Michaela Fitzpatrick è un'agente di polizia. Vive da sola e tra mille difficoltà si prende cura del figlio Thomas, un bambino dolce e intelligente. Pattuglia le strade di Kensington, il quartiere di Philadelphia dove è cresciuta e dove l'eroina segna il destino di molti, perché vuole tenere d'occhio l'amata sorella Kacey, che vive per strada e si prostituisce per una dose. Un giorno, Kacey scompare da Kensington, proprio nel momento in cui qualcuno comincia a uccidere le prostitute del quartiere. Michaela teme che sua sorella possa essere la prossima vittima e con l'aiuto del suo ex partner, Truman, inizierà a cercarla con fiera ostinazione, mettendo in pericolo le persone più care, e rivelando una verità che lei stessa prova a negare con tutte le sue forze. Tra detective story e saga familiare, Liz Moore costruisce un romanzo in cui passato e presente si intrecciano e si illuminano componendo il ritratto di una donna vulnerabile e coraggiosa, tormentata da scelte sbagliate e fedele al suo senso di giustizia, e racconta un quartiere ai margini del sogno americano, ma cuore pulsante di un'umanità genuina e desiderosa di riscatto.
In una Philadelphia livida di freddo, tra le macerie del sogno americano, fra vicoli sordidi e sporchi, nelle spire di un’umanità derelitta e senza futuro, Mickey, poliziotta di pattuglia, cerca disperatamente l’amata sorella Kacey. Che è tossica, che si prostituisce per farsi un’altra dose, che da tempo se n’è andata di casa, e ora è sparita. Niente di nuovo, se non fosse che sotto il plumbeo cielo di Philadelphia si aggira un feroce serial killer, le cui vittime sono giovani ragazze disperate, che usano il proprio corpo macilento per garantirsi qualche grammo di eroina.
La Moore costruisce una trama appassionante, in cui i personaggi si muovono tra passato e presente, e danno vita a un intreccio potente, che mescola con maestria romanzo di formazione e thriller.
Non mancano, dunque, i colpi di scena, che punteggiano tutte le 464 pagine del romanzo, tanto che gli amanti del genere avranno parecchio pane per i loro denti, e si troveranno catapultati in un mistero, che verrà svelato lentamente, grazie alla caparbietà della protagonista, che indaga ostinatamente, sospettando di tutti, anche di coloro che le sono o le sono stati più vicino. Il thriller, però, è solo una componente, non marginale, ma nemmeno preponderante, di un romanzo che, come di consueto per la Moore, indaga soprattutto sull’animo umano, sulla perdita, sul dolore, su una società che non fa sconti e punisce i più deboli, in cui la pietas e la bontà sono le uniche armi a disposizione per combattere e sconfiggere il male.
I Cieli Di Philadelphia è soprattutto una storia di sorellanza, di un vincolo di sangue che non si spezza, di un legame più forte del tempo che passa e delle angherie della vita. Ma è anche il racconto di un universo femminile vario, stratificato, connotato dal coraggio di donne, all’apparenza fragili, che trovano, però, nella solidarietà una possibilità di riscatto, la forza per scalare montagne a piedi nudi, per catturare un assassino, portare a termine una gravidanza o essere madri, nonostante tutto. La Moore si schiera, è di tutta evidenza, a fianco delle sue eroine, ma non è manichea, anche se, è quasi inevitabile, i personaggi maschili restano sullo sfondo, sfumati, psicologicamente inafferrabili, pedine strumentali alla trama, ma non necessari, comprimari di una tragedia di cui sono responsabili, ma del tutto inconsapevoli del loro ruolo, di ciò che sono, nel bene e nel male.
Svetta su tutte le altre figure quella di Mickey, un’antieroina dalla psicologia sfaccettata e complessa, madre coraggio e servitrice dello stato, che lotta con tenacia per stare a galla in un pantano di delusioni, frustrazioni e umiliazioni, che la feriscono, ma non la piegano mai. Eppure, nonostante la specchiata onestà e la forza delle convinzioni, questa giovane donna dall’animo generoso, nel corso del romanzo, si arricchisce di diverse sfumature, che sono ombre, spigoli, fragilità, rabbia, elementi tali da renderla un personaggio lontano da ogni possibile stereotipo, a volte addirittura respingente, ma verace, credibile e incredibilmente umano.
Liz Moore non è solo una straordinaria indagatrice dell’anima, ma è anche una scrittrice dal talento eccezione. La sua prosa è poetica e asciutta, non dice mai più del necessario, semmai lascia intendere, sceglie i vocaboli con accuratezza, le sue descrizioni sanno essere potenti e al contempo delicate, non ricatta mai il lettore con lacrime facili, né lo blandisce con considerazioni didascaliche, ma lo lascia libero di camminare per le strade di Philadelphia a osservare, a soffrire e gioire, a porsi domande. Pubblicato prima de Il Peso, il romanzo che ha dato notorietà alla Moore, I Cieli di Philadelphia conferma la straordinaria caratura di un’artista a tutto tondo (lei è anche musicista), che può essere annoverata senza indugio fra le penne più talentuose del panorama editoriale americano. Consigliatissimo.