Chi ha seguito la carriera di Matthew Melton rimarrà deluso dalla notizia che I Don’t Wanna Grow Up sarà l’ultimo disco dei suoi Warm Soda. Ancor più dopo averlo ascoltato, perché è senza dubbio il miglior lavoro che la band abbia mai dato alle stampe. Fin qui niente di insolito per l’irrequieto cantante/chitarrista originario di Austin, non fosse che l’uscita coincide con l’esordio di un nuovissimo gruppo (Dream Machine) messo in piedi in fretta e furia dallo stesso Melton con la complicità della moglie Doris, tastierista bosniaca conosciuta qualche anno fa durante un tour dei Warm Soda nei Paesi Bassi. La vicenda rimanda a pagine della storia del Rock ben più note tanto che lo stesso Melton non ha potuto esimersi, tra il serio e il faceto, dal dichiarare: "Per tutti i fan impegnati a tirare fuori confronti con Yoko, non provateci!". Amenità a parte rimane fortissima la sensazione che per il nostro tutto stia cambiando alla velocità della luce, prima trova la perfetta sintesi Power Pop inseguita con coerenza granitica da un decennio a questa parte con tutte le sue band (Snake Flower 2, Bare Wires e Warm Soda) quindi, improvvisamente e inopinatamente, si butta a corpo morto su un progetto musicalmente lontano mille miglia come quello Neo/Prog incarnato dai Dream Machine. Per comprendere pienamente il disorientamento stilistico che sta vivendo Melton in questi ultimi mesi, basterà dare un’occhiata all’orrenda copertina di The Illusion: lui nei panni di un prestigiatore da baraccone, lei, Doris, invece levita a mezz’aria sfoggiando una mise ottocentesca. Materiale prezioso per gli archivisti di dangerousminds.net.
Augurando il meglio a Matthew e soprattutto alla sua innamoratissima musa per le fasi di atterraggio, torniamo ad occuparci di I Don’t Wanna Grow Up perché vale davvero la pena. Difficile scegliere tra le dodici tracce le canzoni migliori, tutte funzionano a meraviglia, come nei piccoli, grandi, capolavori dei Plimsouls oppure dei Real Kids che rendevano complicatissima la selezione dei singoli da indirizzare alle radio. La scrittura di Melton è solare, leggera ed educatissima, tutto il meglio delle raccolte Nuggets qui rivive magicamente, un excursus sonoro da ricercarsi nel solco che unisce idealmente i Beatles più psichedelici al Bubblegum Pop dei Ramones degli ’80. L’incessante succedersi di refrain vincenti, le invenzioni chitarristiche tra ganci melodici e accelerazioni Garage/Rock unitamente alla voce nasale di Melton rendono gradevolissimo l’ascolto. Un brano onnicomprensivo potrebbe essere This Changes Everything, se vi piace (potete ascoltarlo qui sotto) non fatevi sfuggire l’intera raccolta: è l’ultima occasione per alzare il volume insieme ai fantastici Warm Soda se quel geniale lungagnone di Matthew Melton dovesse insistere con i giochi di prestigio.