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REVIEWSLE RECENSIONI
27/06/2023
Redemption
I Am The Storm
Tornano, dopo cinque anni d'attesa, i losangelini Redemption, con un disco prog metal vibrante e fascinoso, segnato da una tecnica impeccabile ma mai fine a se stessa.

Quando, dopo le registrazioni di The Art Of Loss (2016), il cantante Ray Alder molla i Redemption per dedicarsi in esclusiva alla sua band d’origine, i Fates Warning, la carriera della band losangelina sembrava sul punto di chiudersi. Dopo essersi messi alla ricerca di un nuovo vocalist, Nick van Dyk, chitarrista e mente pensante della band, ha avuto un’intuizione tanto semplice, quanto efficace: coinvolgere Tom S. Englund, amico di lunga data e frontman degli svedesi Evergrey, band che declina un’idea musicale molto contigua a quella dei Redemption.

Englund esordisce così nelle fila della band con Long Night's Journey Into Day, pubblicato del 2018, un disco avvincente, che combinava gli elementi peculiari del suono del quintetto con un rinnovato entusiasmo. Da tempo affermatisi come portabandiera americani del prog metal, la band losangelina è riuscita, pertanto, a resistere a una potenziale calamità ed è tornata più vitale e ambiziosa che mai. D’altra parte, senza togliere nulla al suo predecessore, Englund possiede quel tipo di voce capace di emozionare anche un paracarro, perfetto per certi momenti in cui i Redemption toccano le corde della malinconia e per la visione musicale pirotecnica di van Dyk e del tastierista Vikram Shankar, autori, congiuntamente o singolarmente, di tutti i brani della band.

 

Sono passati cinque anni da quel rinnovamento personale e creativo, ma la scarica di adrenalina che ha attraversato i ranghi del gruppo all'arrivo di Englund non si è ancora esaurita. Al netto di una delle copertine più brutte dell'anno, I Am The Storm è, infatti, un disco di livello altissimo, grazie alla struttura di questi brani progressive metal che, a parte qualche episodio più diretto e tonitruante, è intricata e complessa, tanto che a un primo ascolto è difficile riuscire a mettere insieme tutti i pezzi del puzzle. La tecnica del quintetto, poi, talvolta declinata a velocità supersonica, è mostruosa, l'interplay fra le due chitarre (Bernie Versailles e Nick Van Dyk) è da capogiro, e il bravo Tom Englund si inventa linee vocali laddove per altri ci sarebbe solo afasia. In tutto, dieci brani, in cui l'approccio dirompente è solo in parte rintuzzato da un impianto melodico solidissimo anche se non immediatamente assimilabile.

Il disco si apre con la title track, un arrembante inno di quattro minuti che condensa la brutale eleganza di redemption in un unico, travolgente ed esiziale cazzotto sullo zigomo. Gli assoli di Van Dyk sono audaci, il cantato di Englund è elettrizzante, e l'intero brano risuona con un avvincente senso di urgenza. E’ chiaro che la proposta dei Redemption non sta solo in questo exploit, e chi conosce la band sa che ad aspettarlo ci saranno episodi più elaborati. Tuttavia, anche la successiva "Seven Minutes From Sunset" imbocca la stessa strada, trascinata da un giro pazzesco di basso di Sean Andrews: un'altra derapata supersonica di quattro minuti in cui tecnica pirotecnica e melodia viaggiano potenti e aggressive sulle ali dell’adrenalina.

Con "Remember The Dawn" si allunga il minutaggio a otto minuti, tra synth ipnotici e psichedelici, epiche esplosioni sinfoniche e il consueto arrembaggio heavy metal, il tutto tenuto insieme dal cantato di Englund, le cui linee vocali si adattano miracolosamente a tanta complessità espositiva. "The Emotional Depiction Of Light", invece, è un brano malinconico, che in crescendo si apre al pop, e che conduce all’esplosiva "Resilience", in cui è la batteria del polipo Chris Quirarte a farla da padrone. 

 

La seconda metà del disco contiene due lunghe suite, "Action At A Distance" e "All This Time (And Not Enough)", oscuro e audace contrappunto alla brillante concisione delle canzoni più brevi ascoltate finora. La prima è benedetta da continui sbalzi d'umore e momenti di cristallina chiarezza melodica, con una sezione densa e orchestrale che esplode a metà strada e si intreccia intorno alla melodia culminante del ritornello di Englund, ancora ispiratissimo. La seconda, invece, è più marcatamente progressive, possiede un retrogusto malinconico e sfoggia un lavoro pianistico sontuoso di Shankar.  Restano da citare il brillante remix operato da Vikram Shankar su "The Emotional Depiction Of Light", e due cover azzeccatissime: "Turn It On Again" dei Genesis, eseguita più velocemente e con le chitarre maggiormente in risalto, in modo da esaltarne l’anima rock, e "Red Rain" di Peter Gabriel, molto fedele all’originale, se non fosse il frenetico sferragliare delle chitarre in sottofondo.

Attraverso la potenza del metal, l’irresistibile ricchezza di melodie e le complesse derive progressive, i Redemption hanno realizzato una delle loro uscite più carismatiche e divertenti. Le canzoni traboccano di personalità, ganci emotivi, idee memorabili e una sublime perizia tecnica, elementi che fanno di I Am The Storm una straordinaria raccolta di brani, imperdibile per chi ama il genere.