nel gennaio del 2012, al Sundance Film Festival, venne presentato un documentario prodotto da Peter Jackson, dal titolo West Of Memphis. La pellicola racconta i diciotto anni di battaglie lòegali e le indagini che lo stesso regista ha seguito, passo dopo passo, in prima persona. Non solo: il film riporta tre testimonianze che, per la prima volta, fanno luce sul nome del (presunto) responsabile del barbaro eccidio.

Sarebbe Terry Hobbs, patrigno di uno dei bambini massacrati, che già nell’immediatezza dei fatti, era stato indicato dalla moglie (testimonianza mai presa in considerazione dai giudici) come il probabile omicida. Nuovi esami del DNA lo inchioderebbero con certezza al crimine; tuttavia, nonostante ciò, al momento il caso non è ancora stato riaperto. Tre ragazzi innocenti, tre uomini che hanno passato in carcere quasi vent’anni per un crimine mai commesso: Damien, Jessie e Jason, nonostante le prove li scagionino completamente, restano agli occhi della legge come gli autori di uno dei crimini più efferati del secolo scorso. Per essere scarcerati hanno infatti dovuto firmare un accordo che escludesse la possibilità di far causa allo Stato per l’ingiusta carcerazione patita, riconoscendosi colpevoli della morte di tre bambini.

Vent’anni trascorsi in prigione solo perché erano tipi strambi, portavano i capelli lunghi, ascoltavano musica rock e indossavano la maglietta dei metallica. Il mondo della musica (quella musica che, come racconta Echols, “fu usata contro di me”) ha cercato di restituire loro un futuro. A gennaio 2013, infatti, è stata pubblicata West Of Memphis (Voices For Justice), una raccolta di canzoni inedite e di cover, realizzata grazie all’impegno di Johnny Deep e henry Rollins, che sono riusciti a coinvolgere artisti di fama mondiale come Bob Dylan e Patti Smith. Il ricavato dalle vendite del disco viene oggi utilizzato per continuare le indagini e assicurare il colpevole alla giustizia, che è anche l’unico modo che i Tre di Memphis hanno per riabilitarsi agli occhi della legge e ripulire dal fango la propria onorabilità.

PS: per approfondire la vicenda, oltre ai documentari citati, che si trovano in rete, consigliamo la lettura di Il Buio Dietro Di Me, autobiografia di Damien Echols, pubblicata nel 2013, e la visione di Devil’s Knot, film sempre del 2013, per la regia di Atom Egoyan.