Si potrebbe ben fare anche uno scritto sul Beppe (cioè Giuseppe[1]) Viola, morto (un decennio prima del Gianni Brera) nel 1982, il 17 ottobre. La letteratura “alla milanese” – no, questa aggettivazione non è del[2] (Piero) Cola(K.)prico – può essere rigida e cosacca (Giorgio Scerbanenco), oppure smargiassa eppure ancora militante (ussara?) se declinata con più o meno nativi (Simonetta e Brera). Viola lo sento più defilato, con battute di quello che nel gruppo non è mai completamente sotto i riflettori. Infatti si tratta di un autore che, non avendo scritto libri di tenore “classico”, ma restando nell’ambito essenzialmente giornalistico che gli era proprio anche nei tomi[3] - con qualche incursione da sceneggiatore cinematografico e quella, che in fondo già di per sé sola lo rende noto (credo non ai ventenni), di coautore con Enzo Jannacci della canzone “Quelli che…”[4] – non ha mai avuto una grande eco popolare.
Ho avuto conferma definitiva del fatto che il popolo non segue quelli che viaggiano in bicicletta perché abitano in centro, ma preferiscono artisti, diciamo così, un poco meno “esistenzialmente corretti” quando, sulla mia pagina, ho raffrontato gli accessi al mio post su Enzo Jannacci e a quello su Franco Califano[5]: il secondo surclassa il primo in modo eclatante. Come se ce ne fosse stato bisogno, di tale conferma: non è che gli accessi al mio post su Umberto Simonetta siano in numero ingente, ma questo scrittore beneficia almeno del fatto di essere morto da tempo, più vicino alla storia che non alla cronaca. Per contro, Beppe Viola riesce a essere meno interessante di Jannacci, pur se morto prima di Simonetta. Beppe Viola non interessa quasi a nessuno di diverso da certi suoi colleghi, anche illustri.
Questo post, quindi, si risolve in meno di quell’esile libro (libro? Opuscolo in formato A4) sulle New York Dolls di Morrissey prima della notorietà del secondo? Direi di sì, né – credo – contribuirà a maggior popolarità di Viola il libro pubblicato nel maggio 2013 da sua figlia Marina: Mio padre è stato anche Beppe Viola[6], i cui toni sulla notorietà del genitore mi paiono eccessivamente ottimistici. Del resto, anche nelle biblioteche pubbliche milanesi si fatica a reperire quanto scrisse il padre di Marina.
Questo mio scritto non ha un finale in quanto non esiste un finale che non sia stereotipato, retorico e nostalgico (e forse anche piagnucoloso) mentre Beppe Viola senza “anche” era, in fondo, un po’ un teppa, come si dice a Milano, o con un modo di vivere un poco “gonzo” per citare Hunter S. Thompson.
POST SCRIPTUM: Devo a Marina Viola, ma anche a me che lo notai indipendentemente da tutto, la precisazione per cui i “crediti” ancora oggi sembrano non dichiarare Beppe Viola in SIAE: sull’argomento rimando a quanto scritto da Marina: http://pensierieparola.blogspot.it/2011/12/la-palestra-puo-aspettare.html
Io i crediti nel mio quasi non-post “Quelli che …” ovviamente li ho dichiarati esattamente.
POST POST SCRIPTUM: Considerato che, al di là dei “crediti” comunicati dai licenzianti, la collezione postuma di Enzo Jannacci è curata da suo figlio Paolo, stupisce che ancora nel settembre 2013 Beppe Viola non sia indicato come coautore nel terzo CD, intitolato Le storie del mago, di detta antologia venduta in edicola. La SIAE, evidentemente, poi liquida i proventi autoriali “di conseguenza”.
[1] Beppe proprio non mi piace come diminutivo (dovevo scriverlo), meglio il veneto Bepi, eppure tutti i Giuseppe cui è attribuito ne vanno orgogliosi. Del resto Gianni – gioanfucarlo necessariamente – Brera lo chiamava Pepinoeu anche nelle sue righe commemorative pubblicate da La Repubblica del 19 ottobre 1982. Aneddoto: l’articolo è intitolato “Lasciatemi piangere seppure in ritardo” in quanto il quotidiano non “usciva” allora di lunedì e Viola morì di domenica.
[2] Qui finisce il gioco del mettere l’articolo determinativo prima di nome e/o cognome, tipico tic meneghino, appunto.
[3] Non ho rinvenuto una corretta bibliografia di Beppe Viola.
[4] Viola non risulta coautore nei “crediti” dell’album in cui quella canzone è contenuta.
[5] Califano è uno solo, Jannacci no, lo noto perché politica del blog e quella di indicare sempre il nome proprio delle persone citate (anche se scrivendo Bowie nessuno penserebbe a Zowie.).
[6] Ove è ampiamente citato il giornalista Sergio Meda, che fu per lo meno mio “buon conoscente di famiglia” una trentina di anni fa.