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RE-LOUDDSTORIE DI ROCK
23/03/2018
The Replacements
Hootenanny (1983)/Pleased To Meet Me (1987)
L’incredibile ondata di ribellismo punk che investì la nazione americana nei primi anni Ottanta regalò centinaia di brani memorabili e, soprattutto, personaggi e gruppi che, in virtù del talento superiore, esorbitarono dallo specifico ambito hardcore
di Vlad Tepes

L’incredibile ondata di ribellismo punk che investì la nazione americana nei primi anni Ottanta regalò centinaia di brani memorabili e, soprattutto, personaggi e gruppi che, in virtù del talento superiore, esorbitarono dallo specifico ambito hardcore: Fugazi, Hüsker Dü, Minutemen, Henry Rollins, e, giù per li rametti, Beastie Boys e Moby.

Fra questi anche i Replacements di Minneapolis, proletari e giovanissimi (Paul Westerberg e Bob Stinson avevano, allora, vent’anni, Chris Mars diciotto, Tommy Stinson quindici); nati nel brodo contestatario, diversificarono quasi da subito la loro proposta musicale, riuscendo, in pochissimi anni, a distillare Hootenanny, già una svolta rispetto alla media hardcore del periodo: rock’n’roll energici (“Take Me Down To Hospital, Mr. Whirly” con iniziale presa dei fondelli di “Strawberry Fields Forever”), echi dei Cinquanta (“Buck Hill”), bluesacci (“Hootenanny”, “Treatment Bound”), esaltazioni delle proprie origini (“You Lose”), moderne ballate (“Within Your Reach”) sono le eclettiche e brillanti sfaccettature di un talento già dispiegato.

Con Pleased To Meet Me le acque sembrerebbero calmarsi: l’ottima “I Don’t Know” e “Can’t Hardly Wait” esibiscono persino dei fiati! Falsa impressione: si comincia con un altro piccolo capolavoro, ruvido e trascinante (“I.O.U.”), si sconfina nel pop d’alto livello (“Alex Chilton”, “The Ledge”), poi nei ritmi sgocciolanti di “Nightclub Jitters”, si evocano i bei tempi con “Red Red Wine” e “Shooting Dirty Pool”, ci si rilassa con la ballata acustica “Skyaway”. Difficile trovare un punto morto nel disco: Pleased To Meet Me è semplicemente un altro White Album approntato da Westerberg, uno dei cantautori più geniali, tirannici e sottovalutati di sempre.

Il dittico in questione, abbinato alla coppia classica Tim/Let It Be, l’esordio Sorry Ma e Stink (che annovera “Go”, il primo pezzo grunge della storia) formano uno dei vertici rock degli anni Ottanta; canzoni che, come accade solo nelle stoffe ed ai metalli nobili, col tempo e l’ascolto assiduo rilucono con maggior splendore.