Chiamatela pure come volete: ambient pop, chamber pop, art pop, orchestral pop o avant pop. Quel che è certo è che il progetto musicale Choir Of Young Believers, ideato dal polistrumentista danese di origine greca Jannis Noya Macrigiannis, sfugge a ogni possibile definizione e, per converso, le racchiude tutte, almeno quelle poc’anzi citate.
Gruppo di nicchia, almeno fuori dai confini danesi, dove la band miete successi e scala spesso e volentieri le classifiche nazionali, questo ensemble di musicisti (l’unico punto fermo è Macrigiannis, intorno a cui ruotano figure più o meno stabili), ha all’attivo tre full lenght e un pugno di Ep, e nel 2009 ha conquistato un Danish Music Awards nella categoria Best New Act.
Nelle canzoni dei COYB c’è di tutto: arrangiamenti d’archi ed elettronica, fiati e chitarre, pianoforte e sintetizzatori, e soprattutto la voce morbida e suadente di Macriggiannis, capace di accarezzare dolcemente cuore e orecchie dell’ascoltatore.
Ne è un esempio Hollow Talk, la canzone che apre il disco d’esordio della band (This Is For The White In Your Eyes uscito nel 2009 via Ghostly International) e utilizzata anche come sigla d’apertura della fortunata serie televisiva danese The Bridge. Un brano di delicata tristezza, che si apre con una tenue partitura di pianoforte e la voce quasi sussurrata di Macrigiannis, a cui vanno ad aggiungersi progressivamente un violoncello, una chitarra acustica e la batteria in un crescendo emotivo che non lascia scampo. Malinconie assortite in salsa scandinava.