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TRACKSSOUNDIAMOLE ANCORA
Hope There's Someone
Antony And The Johnsons
2005  (Rough Trade)
ALTERNATIVE
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31/01/2022
Antony And The Johnsons
Hope There's Someone
Una speranza d'amore destinata a infrangersi contro la realtà ostile: il dramma di Candy Darling si sovrappone a quello Antony, in una delle canzoni più trsiti di sempre

Se Candy Darling aveva ispirato alcune bellissime canzoni dei Velvet Undergound, l’attrice transgender, autentica star della Factory di Andy Warhol, è addirittura la musa ispiratrice di un intero album, I Am A Bird Now, disco uscito nel 2005 a firma Antony & The Johnsons, band capitanata da un’altra artista transgender, Antony Hegarty.  

Nata a Londra, Antony (oggi, all’anagrafe, Anohni) si è trasferita in California all'età di 10 anni, prima di stabilirsi a New York nel 1990, con l'ambizione di diventare "una chanteuse travestita alle 3 del mattino in locali notturni inondati di luce blu, come Isabella Rossellini in Blue Velvet". Un’artista straordinaria e poliedrica, la cui musica evoca contemporaneamente Scott Walker, Nina Simone, Bryan Ferry, David Bowie, Sam Cooke, Jimmy Scott, per citare alcuni riferimenti plausibili, pur distinguendosi per l’originalità del songwriting e per quella voce così distintiva, connotata da un incredibile vibrato e da un’estensione di svariate ottave.

I Am A Bird Now è il secondo disco di Hegarty, un’opera che, ai tempi, ebbe un incredibile successo di critica e riuscì, soprattutto in Inghilterra, ad avere ottimi riscontri commerciali e a vincere l’ambito Mercury Prize. E ciò, a dispetto delle atmosfere prevalentemente cupe, seppur capaci al contempo di evocare una loro soave morbidezza, che avvolge nel suono di violoncelli, violini, viole e flauti, cornice perfetta per la voce e il pianoforte di Antony. Che sono, poi, i protagonisti assoluti di un filotto di canzoni tristi, dolenti, attraversate da sincero pathos, le cui suggestioni inducono, spesso, una commozione quasi invasiva, per cui è impossibile sciogliere il nodo alla gola o frenare lo stillicidio emotivo delle lacrime.

D’altra parte, chi meglio di Anohni potrebbe raccontare la storia di Candy Darling? Chi altri avrebbe potuto narrare, con così tanta sensibilità e immedesimazione, la storia di un’anima imprigionata in un corpo percepito come prigione, costretta a fingere e mentire, additata spesso come fenomeno da baraccone? Chi poteva far sgorgare dal proprio cuore e da quella voce, così profonda e tremolante, parole appassionate e sincere per descrivere il desiderio di essere accettati, il conflitto interiore, la difficile strada per convivere con la propria identità, se non Hegarty?

Hope There’s Someone, già pubblicata qualche mese prima in un omonimo Ep, è la canzone che apre il disco e che introduce l’ascoltatore nel mondo di Anohni, terra di dolore e apolidia sessuale, che genera smarrimento, solitudine e speranze destinate a infrangersi contro il muro ostile della realtà. La speranza di un amore, che superi le convenzioni sociali, che sia romito e focolare domestico, che sia consolazione e condivisione, che illumini la strada nei momenti di buio e di tristezza: “Spero ci sia qualcuno che si prenderà cura di me, quando morirò…spero ci sia qualcuno che libererà il mio cuore…”.

Il bisogno di avere un compagno al proprio fianco è un pensiero costante, ma è come evocare un fantasma, un’entità che affolla la mente e le stanze della solitudine, restando solo una dolcissima e irrealizzabile chimera: “C'è un fantasma all'orizzonte, quando vado a letto. Come posso addormentarmi la notte? Come farò a riposare la testa?... Non voglio essere l'unica lasciata lì…C'è un uomo all'orizzonte. Vorrei andare a letto. Se cado ai suoi piedi stanotte, permetterò alla mia testa di riposare.

Non c’è nessuno, però, a condividere il tormento, e nell’aria, resta stordente, invasiva, e mortificante la paura di morire, da soli: “Quindi spero di non annegare, o di paralizzarmi nella luce…Spero ci sia qualcuno, che si prenderà cura di me, quando morirò”.

La mano che accarezza leggera i tasti del pianoforte e la voce di Antony raddoppiata, che scava un tunnel verso il cuore di chi ascolta, per evocare una mestizia senza fine, un dolore insanabile, un vuoto sentimentale che nessuno potrà mai colmare. E quando, nel finale, le note di piano si fanno più vibranti, quasi caotiche, l’implorazione diviene un lamento insostenibile, un canto di dolore per un destino segnato e una ferita ormai non più rimarginabile.