L'incubo del nostro cinema odierno è per molti (ma non per tutti) la sempre incombente commedia media, assonanza terribile nel suono quanto nella sua coazione a ripetere, involontaria e autoflagellante, flagellante anche nei confronti di quello spettatore che vorrebbe un guizzo, un'alterità, uno sconfinare da quel prevedibile stato dell'arte che vorremmo in evoluzione, magari lenta e graduale ma comunque viva e di prospettiva.
Invece spesso, non sempre per fortuna, lì si ricade, in quegli stereotipi che non si vorrebbero vedere; in parte ci batte la testa anche Simone Spada, regista e autore di questo Hotel Gagarin che però, perlomeno, si dimostra per taluni aspetti vivace e laterale (in Armenia non andiamo a girare tutti i giorni), capace di passaggi emotivi magari un po' risaputi ma sinceri, che sanno dove e come colpire lo spettatore rientrando in quell'onda nella quale è piacevole cullarsi, quella dei così detti "feel good movies" anche se qui la definizione non calza in toto al film e, nella fattispecie, quest'ultimo può essere visto anche come un aspetto positivo all'interno dell'economia di una commedia ben riuscita ma non proprio rivoluzionaria (e, per carità, il non esserlo non è per forza un delitto).
Alla direzione di Hotel Gagarin Spada arriva dopo un'importante gavetta come aiuto regista durante la quale ebbe modo di partecipare a successi commerciali e collaborare con registi di talento come Claudio Caligari e Gabriele Mainetti, poi la regia di diversi corti e documentari e l'esordio nel lungometraggio con un film sulla vita di Maria Mazzarello. Nel 2018 arriva poi Hotel Gagarin.
Franco Paradiso (Tommaso Ragno) è un produttore cinematografico scalcagnato che tramite un amico europarlamentare riesce a ottenere dei fondi dalla Comunità Europea per girare un film italiano in Armenia; le sue mire sono quelle di assemblare una troupe più o meno improvvisata per raccogliere materiale da inviare in Europa, intascare l'anticipo dei fondi e sparire col malloppo, per far questo si fa aiutare da Valeria (Barbora Bobu?ová), una sua vecchia conoscenza, un'organizzatrice di eventi russa con pochi scrupoli.
Come soggetto viene scelto quello di Nicola (Giuseppe Battiston), professore alle superiori che tenta di insegnare la Storia a studenti disinteressati tramite i film di Sokurov, per le luci si opta per l'elettricista Elio (Claudio Amendola) che di come si faccia un film non ne sa assolutamente nulla, il fotografo strafatto Sergio (Luca Argentero) viene arruolato in quanto prima persona a rispondere all'annuncio messo da Paradiso, come volto per la protagonista de "Il viaggio di Marta" viene scelta Patrizia (Silvia D'Amico), una prostituta coatta, ingenua e svampita.
Giunto in Armenia il gruppo sarà accompagnato dall'autista Kira (Caterina Shulha), una giovane punk in dolce attesa e dalla guida Aram (Hovhannes Azoyan), verranno tutti alloggiati all'hotel Gagarin. Intanto in Armenia scoppia la guerra con l'Azerbaigian e la "troupe" rimane bloccata in albergo, dovranno affrontare il fatto di essere stati truffati e ognuno di loro dovrà confrontarsi con le proprie aspettative e le sue motivazioni, in un crescendo di sogni, romanticismo e amicizia.
Hotel Gagarin è una commedia che si guarda con piacere, al suo interno non mancano alcune ingenuità in fase di scrittura e nella costruzione dei personaggi, lo sviluppo di questi nel tempo necessario a sviluppare il loro percorso è però gradevole e titilla i giusti sentimenti, cosa che tutto sommato basta a farsi perdonare alcune scelte standardizzate, come la figura della prostituta buona e ingenua, quella dell'irriducibile sognatore o quello della stronza redenta (per non parlare poi della parte affidata a Philippe Leroy), tutti caratteri tagliati con l'accetta ma che guadagnano nelle interazioni tra loro e con il popolo armeno che scambia questa truppa scombinata per un vero comparto capace di dar corpo (filmico) ai sogni.
Spada gioca molto anche con l'amore per il cinema, in primis nella figura del professore cinefilo ma non solo, gli attribuisce un potere di rivalsa e lavora sulla forza che quest'arte sprigiona nel portare serenità, felicità, tutto ciò abbinato all'esperienza del viaggio e dell'incrocio di culture diventa motore nella svolta di intere esistenze.
Qualche ingenuità scappa anche nel percorso di costruzione di questa nuova armonia ritrovata, la partita di calcetto con gli stranieri (qui calcata anche dalla presenza dei soldati) ormai se la aspettano tutti, la presenza fantasmatica pure, però di calce a tenere insieme tutto quanto ce n'è a sufficienza, uno come Battiston poi non tradisce mai e anche (quasi) tutto il resto del cast sembra essere in parte.
Ottima scelta quello di girare nei luoghi freddi e sconfinati dell'Armenia, una splendida cornice che fornisce a Hotel Gagarin una marcia in più insieme ad alcune scelte in colonna sonora parecchio indovinate.