Probabilmente è sempre stato troppo raffinato ed elegante per un’utenza che, nella stragrande maggioranza dei casi, è in cerca di emozioni immediate; probabilmente la sua scrittura è fin troppo sofisticata per incastrarsi appieno nei dettami dell'It Pop.
Ma che cosa ancora debba dimostrare il cantautore palermitano per poter essere annoverato di diritto tra i più grandi dell'ultima generazione, è sinceramente un mistero.
Speriamo dunque che sia questo “Ho bisogno di dirti domani”, il disco della consacrazione.
Anticipato da “Spogliati”, cantato assieme all’amico Dario Brunori e non incluso nella tracklist definitiva, e da due singoli entrambi perfettamente riusciti come “Turisti d'appartamento” e “Borotalco” (a modo loro rappresentanti le due facce di cui si compone questo lavoro), questa sua quarta prova in studio riprende in qualche modo la visione sintetica di “Una galassia nell'armadio”, abbandonando le dilatazioni e le sperimentazioni sonore che avevano contraddistinto il precedente “Bellissima noia”.
Prodotto splendidamente da Donato Di Trapani e dallo stesso Carnesi, a fronte di un ottimo lavoro di registrazione da parte di Jesse Germanò al Jedi Sound Studio di Roma, si muove su sonorità più “rotonde”, plastiche, con al centro un lavoro di tastiere e Synth davvero superbo (sempre la coppia Carnesi/Di Trapani) e chitarre a la Chick, meravigliosamente incastrate su una sezione ritmica che furoreggia a più riprese (al basso c’è Carmelo Drago, che si occupa anche dell'importante lavoro di percussioni, mentre alla batteria c’è Francesco Aprili, ormai uno dei migliori della scena, nel suo ruolo). Qua e là compare una chitarra acustica a puntellare il tutto e ad allargare gli spazi ma nel complesso l’impronta sonora è molto ottantiana e si va perfettamente ad incastrare con una scrittura che ha come sempre in Battisti e Dalla i suoi punti di riferimento privilegiati.
Non si può affermare in maniera perentoria che sia il suo miglior lavoro, soprattutto perché non è che negli altri casi sia mai andato sotto la soglia dell'eccellenza. Crediamo però che sulla lunga distanza saremo costretti a riconoscere che sì, questo potrebbe essere il meglio di Nicolò Carnesi, almeno per il momento.
Del resto basta già la title track, brano non proprio immediato, con diverse variazioni minime sia nelle strofe che nei ritornelli, melodie vocali vincenti ed un incedere ritmico davvero irresistibile, per rimanere conquistati: canzone di livello assoluto, assieme all'amara ballata “Il futuro” e al grido liberatorio di “Un giorno di pesche” (una delle poche note luminose all'interno di un disco per il resto fortemente malinconico).
Il resto dei brani non è comunque da meno, non ci sono riempitivi e la durata contenuta aiuta a mantenere alta la concentrazione.
Oltre a questo, “Ho bisogno di dirti domani” rappresenta un affresco agrodolce ma allo stesso tempo piuttosto impietoso della generazione odierna, tutta compresa tra ansia da prestazione e ricatto da Social Network.
Per carità, nel corso degli ultimi anni ci siamo abituati a questo tipo di narrazione da parte di artisti che sembravano avere assunto come missione principale quella di denunciare e criticare gli aspetti peggiori della vita quotidiana nella Post modernità.
Carnesi non è da meno ma lo fa con delicatezza, evitando i luoghi comuni e, soprattutto, con un livello di testi di gran lunga superiore alla media (ma questa non è una novità).
Ascoltiamo così le storie da un presente che non è mai pienamente afferrato, in un gioco di condivisioni continue che lasciano però nell'ombra ciò che conta davvero; un'indecisione che paralizza la capacità di scelta, nella convinzione che bastino gli algoritmi per potersi appropriare di un’esistenza decente; il Lexotan sempre più compagno di vita, nell'illusione di trovarvi una felicità a buon mercato; ma in fondo anche la convinzione che, nonostante tutto quello che fa affondare, si possa godere delle piccole cose: bersi un caffè in una bella giornata o trasformare il proprio appartamento in un luogo esotico, nell'attesa di ritrovare il coraggio per ripartire.
Un Carnesi mai così lucido, probabilmente mai così convincente, firma un disco che gli fa compiere un altro passo verso l'Olimpo dei grandi. Speriamo che se ne accorga anche il pubblico: sinceramente, continuare ad insistere sul nostro glorioso cantautorato di quarant’anni fa, quando c’è in giro gente che scrive cose così, mi pare ormai altamente superfluo.