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THE BOOKSTORECARTA CANTA
I Giorni Del Vulcano
Ragnar Jonasson
2018  (Marsilio Editori)
LIBRI E ALTRE STORIE
5/10
all THE BOOKSTORE
19/04/2018
Ragnar Jonasson
I Giorni Del Vulcano
Il mistero, che è l’oggetto di cotanta trama, viene dipanato nel modo più banale possibile, l’ambientazione, che potrebbe essere estremamente suggestiva se adeguatamente tratteggiata, è tanto sfumata che al posto del Nord dell’Islanda il romanzo potrebbe svolgersi anche a Casalpusterlengo...

In un fiordo nel Nord dell’Islanda, in una bella giornata di giugno un turista alla scoperta delle meraviglie del paese finisce davanti a una casa solitaria, an cora in costruzione. A terra, accanto a un furgone, c’è il corpo immobile di un uomo sfigurato. Qualcuno lo ha ucciso con un’asse di legno. Il caso passa nelle mani della polizia locale e tocca ad Ari Þór fare ricerche sulla vittima. Si tratta di Elías Freysson, a detta di tutti «una persona a posto», un forestiero molto impegnato in attività benefiche e coinvolto nella costruzione del nuovo tunnel che spezzerà l’isolamento ma anche l’incanto di Siglufjörður. Mentre nere nubi  di cenere avvolgono il Sud dell’isola, colpito da una serie di violente eruzioni vulcaniche, a seguire gli sviluppi dell’indagine arriva dalla capitale Ísrún, misteriosa inviata della redazione del telegiornale, il cui assillante interesse  per l’omicidio sembra andare al di là di una ragionevole caccia allo scoop. Forse la beneficenza di Elías e i suoi numerosi viaggi nascondevano dell’altro? O è  piuttosto la stessa Ísrún a custodire un segreto? Per Ari Þór e i colleghi, distratti da una serie di problemi privati tra cui faticano a mettere ordine, il caso si fa ingarbugliato. L’unica possibilità per venirne a capo è tornare indietro negli anni e risalire alle radici del male. Perché quella terra magica, dominata da una natura primitiva e impetuosa, custodisce eventi drammatici che, taciuti per troppo tempo, hanno generato istinti violenti e sensi di colpa, facendo sì  che per qualcuno anche le notti più luminose fossero le più buie.

Libro dell’anno per i lettori di The Guardian”, così recita la copertina de I Giorni Del Vulcano, secondo volume della serie Dark Iceland, a firma dello scrittore islandese Ragnar Jonasson. Un invito al quale sembra impossibile resistere, visto che proviene dai lettori di uno dei più diffusi e stimati tabloid britannici. Peccato che, già a metà romanzo, sorgano seri dubbi sull’autorevolezza dell’endorsement d’oltre Manica (e, soprattutto, su cosa siano abituati a leggere gli acquirenti del quotidiano inglese).

Sono molti, infatti, i motivi per cui questo libro si rivela una mezza delusione, a partire dalla prosa di Jonasson, che magari avrà perso qualcosa nella traduzione (chi può dirlo?) e che tutto sommato risulta ordinata e scorrevole, ma che, dopo qualche pagina, si dimostra molto banale, poco ricercata e assai ripetitiva. Non c’è un guizzo, non c’è un passaggio memorabile, non c’è nulla che elevi queste duecentosessanta pagine dal minimo sindacale di un compitino del liceo. Tuttavia, dal momento che I Giorni Del Vulcano è un thriller, e quindi un romanzo d’evasione, una scrittura densa e ricca non è quel che si dice indispensabile.

Un minimo di palpito, invece, lo sarebbe. E qui, arrivano le dolenti note: questo è un thriller che raggiunge l’opposto del suo scopo, e cioè annoia, visto che, per quanto Jonasson si sforzi, non ci sono colpi di scena degni di questo nome e il ritmo è, a dir poco, compassato. Intorno alla vicenda dell’omicidio di Elias Freysson si muovono, poi, tanti personaggi, ognuno con la propria storia da raccontare, che però, alla resa dei conti, risulta sostanzialmente inutile all’intreccio narrativo.

Il mistero, che è l’oggetto di cotanta trama, viene dipanato nel modo più banale possibile, l’ambientazione, che potrebbe essere estremamente suggestiva se adeguatamente tratteggiata, è tanto sfumata che al posto del Nord dell’Islanda il romanzo potrebbe svolgersi anche a Casalpusterlengo, gli snodi sono forzatissimi e improbabili, e i dialoghi possiedono la stessa intensità di un’ordinazione al banco del salumaio nel supermercato sotto casa.

Resta da sviscerare l’aspetto relativo ai personaggi che, mi verrebbe da dire, in modo consunto ma appropriato, sembrano tagliati con l’accetta, se non fosse che, nello specifico, Jonasson ha utilizzato una scure da vichingo, colpendo peraltro un po’ a casaccio. Il risultato è un infuso di inutilità assortite, che induce sbadigli e sonnolenza, e che viene buono da usare solo se in casa sono finite sia le scorte di camomilla che quelle di Tavor. Deciderete voi, poi, chi ha ragione: il sottoscritto o i lettori del The Guardian.