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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
01/09/2017
System Of A Down
I Sovversivi Del Nu Metal
Un caleidoscopio sonoro, quello creato dai System Of A Down, in cui convivono sotto lo stesso tetto e in bizzarra simbiosi, le avanguardie estreme della new wave metal, improvvise derapate hip-hop e affascinanti suggestioni etniche in salsa armena

 

Serj Tankian (voce), Daron Malakian (chitarra) e Shavo Odadjian (basso) si conoscono nel 1992 in uno studio dove stanno registrando con le rispettive band. I tre scoprono di avere molte cose in comune: hanno frequentato la stessa scuola da bambini (Rose and Alex Pilibos Armenian School), sono armeni discendenti da superstiti del genocidio del 1915, e a tutti e tre piace da morire la musica degli Slayer. In quattro e quatr’otto, mettono in piedi una band, i Soil, con Odadjian nel ruolo di manager, Dave Hakopyan al basso e Domingo "Dingo" Laranio alla batteria. Quando Hakopyan e Lanario se ne vanno, Odadjian diventa il bassista, dietro i tamburi si siede Ontronick Khachaturian e il gruppo cambia nome. Nascono i System Of A Down, chiamati così per un poema scritto da Tankian, Victims Of A Down, a cui Odadjian però sostituisce la parola victims con system. Il motivo? Comparire nelle enciclopedie rock il più vicino possibile agli Slayer, gruppo che i quattro ragazzi armeni adorano. Tuttavia, la musica dei Soad si discosta un bel po’ dal trash metal monolitico di Tom Araya & Co. Certo, si sente che gli Slayer hanno influenzato il suono, ma nelle canzoni di Tankian e Malakian si percepiscono anche echi dai Suicidal Tendencies, dai Primus e dai Korn, e si apprezza una maggiore attenzione alla melodia e il tentativo di uscire dagli schemi convenzionali della canzone. Tankian poi scrive testi poetici e impegnati politicamente (tutti fanno parte dell’organizzazione non profit Axis Of Justice) e la tradizione folkloristica armena ritorna con insistenza a dare un tocco atipico e inconsueto alle composizioni. Suonano strano, i System Of Down, così strano che quando Rick Rubin li ascolta per la prima volta va letteralmente fuori di testa e si impegna a produrre il primo disco della band.  System Of A Down (1998, American Recording) piomba sul mercato discografico con lo stesso effetto devastante che potrebbe avere uno stupratore seriale in un convento di monache di clausura. Registrato in modo da dar la sensazione della performance live, il primo album dei ragazzi armeni dispiega una batteria di mortai ad alzo zero: trash e speed metal, punk e hard core, growling e cantato melodico, digressioni malinconiche, improvvisi cambi tempo, accelerazioni adrenaliniche e danze derivate dalle culture dell’Est Europa. La partenza adrenalica di Suite Pee la dice lunga sulla potenza di fuoco di questi ragazzi, che dimostrano però di saperci fare anche imboccando strade più tortuose (Sugar), dilatando i tempi con ballate tesissime (Spiders) o gridando al mondo un pacifismo arrabbiato e barricadero (War?). Il disco vende benissimo e la miscela esplosiva di ultra violenza sonora e ragionamento sociopolitico viene certificata da un disco d’oro. Il capolavoro è lì che aspetta dietro l’angolo: la band è in uno stato di grazia compositiva e Rick Rubin continua ad assecondare con le sue intuizioni l’approccio bislacco dei SOAD all’heavy metal. Il 4 settembre del 2001 esce Toxicity (2001, American Recording) e per Tankian e soci è la consacrazione universale che porta a conquistare ben otto dischi di platino. A sedici anni esatti dalla sua pubblicazione, Toxicity può essere considerato a buon diritto uno dei grandi classici della "letteratura " rock del nuovo millennio. Nonostante il secondo album dei System Of A Down appartenga per filiazione al movimento Nu Metal, di cui rappresenta il vertice stilistico in condominio al primo, imprescindibile lavoro dei Korn, è vero anche che la freschezza creativa, le intuizioni compositive e l'immenso lavoro di raccordo fra diverse sonorità, partorito dal binomio Tankjan-Malakian, riuscirono a imporre all'attenzione del grande pubblico un'idea di musica capace di scardinare i paletti del genere e universalizzare il verbo metal.
Quattordici canzoni di breve-media durata (tutte sotto i quattro minuti a eccezione della conclusiva Aerials ) connotate da uno stile di straniante efficacia, riconoscibile per una dicotomia spesso convergente fra esplosioni di adrenalinica violenza e aperture melodiche di inaspettata malinconia. Un caleidoscopio sonoro, quindi, in cui convivono sotto lo stesso tetto, e in bizzarra simbiosi, le avanguardie estreme della new wave metal, improvvise derapate hip-hop, affascinanti suggestioni etniche in salsa armena (la coda strumentale della già citata Aerials) e strutture a incastro, votate a un gusto teatrale a metà fra l’assurdo e il grandguignol. In questo quadro di debordante eclettismo, domina il colore rosso intenso del canto istrionico di Tankjan, la cui voce nasale e rutilante passa con inquietante semplicità dall'urlo belluino al falsetto dai toni melodrammatici. Toxicity si sviluppa nell'arco di quarantacinque minuti che non lasciano spazio a riempitivi o passi falsi, denotando semmai una coesione qualitativa che permea ogni singola traccia del disco. Tra i tanti brani che meriterebbero una citazione, scelgo la centrale Chop Suey!, in cui la matrice hip hop, destrutturata e schizoide, si mette al servizio di un ritornello di inesplicabile lirismo. Il terzo disco, Steal This Album! (2002, American Recording) riporta i marziani sulla terra. Raccolta di rarità e pubblicata con cinque copertine diverse, Steal This Album! contiene brani prevalentemente scartati durante le sessioni di Toxicity. Il livello qualitativo e buono ma denota, effettivamente, una caduta di tensione rispetto al precedente. Tuttavia, non mancano canzoni meritevoli di attenzione: la ballata Roulette, risalente addirittura agli albori della band, il singolo Innervision, che ha un ottimo riscontro commerciale, e Boom! altro inno antimilitarista che diventerà una delle canzoni più amate della band. I System Of A Down spariscono dalle scene per qualche anno. Si divertono a suonare in qualche piccolo club e soprattutto scrivono tanta musica. Il frutto di questa sosta prolungata sono ben ventritre canzoni che confluiscono i due dischi pubblicati l’uno a distanza di soli sei mesi dall’altro. Mezmerise (2005, American Recording) e Hypnotize (2005, American Recording) rilanciano sul mercato i SOAD che vendono un botta, ma lo fanno con la consueta miscela di qualità e freschezza, che affranca l’heavy metal da modelli espressivi convenzionali. Non siamo ai livelli stratosferici di Toxicity, ma il crocevia della morte creato dalle intuizioni di Tankian, Malakian e Rubin produce risultati folgoranti: This Cocaine Makes Me Feel Like I'm On This Song, Violent Pornography e la ballata Lost in Hollywood, dal primo disco, Kill Rock’n’Roll, Attack, Dreaming e la melodicissima Lonely Day, dal secondo, sono i vertici di una proposta sempre ardita, originale, e capace di far coesistere in perfetta simbiosi speed metal, hard core, power pop e musica etnica. Nel maggio 2006 i System of a Down annunciarono, durante il concerto finale dell’OzzFest Tour, la decisione di prendersi una pausa di qualche anno e di sciogliere quindi il gruppo. Queste le parole di Malakian: “Non ci stiamo sciogliendo. Se fosse stato così, non avremmo neppure partecipato all'Ozzfest. Noi ci prenderemo una lunga pausa per fare le nostre cose. Siamo stati i System of a Down per oltre dieci anni e penso sia salutare prenderci una pausa “. Oggi, i System sono tornati insieme e vanno in tour a suonare il loro suggestivo heavy metal. Dal 2006, però, tutto tace e non si sa se, e quando, vedrà la luce un nuovo album, anche se Dolmayan ha dichiarato che la band ha già pronte 15 nuove canzoni. Tankian, nel frattempo, ha dato alla luce quattro dischi solisti (Elect The Dead del 2007, Imperfect Harmonies del 2010, Harakiri, del 2012 e Orca Symphony n° 1, 2013, tutti pubblicati dalla Serjical Strike Records) che, pur vendendo bene, mancano della carica sovversiva dei lavori con i SOAD e non aggiungono nulla a una carriera fino ad oggi di tutto rispetto. Il disco solista di Malakian, Scars On Broadway (2008, Interscope Records) si è rivelato, invece, un flop commerciale.